giovedì 18 gennaio 2024

Gli scritti di San Paolo — LA PRIMA EPISTOLA AI CORINZI (LA SUSSISTENZA DEI PREDICATORI)

 (segue da qui)


LA SUSSISTENZA DEI PREDICATORI 

Nel capitolo 9 si presenta una dissertazione (1-18) che è relativa alla sussistenza dei predicatori del vangelo. Essa comprende due parti. 

Nell'una, che si estende da 1 a 14 sotto deduzione di 12b, Paolo stabilisce con diverse considerazioni che le comunità cristiane hanno l'obbligo rigoroso di provvedere al mantenimento dei loro ministri. Nell'altra, che va da 15 a 18 con l'aggiunta di 12b, l'apostolo si dichiara pronto a morire  piuttosto di rivendicare ciò che gli appartiene e di ricevere il minimo salario; egli si fa, al contrario, un punto d'onore nell'annunciare gratuitamente il vangelo.  

Poiché Paolo non vuole essere di peso a nessuno, non è per opinioni personali che difende il diritto dei predicatori alla sussistenza. Così è con stupore che si legge in 11 e 12a: 

Se abbiamo seminato tra voi i beni spirituali, è forse gran cosa se mietiamo i vostri beni materiali? Se altri godono di questo diritto su di voi, non tocca piuttosto a noi di goderne?  

In questi testi Paolo non si accontenta di stabilire il diritto, ne esige per giunta il godimento o, il che vale lo stesso, l'esercizio di questo diritto. E rivendica questo esercizio per sé così come per i suoi compagni. D'altronde tutti i dubbi che potrebbero ancora sussistere si dissipano di fronte al versetto 6, di cui ecco il tenore: «Siamo noi soli, io e Barnaba, a non avere il diritto di non lavorare?» Questo testo è assolutamente inspiegabile altrimenti se non come una risposta ai rimproveri formulati dai Corinzi contro la condotta di Paolo e di Barnaba. E la scena, illuminata dal versetto 5, è la seguente: «Voi vi lamentate di Barnaba e di me, mormorate contro di noi perché siamo a vostro carico. Vedete dunque ciò che fanno gli apostoli, ivi compreso Giacomo il fratello del Signore, ivi compreso Cefa. Loro vivono a spese delle comunità che evangelizzano. Ciascuno di loro è persino accompagnato da una sorella che gli serve da moglie e quella donna è, a sua volta, nutrita dalle comunità. Perché volete condannarci, Barnaba e me, a provvedere a noi stessi alla nostra sussistenza, mentre gli apostoli si dispensano da questa cura?»

Concludiamo. La prima parte della dissertazione sulla sussistenza dei predicatori è in flagrante opposizione alla seconda. Essa contraddice d'altronde altrettanto violentemente la seconda epistola ai Corinzi (11:7-8; 12:7) dove Paolo dichiara di aver predicato il vangelo gratuitamente e di non essere stato a carico di nessuno. Questa difesa in favore dei predicatori non è l'opera di Paolo, e gli interessi che vi sono difesi non sono gli interessi di Paolo ma gli interessi di una corporazione che compie funzioni analoghe a quelle di cui Paolo si occupava. La dissertazione 9:1-14 è stata scritta per difendere gli interessi del clero cristiano, per provare che il clero ha diritto a farsi nutrire dai fedeli. Essa utilizza il nome di Paolo per procurare il prestigio del grande apostolo agli argomenti che essa fa valere. Essa attinge dagli Atti i minori elementi storici o leggendari che prende al suo servizio; essa dimentica soltanto che Paolo e Barnaba non hanno vissuto assieme a Corinto. La dissertazione 9:1-14 è una finzione inventata all'epoca e nel contesto in cui la questione della sussistenza del clero si posò per la prima volta. 

Ecco quanto un polemista del secondo secolo, Apollonio, dice parlando di Montano (Eusebio, 5, 18, 2): 

Egli ha stabilito gli esattori di denaro. Sotto il nome di offerte ha organizzato la raccolta delle donazioni. Ha assicurato stipendi ai predicatori della dottrina per procurare all'insegnamento della religione l'appoggio della buona cura... Non è manifesto che la Scrittura vieta ai profeti di ricevere doni e denaro? Quando quindi io vedo la profetessa accettare oro, argento, vesti di lusso, come potrei non respingerla? 

La nostra dissertazione è stata scritta nella cerchia di Montano. E l'allusione alle sorelle che accompagnavano gli apostoli è destinata a legittimare la presenza delle profetesse al fianco degli apostoli dello Spirito Santo.

La dissertazione sulla sussistenza dei predicatori composta intorno al 170 è stata inserita in mezzo alla prima istruzione sulle carni consacrate agli idoli la quale, tagliata oggi in due tronconi 8:1-13; 9:19-25, era in origine un unico pezzo (si veda pag. 51). Alcuni anni più tardi, intorno al 180, uno sconosciuto sconvolto dal mercanteggiamento che si esprimeva in 9:2-14, scrisse sotto il nome di Paolo una dichiarazione ispirata da un disinteresse senza riserve. È essa che si legge in 12b e 15-18.

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