domenica 27 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOAPPENDICE III: MITICISMO E STORICITÀ

 (segue da qui)


APPENDICE III

MITICISMO E STORICITÀ

Accanto ai famosi «pilastri» di Schmiedel, gli argomenti principali contro il miticismo sono stati avanzati da Guignebert, Le problème de Jésus; Goguel, Jésus de Nazareth, mythe ou histoire?; Loisy, Histoire et mythe à propos de Jésus-Christ; Robert Joly, L'historicité de Jésus, Cahier rationaliste n° 270, 1970; Louis Rogier, La genèse des dogmes chrétiens, pag. 256-8; Le mythisme face à la logique, Cahier E.-Renan 82, 1973.

Non è il caso di riprendere le loro critiche una per una; si troveranno gli elementi della loro confutazione nel corpo di quest'opera. Ecco tuttavia le loro obiezioni più pertinenti seguite dalle nostre risposte.

Se i vangeli sono costruzioni artificiali, perché quella parodia d'umanità?

 Nel cristianesimo, come altrove, il dio si è storicizzato nel corso dei secoli; è una legge della storia delle religioni: ricordarsi i miti di Dioniso, Osiride, Attis, Eracle, ecc. 

Perché l'ultimo grido di Gesù fu un grido di disperazione? 

 È nella logica del dramma sacro. E chi potrebbe sostenere la sua autenticità? È un prestito dal Salmo 22:1.

Perché un dio misterico muore nel corso di un'esecuzione?

 Perché il mito fu adattato tardivamente all'occupazione della Giudea da parte dei Romani. Vi fu una confusione tra la rappresentazione del Messia Iehoshua (Gesù), salvatore delle anime, Eone gnostico, e la leggenda di Iehoshua (Giosuè), liberatore di Israele. Allo stesso modo, gli dèi pagani intervengono comunemente negli eventi storici: la distruzione di Troia, combattimenti a fianco dei Greci, fondazioni di città, ecc.

Perché Gesù è vittima dell'ostilità dei suoi?

 Per mostrare la superiorità del dio, incompreso persino dalla sua famiglia; cfr. sopra: La famiglia di Gesù, 5° parte, cap. 2, § 1.

Perché tante incongruenze e lacune se si tratta di una costruzione arbitraria?

 I vangeli sono assemblaggi di piccoli racconti popolari rielaborati secondo le ispirazioni della fede. Le lacune erano inevitabili al di fuori di una tradizione storica.

I giudeo-cristiani esistevano prima di Paolo: «Il primato cronologico delle epistole di Paolo non implica quindi un primato dottrinale» (Rougier).

 a) Sarebbe questo equivalente a riconoscere che le lettere di Paolo depongono contro la Storicità, mentre il giudeo-cristianesimo la presuppone?

b) Paolo non è stato convertito al giudeo-cristianesimo, ma appartiene a una corrente parallela.

c) I testi giudeo-cristiani stessi confutano la Storicità: Epistola agli Ebrei, Apocalisse, Epistola di Giacomo, Didachè. 

La giudaizzazione progressiva di un mistero greco presunto primitivo avrebbe “ristretto il pubblico” al quale si rivolgeva la catechesi cristiana (Rougier).

 Il cristianesimo ha fatto la sua apparizione e si è sviluppato tra gli ebrei della Diaspora. Processo di simbiosi tra elementi ebraici e pagani, non poteva non sedurre gli adepti dei Misteri, a dispetto dell'utilizzo del libro ebraico; e tanto più che il cristianesimo lo ha presentato sotto un aspetto pagano. Gli ebrei ortodossi non si sono sbagliati e hanno respinto l'esegesi cristiana.

L'utilizzo delle Scritture si è fatto per far accettare lo scandalo della croce (Ryner, Rouger et alii).

 a) Ci si contraddice affermando d'altra parte che la giudaizzazione di un Mistero avrebbe «ristretto il pubblico» al quale si rivolgeva la propaganda cristiana. Infatti quella  giudaizzazione non può essere che l'utilizzo della bibbia (vedi sopra, § 7).

b) Occorrerebbe dapprima stabilire, sotto pena di petizione di principio, che la Crocifissione ha avuto luogo realmente.

c) È paradossale sostenere che la bibbia fu utilizzata per giustificare il fallimento di un «messia fallito», mentre essa annuncia un messia glorioso.

