domenica 27 luglio 2025

Thomas Whittaker: LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO — L'Occasione dello Scritto

 (segue da qui)


L'Occasione dello Scritto. 

I commentatori non hanno indugiato a spiegare come Paolo arrivasse a scrivere la lettera e quale sia la sua relazione con la prima Epistola ai Corinzi o con le presunte Epistole perdute. Colui che possiede il potere di creare dal nulla può fare meraviglie; e senza dubbio è possibile immaginare ogni sorta di circostanze che possano aver indotto Paolo a scrivere come fece. Tutta la libertà di immaginazione che si può concedere, però, è insufficiente a evitare contraddizioni inconciliabili tra le ipotesi elaborate e l'Epistola come si presenta. 

La connessione con la nostra prima Epistola è evidente. Come in 1 Corinzi 4:18-21, 11:34, 16:2-7, così pure in 2 Corinzi 1:15, 16, 23, 2:1, 3, 9:4, 12:14, 20, 13:1, 2, 10, Paolo spera di venire rapidamente. Essa dev'essere la sua seconda visita (1:15, 13:2).  La lettera indicata in 2:1-11, 7:7-16 chiaramente non è altro che la prima Epistola ai Corinzi, come appare anche dagli echi verbali di 1 Corinzi 5. L'Apostolo si è recato, secondo il suo piano accennato in 1 Corinzi 16:5, da Efeso a Troade e di lì in Macedonia; si veda 2 Corinzi 2:12, 13, 7:5, 9:4. Preoccupato di recente per la continua assenza di Tito, e in relazione ad essa per l'effetto della sua lettera precedente, ora è confortato (7:6-7). 

D'altra parte, Tito, di cui si parla qui come di un personaggio noto e per aver riferito dell'effetto della lettera precedente (7:6-11, cfr. 2:12-13), non è neppure menzionato nella nostra prima Epistola. Paolo, è vero, è andato in Macedonia, ma non in Grecia, come ci saremmo aspettati da 1 Corinzi 16:5; tanto più che nel frattempo lui ha ricevuto notizie soddisfacenti da Tito. Il timore di dover usare severità (13:10) non può certo passare per una ragione valida per non venire, ora che i più si sono sottomessi. 

Soprattutto, il caso trattato in 1 Corinzi 5 è completamente diverso da quello di cui si tiene conto in 2 Corinzi 2:1-11, 7:7-16. Lì si trattava per lo scrittore di una πορνεία di estrema gravità, che non poteva essere ignorata così facilmente con il pentimento del colpevole. 

Nella prima Epistola Paolo si pone completamente al di fuori del caso come un giudice; nella seconda, il caso è tale che altri potrebbero pensare che lo avesse toccato personalmente (2:5). La punizione inflitta in obbedienza al suo desiderio (2:6, 9) non può essere stata la condanna a morte accennata in 1 Corinzi 5. Perché la persona che ha commesso l'offesa (ὁ ἀδικήσας, 7:12; nulla è detto di πορνεία) deve essere riaccolta nell'amore di tutti. 

La motivazione della stesura della lettera apostolica rimane sconosciuta; non perché siamo imperfettamente informati, ma perché le circostanze particolari, apparentemente chiare come cristallo, non sono molto più che parole. Esse sono radicate, non direttamente nella vita reale, ma in rappresentazioni immaginative più recenti di essa. Esse mancano della solidità che può essere derivata solo dall'esistenza odierna o dal passato storico. Esse sono incerte. 

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