venerdì 1 agosto 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — Pronunciamenti Dottrinali

 (segue da qui)


Pronunciamenti Dottrinali.

Anche qui, come nella prima Epistola, le espressioni dottrinali, pur non molto numerose, danno indizi sufficienti di un tempo posteriore a quello tradizionalmente assegnato a Paolo. 

Il cristianesimo si contrappone al giudaismo come il nuovo al vecchio, come ciò che dura a ciò che passa. Il punto di vista della legge è così completamente trasceso che il suo stesso nome non è menzionato; comunque l'autore non rifiuta di ammettere il valore relativo di “Mosè”, e fa uso della Scrittura. L'antico patto, però, a suo avviso, “è annullato in Cristo” (3:14). Altrettanto decisiva è la rottura col paganesimo (ἁνομία, σκότος). I fedeli devono separarsi dagli “infedeli” (6:14-7:1). Lungi dall'essere ancora prima di tutto o esclusivamente un movimento messianico legato alla vita e all'opera di Gesù di Nazaret, il cristianesimo si presenta come una nuova rivelazione, “la parola di Dio” (2:17, 4:2), “la conoscenza di Dio” (10:5), “la conoscenza della gloria di Dio” (4:6). Le comunità cristiane sono Chiese di Dio (1:1). Gesù è stato così a lungo considerato il Messia (“il Cristo”) che “Cristo” è diventato il suo nome abituale. Alla conoscenza della sua vita sulla terra si attribuisce ormai poco o nessun valore (5:16). Egli è il Figlio di Dio ed è predicato come tale (1:19). Egli è immagine di Dio (4:4) e la grazia e la pace possono venire da lui come da Dio (1:2, 13:13). Egli non è un uomo che è diventato Dio, ma piuttosto un Dio diventato uomo, che, essendo ricco, si è fatto povero per il bene degli uomini (8:9).  Dio “ha fatto essere peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato” (5:21, cfr. Romani 8:3). Egli ha sofferto ed è morto (1:5, 4:10, 5:15). Dio lo ha resuscitato (4:14, 5:15). Il credente è in lui una nuova creatura (5:17), che partecipa alle sue sofferenze al fine di vivere una nuova vita con lui. Coloro che egli ha chiamato a predicare il suo vangelo (τὸ εὐαγγέλιον τοῦ Χριστοῦ) sono la sua gloria (δόξα Χριστοῦ, 8:23). Essi parlano “in Cristo”, “secondo il Signore”, in quanto Cristo parla in loro (13:3). Il loro sforzo è quello di portare tutti coloro in cattività “all'obbedienza al Cristo” (10:5). 

Familiarità con la gnosi è inequivocabile. Non Dio ma Satana è “il Dio di questo mondo” (4:4). La tanto discussa “spina nella carne” (12:7), che significa evidentemente qualche sofferenza corporea, è chiamata “un messaggero di Satana” (ἄγγελος σατανᾶ): Dio non è detto da nessuna parte la causa del male fisico. La preghiera dell'Apostolo al Signore — cioè a Cristo — affinché egli (il “messaggero”) possa allontanarsi da lui (12:8) implica che il Signore, come nei Vangeli, ha il potere di scacciare i demoni. Il riconoscimento da parte di Paolo, dopo l'insuccesso della sua richiesta, che la “percossa” è per il suo bene, non significa che provenga direttamente da Dio: si asserisce il contrario. 

Si ritrovano le antitesi dello Gnosticismo: carne e spirito (σάρξ e πνεῦμα, κατὰ σάρκα e κατὰ πνεῦμα) e così via. Per altre in rapida successione si veda 6:14-15: δικαιοσύνη e ἀνομία, φῶςσκότος, Χριστός e Βελίαρ. Si osservi l'alta stima in cui sono tenute visioni e rivelazioni (12:1) e la messa in luce della tradizione (5:16). Il forte antigiudaismo di 3:6-18 è naturalmente gnostico. La conoscenza (γνῶσις) è glorificata (11:6) ed è affiancata alla fede e alla “parola” (πίστει καὶ λόγῳ καὶ γνώσει, 8:7). Anche molti modi particolari di espressione sono fortemente gnostici. [1]

NOTE

[1] Tra questi sono citati i seguenti: τὰ κρυπτὰ τῆς αἰσχύνης, φανέρωσις τῆς ἀληθείας, αὐγάσαι τὸν φωτισμὸν τοῦ εὐαγγελίου τῆς δόξης τοῦ Χριστοῦ, φωτισμὸς τῆς γνώσεως τῆς δόξης τοῦ θεοῦ   (4:2, 4, 6); λογισμούς καθαιροῦντες καὶ πᾶν ὕψωμα ἐπαιρόμενον κατὰ τῆς γνώσεως τοῦ θεοῦ (10:5); οὐ γὰρ δυνάμεθά τι κατὰ τῆς ἀληθείας, ἀλλὰ ὑπὲρ τῆς ἀληθείας (13:8). È notata ancora la fraseologia vividamente gnostica nella celebrazione del trionfo dell'Apostolo (2:14-16).

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