sabato 28 dicembre 2024

GESÙ DIO DELLA PASQUA — Il sincretismo giudeo-ellenico

(segue da qui)

 V

IL SINCRETISMO GIUDEO-ELLENICO


L'azione dei misteri ellenici sulle prime chiese, speranza suprema degli storicisti, si rivela all'analisi così feconda come la loro tesi di un Gesù umano li obbliga a supporre? 

Nel momento in cui il cristianesimo primitivo andava a scomparire per mancanza di nutrimento, spiegano, una rivoluzione si compì: su quella speranza informe, su questo banchetto uscito da chissà dove, vennero a innestarsi la dottrina e il rituale degli dèi salvifici adorati nelle sette di iniziati. 

Ma ecco che dopo aver sostenuto temerariamente che la fede nel ritorno del Maestro ha potuto organizzarsi in religione solo grazie all'influenza di culti stranieri, gli storicisti si mostrano di colpo, se li si segue fino in fondo, incapaci di stabilire, con la loro stessa esegesi, una filiazione reale definita. 

La grandiosa ipotesi di un sincretismo giudeo-pagano svanisce oggi, sotto gli sforzi degli storici, indotti a  riconoscere che il cristianesimo. Il cristianesimo — a parte prestiti di dettaglio, e tardivi, come la fissazione della data di Natale o la rappresentazione del Cristo sotto i tratti di Orfeo — non ha attinto la sua ispirazione da alcun mistero conosciuto. 

Se quella dottrina ha qualche parentela con le religioni misteriche, confessa Maurice Goguel, [1] essa se ne distingue però e non può essere ridotta ad esse... Se il cristianesimo è un mistero, è un mistero di tipo particolarissimo, che si oppone agli altri ancor più di quanto si confonda con essi. 

Si dirà, se si vuole, che il cristianesimo sia un mistero, distingue Alfred Loisy, [2] ma sarà beninteso che questo mistero è unico nel suo genere e che non rientra nella stessa categoria, che non è dello stesso tipo dei misteri pagani, ai quali però rassomiglia e da cui, in qualche maniera, è derivato. 

Strana riserva, da parte di esegeti, che non possono fare a meno del deus ex machina ellenico per costruire il cristianesimo. 

L'influenza sulla mente di Paolo delle divinità della sua patria, Baal-Tarz e Sandan, [3] è una congettura, dedotta a priori da quell'altra congettura secondo cui Paolo avrebbe trasformato il cristianesimo in mistero. Il pneuma dell'apostolo, forza spirituale interiore, di cui Richard Reitzenstein [4] aveva creduto di ritrovare l'origine nelle raccolte ermetiche, si avvicina molto più allo Spirito di Ezechiele che ad un amalgama di filosofie egizie e greche: [5]

E vi darò un cuore nuovo e toglierò il cuore di pietra dalla vostra carne, e vi darò un cuore di carne, e metterò in voi il mio spirito. [6] 

Il battesimo cristiano non è il battesimo ebraico né il battesimo di Giovanni, ma non ricava neppure la sua origine dalle purificazioni preliminari alle iniziazioni di Eleusi, della Grande Madre e di Iside. Esso era la sepoltura del credente con Gesù, [7] atto di unione intima che non si ritrova sotto quella forma in nessun altro culto. 

Oggi, Reitzenstein [8] tenta di equiparare il Figlio dell'uomo al Primo Uomo dell'antica religione persiana. Quanto tempo resterà a galla la sua tesi? 

Ma è soprattutto nella dottrina della passione che le differenze di spirito appaiono radicali: 

L'idea che il dio muoia e risorga per condurre i suoi fedeli alla vita eterna, ammette André Boulanger, [9] non esiste in nessuna religione misterica ellenica. Quella vittoria del dio sulle sofferenze e sulla morte, per l'iniziato onerato dalle miserie della vita terrena, è proprio il simbolo e la garanzia di una vita beata nell'aldilà. In effetti, sono queste sofferenze e quella morte che, avvicinando il dio all'uomo, danno a quest'ultimo la speranza di assimilarsi totalmente alla condizione divina. Ma la morte del dio non è un sacrificio espiatorio. Non è essa che procura la salvezza. Allo Zagreo orfico non più che ad Attis o a Tammuz si potrebbe applicare l'articolo essenziale del credo paolino: «Cristo è morto per i nostri peccati».

