mercoledì 17 gennaio 2024

Gli scritti di San Paolo — LA PRIMA EPISTOLA AI CORINZI (LE CARNI CONSACRATE AGLI IDOLI)

 (segue da qui)

LE CARNI CONSACRATE AGLI IDOLI

I capitoli 8-10 trattano della condotta da tenere riguardo alle carni provenienti da sacrifici pagani, e ci servono su questo problema due tesi diverse. La prima comprende il capitolo 8 interamente, continua in 9:19-27 e termina in 10:23-31. La seconda comincia in 10:1 e termina in 22.


1. Prima tesi

La prima tesi esamina innanzitutto se il cristiano possa prendere parte ai festini che hanno luogo nei templi pagani. Pur dando alla questione una soluzione negativa, apporta considerazioni ispirate a un grande liberalismo. La creazione del mondo è stata eseguita sotto gli ordini di Dio Padre per mezzo di Gesù. Il Padre che ha prescritto di creare il mondo è l'unico Dio; Gesù, che ha fatto la creazione conformemente alla volontà del Padre, è l'unico Signore, vale a dire l'unico padrone del mondo.

 Gli idoli non sono nulla; la consacrazione delle carni che è fatta nei sacrifici non è nulla; mangiare le carni consacrate agli idoli, mangiarle in un tempio pagano è un atto indifferente: ecco ciò che dice la scienza. 

«Ma non tutti hanno la scienza». Vi sono «deboli» che si immaginano che gli idoli siano qualcosa. Questi deboli, quando vedranno il cristiano illuminato seduto a tavola in un tempio di idoli, perderanno la fede. Questo male deve essere evitato. Per riguardo per i deboli, il cristiano illuminato deve astenersi dall'andare nei templi a prendere parte ai festini dove si mangiano le carni consacrate agli idoli. Per seguire quella linea di condotta, non ha del resto che prendere esempio da Paolo (9:19-27) che si è fatto ebreo con gli ebrei, debole con i deboli, che in vista della corona incorruttibile si è sottoposto alla dura disciplina che si impongono gli atleti per ottenere una corona corruttibile. 

A partire da 10:23 due altri casi di coscienza sono discussi: uno di loro fa riferimento alla carne messa in vendita al mercato, l'altro agli inviti a cena che un cristiano può ricevere da amici pagani. La carne che si incontra al mercato proviene forse da una vittima immolata nel tempio pagano. Che fare? Allo stesso modo la carne che il cristiano incontra sulla tavola del pagano che lo ha invitato a cena proviene forse dal tempio pagano. Che fare? L'autore, sempre molto liberale, permette al cristiano di mangiare tutto ciò che gli si presenta, con quella restrizione, ossia che non si devono scandalizzare i deboli.


2. Seconda tesi

La seconda tesi comincia col menzionare i castighi inflitti in passato agli Israeliti colpevoli e col raccomandare ai cristiani di comportarsi bene pena di essere puniti a loro volta, poi tratta le carni consacrate agli idoli. Essa ci fa sentire un'altra versione. 

Senza dubbio anche qui l'idolo non è nulla e la consacrazione delle carni che gli è fatta non è nulla. Ma, dietro l'idolo che non è nulla, vi è il demone che è qualcosa. Sedersi ai festini dove si mangiano le carni consacrate agli idoli equivale a sedersi alla mensa dei demoni, equivale a bere dal calice dei demoni, equivale a mettersi in comunione con i demoni. Un simile atto provocherebbe la gelosia del Signore. Poco prima i festini destinati a consumare le carni provenienti dai sacrifici pagani erano innocenti e il rispetto dei deboli era il solo ostacolo che potesse impedire al cristiano illuminato di assistervi.  Qui questi stessi festini offendono il Signore, perché pongono coloro che vi partecipano in comunione con i demoni. 

Le due istruzioni sulle carni consacrate agli idoli che ci presentano i capitoli 8-10 si contraddicono: esse derivano da due autori diversi. Tentiamo di fissare la data della loro redazione. 

