venerdì 16 febbraio 2024

Gli scritti di San Paolo — EPISTOLA AGLI EFESINI (ASCESO IN ALTO... EGLI HA FATTO DONI AGLI UOMINI)

 (segue da qui)

5. ASCESO IN ALTO... EGLI HA FATTO DONI AGLI UOMINI 

Si legge in 4:7-16 una dissertazione, un riferimento biblico e un commentario di quel riferimento. La dissertazione tratta dei doni che il Cristo distribuisce ai fedeli per il bene della sua Chiesa che è il suo corpo. Il riferimento biblico tratto dal Salmo 68:19 menziona giustamente doni accordati agli uomini da qualcuno che è asceso in alto e che ha condotto prigionieri. 

E il commentario? Ebbene, il commentario spiega che per ascendere è stato necessario prima discendere! Esso si preoccupa solo della discesa del Cristo e, del testo, trattiene solo il termine accessorio «essendo asceso»! Basti dire che non ha nulla in comune con la dissertazione la quale ha per oggetto i doni del Cristo alla sua Chiesa. Fa figura di pezzo interpolato, esso e il testo biblico che lo accompagna. La redazione primitiva passava immediatamente da 7 a 11: «A ciascuno di noi è stata data una grazia secondo la misura del dono del Cristo. E lui stesso ha fatto gli uni evangelisti...». La citazione biblica con il suo commentario è stata inserita da una mano straniera e ad una data successiva. 

A cosa tende l'interpolazione? Prima di rispondere a quella domanda, cerchiamo dapprima di quale discesa parla e, per questo, notiamo che essa procede per via di esclusione partendo da questo principio sottinteso, che il Cristo era primitivamente in cielo. Il ragionamento è questo. «Poiché il Cristo è asceso al cielo nel quale eppure risiedeva in origine, egli ha dovuto abbandonare temporaneamente questo soggiorno e fare una discesa». Ma si vede senza difficoltà che quella discesa è stata realizzata dal giorno in cui il Cristo è venuto in mezzo agli uomini, ha vissuto con loro. La discesa che l'autore ha in vista non è quindi la discesa agli inferi, come si dice spesso, è semplicemente la venuta sulla terra che, per opposizione alle altezze celesti dove il Cristo risiedeva primitivamente, è descritta come «regioni inferiori»

Dunque l'interpolatore menziona la venuta del Cristo sulla terra. Perché? Perché constata che la venuta del Cristo si deduce da un testo dei salmi. È quella constatazione il suo obiettivo. O piuttosto il secondo dei suoi obiettivi. Il primo è provare che i doni fatti dal Cristo alla sua Chiesa sono stati anch'essi predetti dai salmi. Infatti ecco come si ricostruisce la sua argomentazione. Leggendo nella versione primitiva che ciascun cristiano ha ricevuto una grazia secondo il dono del Cristo che ha stabilito gli evangelisti, i pastori, ecc., egli ha notato che i doni del Cristo alla sua Chiesa erano stati predetti dal Salmo 68:19: «Ha fatto doni agli uomini». Ma siccome si sarebbe potuto obiettargli che questo oracolo non ha alcuna portata cristologica, egli ha evocato in suo soccorso l'espressione «essendo asceso al cielo». Ha dedotto da quella ascensione una discesa preliminare di cui solo un abitante del cielo, vale a dire il Cristo, fosse capace. 

Inutile dire che quella esegesi erudita secondo la quale la vita e le opere del Cristo sono state predette dalla Bibbia ebraica non è un vano intrattenimento. Essa vuole dare una smentita alla teologia marcionita che escludeva ogni rapporto tra il Cristo e l'Antico Testamento. Essa è l'opera dell'editore cattolico. Questo apologeta ha utilizzato probabilmente Giustino che, nel Dialogo 39, 4 e 87, 6, disserta due volte sul testo del salmo 68:19. In ogni caso la nostra epistola e Giustino danno con alcune sfumature quasi la stessa lezione che differisce molto dal testo attuale della Septuaginta dove si legge: «Essendo asceso in alto tu hai condotto prigionieri, tu hai ricevuto doni degli uomini»

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