venerdì 16 febbraio 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AGLI EFESINI (QUESTO È IL MISTERO DEL CRISTO E DELLA CHIESA)

 (segue da qui)

6. QUESTO È IL MISTERO DEL CRISTO E DELLA CHIESA

Il brano che va da 5:22 a 6:9 espone i doveri delle diverse classi della società. Il dovere dei mariti che solo ci preoccupa qui è l'oggetto di molteplici considerazioni. La prima espone in un linguaggio elevato tutto ciò che il Cristo ha fatto per la sua Chiesa e conclude: «Ecco il modello che voi dovete riprodurre; il vostro amore per le vostre donne deve essere simile all'amore del Cristo per la Chiesa». Poi vengono (5:30-32) una lezione di teologia e una lezione di esegesi. La prima insegna che siamo «della carne e delle ossa del Cristo», vale a dire che vi è un legame di parentela tra la nostra carne e la carne del Cristo (gli editori del testo greco hanno scartato a torto quel pensiero che san Ireneo cita in 5, 2, 3). La seconda ci dà l'interpretazione ufficiale del testo della Genesi 2:24 «Essi saranno due in una sola carne», ci insegna che questo oracolo contiene il mistero del Cristo e della Chiesa, vale a dire descrive in anticipo l'unione del Cristo con la Chiesa.

Queste due lezioni non dicono ai mariti come devono comportarsi nei confronti delle loro mogli. Esse sono estranee allo spirito dell'intero brano che espone obblighi e non curiosità. Queste sono digressioni. Vogliono senza dubbio provare qualcosa, ma la dimostrazione che sono destinate a fornire non ha legame con il contesto. 

Tentiamo di vedere cosa vogliono provare. Estio, molto imbarazzato dal testo dove leggiamo che siamo della carne e delle ossa del Cristo, finisce per confessare che vi è lì una testimonianza a favore dell'incarnazione del Figlio di Dio che, venendo sulla terra, ha assunto la nostra natura con tutti i suoi elementi. Dalla fine del secondo secolo Ireneo esprimeva lo stesso pensiero in questi termini (5, 2, 3): «Queste parole non possono intendersi a proposito di un essere spirituale e invisibile, dato che uno spirito non ha né ossa né carne…» Ireneo ed Estio hanno ragione. L'oracolo in questione è una professione di fede nell'incarnazione del Cristo. Ma quella professione di fede ha potuto essere promulgata solo quando il bisogno se ne è fatto sentire, vale a dire quando l'incarnazione è stata respinta. Essa è designata a demolire il Cristo spirituale del marcionismo; essa deriva dall'editore cattolico.

Quanto alla lezione di esegesi, che segue immediatamente la lezione di teologia, essa si propone chiaramente di completarla. Ricordiamoci che la scuola di Marcione che rigettava il Cristo carnale rigettava anche ogni relazione tra l'Antico Testamento e Gesù. È a questo secondo dogma che si lega il testo: «Vi è lì un grande mistero». Esso prova che l'Antico Testamento contiene una descrizione anticipata dell'unione di Gesù con la Chiesa; esso deriva dall'editore cattolico che di conseguenza è l'autore di tutta la digressione contenuta in 30-32. È anche a lui che dobbiamo attribuire 28 e 29 che prepararono e portarono le due lezioni che aveva a cuore di dare.

Riassumiamo. La versione marcionita si limitava a prescrivere ai mariti ad amare le loro mogli come il Cristo ha amato la Chiesa per la quale egli si è dato. Essa passava immediatamente da 5:27 a 6:1. Trovandosi di fronte a quella versione, l'editore cattolico ha ritenuto opportuno spiegare che il Cristo che che si è dato per la Chiesa è un Cristo in carne e ossa come noi, un Cristo di cui la Genesi ha parlato. Ma siccome quella glossa non poteva essere aggiunta così com'è al testo primitivo, egli si è messo alla ricerca di un legame e, quel legame, ha pensato di realizzarlo in una massima che ingiungerebbe di nuovo ai mariti di amare le loro mogli e che motiverebbe quella ingiunzione presentando la moglie come la carne del marito. Da lì 28 e 29 riassunti in 33. Essi non sono voluti di per sé; essi servono da ponte per andare da 27 a 30, vale a dire dalla versione marcionita alla digressione che l'editore cattolico ci teneva a mettere lì.

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