sabato 17 maggio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — LA NATURA DELL'OPERA

 (segue da qui)


1. LA NATURA DELL'OPERA.

Parliamo dell'“Epistola” ai Romani; ma la composizione è propriamente un'Epistola? Indubbiamente essa si presenta sotto la forma esteriore di una lettera. Si tratta, però, di una mera apparenza, come chiariscono perfino i versetti iniziali. La disquisizione contenuta in 1:2-6 tradisce l'autore di un trattato dogmatico, il quale desidera risolvere il più sommariamente possibile una serie di punti controversi la cui discussione è in corso in certe cerchie. Anche a prescindere da ciò, l'indirizzo è tutt'altro che chiaro. il confronto del testo 1:7 (πᾶσιν τοῖς οὖσιν ἐν Ῥώμῃ, ἀγαπητοῖς θεοῦ, κλητοῖς ἁγίοις) con altri passi (cfr. 12:3), e con un uso noto agli scrittori ecclesiastici, mostra che le parole τοῖς οὖσιν significano “quelli che sono veramente — cioè non sembrano essere semplicemente — cristiani. Ciò che è indicato è una cerchia spirituale di uditori, non una comunità locale; e in effetti ci sono ragioni specifiche per ritenere che la menzione di Roma in questo luogo, come pure in 1:15, sia interpolata. [1] Anche le forme retoriche generalizzate, che ricorrono in molti punti (cfr. 2:1, 3, 17, 9:20, 11:13, 12:3, 14:4, 10, 15), indicano come destinatario il grande pubblico e non una cerchia limitata di persone specifiche. Per quanto pazienti possiamo essere in materia di saluti, è difficile trovare verità e non finzione nelle parole: Tutte le Chiese di Cristo vi salutano” (ἀσπάζονται ὑμᾶς αἱ ἐκκλησίαι πᾶσαι τοῦ Χριστοῦ, 16:16). I contenuti generalmente sono quelli di un libro piuttosto che di una lettera. Né i discorsi dottrinali né quelli esortativi che si susseguono sembrano più adatti alle esigenze dei cristiani a Roma piuttosto che altrove. Vedendo nell'opera un'epistola, cerchiamo invano di farci un'idea della relazione tra lo scrittore e i suoi lettori. Nessuna luce viene gettata su questa relazione né dagli Atti degli Apostoli né dalla tradizione. Secondo la tradizione, Pietro e Paolo furono i fondatori della comunità di Roma, laddove dall'epistola si evince chiaramente che i cristiani a cui si rivolsero furono tali prima che lo scrittore li avesse mai visti di persona. 

Non ricaviamo altra luce dai dettagli, che anzi danno frequentemente impressioni contraddittorie. Della fede dei cristiani romani si parla in tutto il mondo (1:8), tanto che l'Apostolo può metterla sullo stesso piano della sua (1:12); eppure lui parla di sé come intento a predicare il Vangelo non dove fu nominato Cristo, perché non debba costruire su fondamenta altrui (15:20). Nessuna spiegazione è riuscita a rendere comprensibile il motivo per cui Paolo avrebbe indirizzato una siffatta “lettera” a cristiani personalmente sconosciuti a lui a Roma. In nessun documento tradizionale perveniamo a una traccia di una qualche impressione, favorevole o sfavorevole, suscitata da essa tra coloro a cui essa è supposta essere stata rivolta. Eppure non si trattava del tipo di lettera semplicemente da ricevere, leggere e mettere da parte. I contenuti sono così vari che si possono addurre motivi altrettanto validi per ritenere che la comunità di Roma fosse composta da cristiani ebrei, da cristiani pagani e da un misto di entrambi. Talvolta, anzi, l'opera sembra essere destinata anche a ebrei ed pagani che sono estranei al cristianesimo. Il risultato dell'intero esame è che — chiunque l'avesse scritta — abbiamo dinanzi a noi non un'epistola nel senso proprio del termine, ma un libro, un trattato in forma epistolare.

NOTE

[1] Ciò non implica alcun dubbio sull'intenzione del redattore o dei redattori di far passare l'intera composizione per una lettera dell'apostolo Paolo ai Romani.

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