giovedì 31 agosto 2023

Sdoppiamento del personaggio: il discorso di Gamaliele

 (segue da qui)

§ 53) Sdoppiamento del personaggio: il discorso di Gamaliele. — Ma non basta che tra due personaggi, noti l'uno alla leggenda e l'altro alla storia, ci siano concordanze più o meno di rilievo, per argomentarne l'identità. Occorre provare che non ci siano affatto discordanze. In altri termini: l'identità tra due persone tramandate ciascuna da fonte diversa può dirsi accertata soltanto quando l'aderenza tra i due possa dimostrarsi in tutti i particolari. In concreto, non si può parlare ancora di identificazione tra il giuda Galileo storico ed il Gesù Galileo evangelico, soprattutto perché la tradizione scritta, nella versione pervenutaci, ha tenuto distinti i due personaggi, i quali pertanto non potrebbero essere stati un personaggio solo.

Ed infatti, la tradizione raccolta in «Atti degli Apostoli», mentre parla del Galileo evangelico come dell'autentico figlio di Dio, parla invece del Galileo storico come di un ciurmatore, pari a Teuda. Ciò dovrebbe far presumere che la tradizione cristiana avrebbe conosciuto i due personaggi; ma appunto perché li avrebbe tramandati separatamente, non potrebbe ammettersi che si fosse trattato di un personaggio unico. Esaminiamo quindi la questione.

Narrano gli Atti (IV, 17, 40) che in epoca imprecisata, ma molto dopo la morte di Gesù, furono arrestati alcuni seguaci del «Cristo» con a capo Pietro, e furono condotti davanti al Sinedrio per essere giudicati. Qui un dottore fariseo a nome Gamaliele sarebbe sorto in difesa degli accusati, e così avrebbe parlato: «Uomini Israeliti, prendete guardia attorno a questi uomini, su cosa vogliate fare, perciocché prima sorse Teuda, dicendosi essere gran cosa, e presso al quale si raccolsero intorno a quattrocento uomini; ma egli fu ucciso, e tutti coloro che gli avevano prestato fede furono dissipati e ridotti al nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al dì della rassegna, il quale sviò dietro a sé molto popolo; ed egli ancora perì, e tutti coloro che gli avevano prestato fede furono dispersi. Ora dunque distoglietevi da questi uomini e lasciateli. Giacché se il loro è consiglio che proviene dagli uomini sarà dissipato, ma se proviene da Dio non potrete dissiparlo. Quelli acconsentirono e chiamati gli apostoli, li bastonarono, ed ingiunser loro che non parlassero più nel nome di Gesù».

Da un esame alquanto approfondito di questo passo, appare manifesto che tanto la figura di Gamaliele, quanto il suo preteso «discorso» non rappresentano che un'interpolazione al testo preesistente. Difatti — a parte la circostanza che se davanti al Tribunale un dottore della legge avesse parlato, non si sarebbe rivolto ad «Uomini Israeliti», ossia al popolo, bensì ai Magistrati — sta di fatto che il «discorso» è anodino, perché non ha nessuna relazione col testo: né con quanto detto prima, né con quanto detto dopo. Per giunta esso si rivela completamente «falso» al lume della Storia.

Anzitutto deve osservarsi — contrariamente a quanto potrebbe sembrare dall'inciso «quelli acconsentirono» — che il preteso intervento del dottore fariseo non avvantaggiò per nulla i discepoli del «Gesù», i quali in quell'occasione, dopo essere stati arrestati, furono condannati al bastone. A bastonatura eseguita essi furono bensì rilasciati, ma con rinnovata diffida a non ricominciare quelle adunanze. Giacché deve tenersi presente che la più lieve sanzione prevista, per la prima volta che un determinato reato veniva commesso, era presso gli ebrei la diffida a non commetterlo più, diffida fatta dall'autorità costituita ed in presenza del pubblico. Quando però il reo persisteva a commettere lo stesso reato, la legge comminava la bastonatura. Se poi anche dopo tale sanzione il colpevole persisteva, venivano le pene più gravi, fino alla crocefissione.