Tra i cristiani ai quali esse sono rivolte vi sono deboli che si immaginano che gli idoli siano qualcosa. Ve ne sono altri, al contrario, che partendo dal principio che gli idoli non sono nulla, vanno nei templi pagani per prendere parte ai festini. Ma i Corinzi che Paolo portò al cristianesimo erano o ebrei per nascita oppure, in ogni caso, proseliti, vale a dire uomini e donne che anche prima del loro ingresso nel cristianesimo credevano nell'esistenza di un solo Dio ed erano pienamente convinti della vanità degli idoli. Per giunta questi cristiani, all'epoca in cui frequentavano la sinagoga, avevano in profonda avversione i templi pagani, non avrebbero mai voluto penetrarvi. E non si arriva a comprendere in che modo il loro ingresso nel cristianesimo avrebbe attenuato la loro intransigenza. 

Si dirà che i cristiani di Corinto dell'anno 52 non erano tutti ex ebrei per nascita o per istruzione e che vi erano tra loro ex pagani? Sia pure. Ma chi crederà che Paolo, dopo aver convertito i pagani — in ogni ipotesi poco numerosi — abbia trascurato di fare la loro educazione, che non abbia, da una parte, dimostrato loro la vanità degli idoli, che non abbia, d'altra parte, intimato loro l'ordine di non penetrare mai nei templi pagani? A che scopo dunque ha impiegato i suoi diciotto mesi di apostolato tra i Corinzi se non ha insegnato loro queste nozioni elementari? Le istruzioni sulle carni consacrate agli idoli non sono di Paolo. Esse sono state scritte per una chiesa i cui membri di origine pagana erano, senza dubbio non generalmente, ma abbastanza comunemente, in una ignoranza profonda poiché credevano ancora nella realtà degli idoli. Quella situazione ha potuto verificarsi solo in una vastissima comunità dove i dirigenti non erano nella posizione di insegnare al loro gregge. Altri membri della comunità festeggiavano nei templi degli idoli e intrattenevano relazioni di amicizia con i pagani. Anche questa disattenzione si spiega bene solo in una vasta comunità dove non esisteva quella sorveglianza gelosa di cui i piccoli gruppi danno mostra. E, per trovarla in grandi comunità, ci occorre discendere nel secondo secolo. Le istruzioni sulle carni consacrate agli idoli appartengono al secondo secolo. 

D'altronde esse sono entrambe di origine cattolica, poiché l'una attribuisce la creazione a Gesù che agisce sotto gli ordini del Padre, e l'altra identifica il Dio degli Israeliti con il Dio dei cristiani. Esse hanno potuto susseguirsi ad una ventina d'anni di distanza, e la prima di loro ha potuto essere composta a Roma intorno al 150. Proprio Erma (Precetto 10:1, 4; Similitudine 8:9, 3) parla di cristiani di Roma che si compiacciono della compagnia dei pagani. 


3. La partecipazione al corpo del Signore

Una parola ancora sulla seconda istruzione che, come ho detto, vuole dimostrare che la partecipazione ai festini dati nei templi pagani dopo i sacrifici pone colui che se ne rende colpevole in comunione con i demoni. La dimostrazione è fatta con l'aiuto di diversi argomenti, di cui uno (16) parte dal fatto che il calice benedetto nell'assemblea cristiana è «una comunione al sangue del Cristo», e che il pane spezzato nella stessa assemblea è «una comunione al corpo del Cristo». La conclusione che è sottintesa è questa: poiché il calice e il pane dell'assemblea cristiana mettono i cristiani in comunione con il corpo e il sangue del Signore, le carni consacrate agli idoli mettono anch'esse coloro che le mangiano in comunione con i demoni (16, 19). 

Ma perché la partecipazione al calice e al pane mette i fedeli in comunione con il corpo e il sangue del Cristo? Non ce lo viene detto. Il fatto è affermato, non è provato qui. Per avere la prova bisogna andare a 11:23-25 dove l'istituzione della cena da parte di Gesù è raccontata. L'autore della nostra istruzione, che non può minimamente essere anteriore al 170 circa, utilizza il racconto dell'istituzione della cena non per interpretarla, non per dire come si deve comprenderla, ma unicamente per provare la sua tesi, vale a dire per dimostrare che le carni consacrate agli idoli mettono coloro che le mangiano in comunione con i demoni. Facciamo come lui.

Non cerchiamo di sapere cosa voglia dire «Questo è il mio corpo». Riserviamo quella domanda per il capitolo 11 dove noi la ritroveremo.

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