martedì 29 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOAPPENDICE V: PAOLO DI TARSO

 (segue da qui)

APPENDICE V

PAOLO DI TARSO

Note biografiche: linee di ricerca

Inesatta è l'opinione secondo la quale gli Atti designino Paolo con il suo nome ebraico, Saulo, prima della sua conversione, e con il suo nome latino, Paolo, dopo; cfr. 11:25; 12:25; 13:1, 2, 7, 9. 

Il nome Saul gli fu dato senza dubbio perché il re ebreo fu il nemico di Davide, come Paolo lo sarebbe stato del Cristo, pseudo-discendente di Davide; 1 Samuele 18.

Se l'apostolo è detto «della tribù di Beniamino» (Filippesi 3:5), è probabilmente per aumentare la sua rassomiglianza con Saul, il solo re di quella tribù.

La storia della conversione, quella del «malvagio» punito, si ritrova in quella di Eliodoro, 2 Maccabei 3:2. Adattamento? 

Le persecuzioni attribuite a Paolo (Atti 9:2) sono inventate: gli ebrei di Damasco sfuggivano alla giurisdizione del Sinedrio; questo stesso Sinedrio non avrebbe imprigionato i cristiani di Damasco per risparmiare quelli di Giudea; è ridicolo pensare che Paolo facesse la polizia in Siria per stabilire l'ortodossia tra numerose sette e religioni rivali.

Senza valore è l'argomento della Bible de Jérusalem (volume III, pag. 3456) che asserisce che l'autorità del Sommo Sacerdote si estendeva alle comunità ebraiche «persino al di fuori di Palestina» e comprendeva «un diritto di estradizione». Se, infatti, ci si riporta al riferimento indicato, 1 Maccabei 15:21, si vede che l'«estradizione» riguarda «disertori» presi nel corso della guerra maccabaica; non si tratta quindi di una persecuzione religiosa. Infine, quasi tre secoli separano quella guerra dal racconto degli Atti!

Il giudaismo di Paolo è indicato in diversi passi delle epistole e in Atti 21:39; 23:6. Ma una tradizione riportata da Epifanio fa di lui un pagano. G. Ory scrive che «nelle sue epistole delle interpolazioni sono venute a travestirlo da israelita»; B.R. 147, 1968. Tuttavia il suo nome latino Paulus (= il piccolo) sembra un soprannome; in ogni caso è un cognomen (soprannome); ignoriamo il nomen e il praenomen. E poi la sua casistica ricorda la dialettica dei rabbini; ha praticato la Septuaginta; un'educazione pagana lo avrebbe tenuto lontano dal giudaismo. Pensiamo piuttosto che fosse di nascita ebraica; ma fosse ebreo della diaspora, forse cittadino romano, e conoscesse i Misteri.

Secondo 2 Corinzi 11:32, il governatore del re Areta (40 E.C.) voleva catturarlo a Damasco dopo la morte di Tiberio (16 marzo 37). Ne seguirebbe che la conversione di Paolo fosse realizzata.

Ma conversione a cosa? Ragot pensa che sia all'essenismo; C.R. 40, pag. 4, 1963; C.R. 54, p.ag 21, 1967. I suoi riferimenti ci sono sembrati illusori. D'altra parte, il Maestro di giustizia è sconosciuto a Paolo e non rassomiglia affatto al suo Cristo: non è preesistente, né Figlio primogenito, né demiurgo, né messia; il battesimo di Romani 6:3 non è quello di Qumran: a differenza dei settari del Mar Morto, Paolo combatte la Legge, non i Romani. Non si può dire con Renan che «il cristianesimo è un essenismo che è riuscito»; l'essenismo è per essenza ebraico, il cristianesimo pagano.

Paolo non è stato un discepolo di Gesù. Non lo conosce né direttamente né indirettamente; egli ignora tutto della sua «vita», dei suoi «miracoli», delle sue parole, della sua «dottrina». La sua fede non dipende da un fatto storico, ma da illuminazioni personali.

La morale paolina è triste, malsana, contraria alla natura dell'uomo. Sul suo carattere morboso si veda Louis-Gabriel, Saint-Paul, 95 ss.

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