Scendendo adesso dal generale al particolare, appare dagli «Atti» che i discepoli del «Gesù», avendo cominciato a predicare pubblicamente la dottrina del Maestro dopo alcuni anni dalla morte di quello, furono arrestati per la prima volta mentre era ancora Sommo Sacerdote Anna (IV, 1-6). Furono allora trattenuti una notte in carcere, ed il giorno seguente comparvero davanti al Sinedrio. E poiché nulla risultava ancora nei loro precedenti, la sanzione loro applicata fu la diffida. Senonché gli apostoli, dopo trascorso qualche tempo, avevano ripreso pubblicamente a predicare. Furono allora nuovamente arrestati; ma questa volta la diffida non bastava. E poiché le leggi prevedevano a carico del recidivo semplice la bastonatura, i seguaci del «Gesù» furono bastonati: furono poi messi in libertà, ma con nuova e più solenne diffida. Dal che si ricava che il preteso intervento di Gamaliele non sarebbe servito a nulla, perché la legge continuò ad avere il suo corso, e nessuna sanzione fu risparmiata agli apostoli.

Dal seguito degli «Atti» risulta che le volte successive che l'Autorità pubblica fece arrestare i discepoli del Galileo, procedette senz'altro ad applicare la terza e più grave delle sanzioni. Difatti Stefano, una volta arrestato, fu lapidato; e più tardi, quando Giacomo e Simone vennero arrestati, furono crocifissi, come illustreremo al Capo Quinto.

Peraltro, che il passo di «Atti» relativo a Gamaliele sia un'interpolazione, risalente al periodo apologetico, oltre ad apparire palese dalla forma anodina del passo stesso, è dimostrato inequivocabilmente dagli errori cronologici contenuti nel testo. Giacché è sempre la cronologia che illumina la Storia. Il «discorso» di Gamaliele infatti dovrebbe essere stato pronunziato, secondo Atti, prima della lapidazione di Stefano, e quindi prima dell'anno 30 E.V. Giacché essendo stata la condanna di Stefano pronunziata dal Sinedrio, non può essere stata pronunziata dopo l'anno 30 E.V. (§ 31). Senonché, prima dell'anno 30, come avrebbe potuto Gamaliele parlare della morte di Teuda, se è risaputo che il movimento di Teuda e la sua uccisione avvennero soltanto sotto il procuratorato di Fado, e cioè nel 46? Non poteva Gamaliele, prima dell'anno 30 E.V., affermare avvenuto un fatto che si doveva verificare invece parecchi anni più tardi. Né si dica  (e non si disse mai peraltro) che la lapidazione di Stefano ebbe luogo dopo l'anno 46; perché essa ebbe luogo prima della conversione di Paolo, la quale a sua volta — come dimostreremo luminosamente più avanti — ebbe luogo l'anno 32 E.V.

Ancor più evidente si rileva l'interpolatore tardivo laddove nel testo si legge «dopo Teuda sorse Giuda il Galileo». Dunque, secondo Atti, Giuda Galileo sarebbe sorto dopo Teuda. Ma Giuda Galileo era morto 38 anni prima di Teuda. Sta di fatto invece che dopo Teuda (46 E.V.) era sopravvissuta di Giuda Galileo l'ombra messianica, e quest'ombra incombeva allora su tutti i suoi aderenti, che ne aspettavano la ricomparsa. Fu proprio quest'ombra dunque, rimasta incombente in Giudea, specie negli anni della guerra, che l'anonimo interpolatore prese per corpo.

Deve quindi argomentarsi che l'episodio di Gamaliele fu interpolato nella tradizione molto tempo dopo che questa era già formata, in omaggio al ritenuto «maestro di Paolo». Il quale peraltro — come si argomenta dallo stesso Paolo, che sempre dichiara aver avuto a proprio maestro soltanto Gesù Cristo (Galati, I, 12) — verosimilmente non era altri che «Gesù», nativo di Gamala, e pertanto «Gamaliele». Né può escludersi che l'interpolazione di «Atti» abbia avuto scopo puramente apologetico, per contraddire alla tesi presentata dagli avversari della nuova fede. Giacché basando gli avversari le loro polemiche sulla vera figura storica di Giuda Galileo, non può escludersi che fosse ritenuto preferibile da taluno far apparire che Giuda Galileo era stato persona diversa dal Gesù Galileo (cfr. § 2).

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