Se il sincretismo ellenico non spiega i dogmi fondamentali del paolinismo, se gli iniziati non credevano di morire con il dio alla vita carnale per risvegliarsi alla vita spirituale, eccoci privati di un tutore indispensabile all'edificazione di una religione sulla semplice leggenda di un predicatore suppliziato. Dove quindi il cristianesimo ha attinto i suoi elementi irriducibili ai misteri? Nel profondo della sua natura, forse? Ma come potevano l'impressione di Gesù e una semplice speranza nel ritorno imminente del Maestro generare, da sé, un rito sacramentale? Un'esecuzione giudiziaria, seguita da visioni collettive, non risveglia l'idea che la vittima si offra al boia per rimettere i peccati, né che il credente si seppellisca col suo dio; tanto meno che questo dio si dia in pasto. È quindi il giudaismo che avrebbe fornito una simile filosofia? Ma gli storicisti non smettono di gridare ai miticisti che la nozione di un messia sofferente crocifisso per la salvezza delle anime è totalmente estranea all'Antico Testamento. [10]

Se il cristianesimo non possedeva nulla in sé né nei suoi precursori che potesse trasformarlo in mistero, se recava al mondo solo una speranza sterile, che avrebbe dovuto subire l'impulso ellenico per prendere il suo slancio, la sua grande originalità rispetto alle religioni sorelle, che l'hanno tratto dall'oscurità e l'hanno dotata di una dogmatica, non si capisce affatto. Sembra, al contrario, che esso dovesse farsi umile e riconoscente verso di loro, limitandosi a impiantare alcuni principi di morale ebraica e alcune pratiche sinagogali, ma, per la sostanza della sua dottrina, a seguire più passivamente i suoi modelli. Se però esso ha innovato, è perché era, sin dalla sua origine, non una comunità inconsistente e senza avvenire, cristallizzata attorno alla leggenda di un uomo divinizzato, ma un culto autonomo, che non aveva bisogno di andare a cercare in un giudaismo ostile o in un paganesimo lontano delle nozioni che non vi si trovavano affatto. Il cristianesimo rassomiglia abbastanza ai misteri perché si possa affermare una loro comune natura, esso se ne allontana fin troppo perché si possa ammettere tra loro una comune origine.

In assenza di una filiazione positiva, impossibile da cogliere, gli storicisti invocano allora una vaga influenza morale, una sorta di stato d'animo, generale all'epoca, una tendenza collettiva diffusa verso una mistica di salvezza: 

Nessun critico, dice Bousset, [11] sosterrà che Paolo abbia letto proprio le raccolte ermetiche, o anche in generale che il cristianesimo sia sorto da questa o quella specifica religione misterica... Occorre piuttosto ammettere una conoscenza dei grandi insiemi spirituali, un'atmosfera spirituale in qualche modo determinata da queste manifestazioni nel mezzo delle quali il cristianesimo è cresciuto e che rendono spiegabile per una gran parte il suo sviluppo. 

Ma se il cristianesimo non ha ereditato, nel corso della sua emigrazione, da un culto preciso, la tesi della storicità crolla del tutto: un vago sincretismo non dà nascita a pratiche specifiche, come il battesimo e l'eucarestia; un'aspirazione sentimentale, senza prestiti effettivi, non porta all'organizzazione di un mistero. È esattamente il contrario che ha luogo, se accettiamo quella legge universalmente riconosciuta che solo i riti fondano i miti e scatenano l'entusiasmo. 

Se il cristianesimo non fosse primitivamente, per natura, un mistero, e se ha potuto guadagnare in seguito solo un'effervescenza inerte, esso si sarebbe trovato votato a una rapida scomparsa. 

NOTE

[1] Jésus de Nazareth mythe ou histoire? pag. 307-308, Parigi, Payot, 1925. 

[2] Les Mystères païens et le mystère chrétien, pag. 358, Parigi, Emile Nourry, 1919.

[3] Charles Guignebert, Le Christianisme antique, pag. 84-107, Parigi, Ernest Flammarion, 1922.

[4] Die Hellenistischen Mysterienreligionem, ihre Grundgedanken und Wirkungen, Lipsia e Berlino, B. G. Teubner, 1910.

[5] Padre Marie-Joseph Lagrange, Le Sens du christianisme d'après l'exégèse allemande, pag. 279, Parigi, J. Gabalda, 1918.

[6] Ezechiele 11:19. Si veda anche 2:2; 3:24.

[7] Paolo, ai Colossesi 3:12.

[8] Das Iranische Erlösungsmysterium, Bonn, Marcz, 1921. 

[9] Orphée, Rapports de l'orphisme et du christianisme, pag. 102, Parigi, F. Rieder et Cie, (Collezione Christianisme), 1925.  

[10] Si veda più sopra, pag. 67.

[11] Kyrios Christos, pag. 13, 1913. 

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