I racconti evangelici si svolgono in un contesto storico; i misteri greci non sono storicamente localizzati (Rouger).

 I Misteri si sono diffusi in lungo e in largo, ma si può spesso localizzarli studiando la loro origine: Delfi, Eleusi, Olimpia, Epidauro, Roma, ecc.

 Il quadro «storico» di Gesù lo fa nascere come Mitra, Dioniso, Osiride, Horus. La sua morte è situata tra il 21 e il 58. Egli muore nello stesso momento di Giosuè, Attis e Adone. 

- Le contraddizioni dei vangeli rendono illusorio questo quadro e il processo di storicizzazione è chiaro (nascita, miracoli, discepoli, pasto pasquale, ecc.).

 Nessuna «localizzazione» negli scritti del I° secolo; nessuna «localizzazione» sul posto prima di tre secoli.

10° Non si attribuiscono raccolte di parole agli dèi; se ne sono attribuite a Gesù (Rougier).

 La prima affermazione è inesatta: gli dèi parlano in Omero, nei tragici, in Virgilio, eccetera; Jahvé parla nella bibbia; suo Figlio ha continuato in un modo nuovo.

 L'argomento non ha alcun valore perché le parole di Gesù non sono autentiche: «Non potrebbe sussistere il minimo dubbio: i discorsi che i Vangeli gli prestano, Gesù non li ha mai pronunciati» (sottolineato nel testo: Guignebert, Jésus, 280). Questo è quanto emerge anche dall'esegesi di vari critici, tra cui Bultmann; Jésus, 28; ecc.

11° La morte ignominiosa di Gesù postula «evidentemente» la sua esistenza (Rougier). 

 È abitudine costante degli dèi di salvezza morire per risorgere. La morte di Attis, impiccato al pino o castrato, quella di Orfeo, smembrato dalle Menadi, quella di Adone, lacerato da un cinghiale, o quella di Osiride, fatto a pezzi (ecc.), non sono di una nobiltà eccezionale.

 L'antico dio della croce ha finito per essere rappresentato morente sulla croce.

12° Argomento ricavato dal paolinismo (Guignebert et alii): Paolo credeva nella morte e nella resurrezione di Gesù. Ora quella morte presuppone l'esistenza di un uomo; quindi Gesù è esistito come uomo vero.

 Nego minorem, io nego la parte minore di questo sillogismo. L'equivoco verte sui termini esistenza e uomo.

Innanzitutto, l'«esistenza» si riduce all'«apparenza di carne di peccato» che ci rivela  Romani 8:3; in secondo luogo l'«uomo» è un dio. Che Paolo abbia creduto ad un Salvatore che assunse la forma umana è certo. Ma ci credeva come i fedeli di Attis credevano nella esistenza reale del dio Attis, quelli di Mitra nell'esistenza non meno reale del dio Mitra, ecc. La credenza di Paolo non prova la storicità del suo dio più di quanto lo faccia la credenza dei misti nella realtà umana delle loro divinità.

D'altra parte, le lettere paoline non ci permettono di affermare che l'apostolo abbia sentito parlare di Gesù come di un uomo che fosse vissuto normalmente. Padre Prat ha ricercato sistematicamente nelle epistole tutti gli indizi che possono stabilire che Paolo conoscesse la vita di Gesù. Ora, senza nemmeno fare la caccia alle interpolazioni, ecco cosa pensa della sua opera lo storicista Merlier, l'autore degli Itinéraires de Jésus (sic):

«Dire di Gesù che è discendente di Abramo, della stirpe di Davide, che è nato da una donna sotto il regime della Legge, che è vissuto tra i giudei, che Gerusalemme è il centro della sua Chiesa, sono affermazioni di ordine o, se si può dire, di origine scritturale, ma non dettagli di ordine storico».

«È verosimile che Paolo dovette rispondere più di una volta a domande precisissime: come Gesù discendeva da Davide? Chi erano suo padre e sua madre? Dove era nato? Come era nato uomo, essendo figlio di Dio? Quale era stata la sua vita prima che cominciasse la predicazione del suo messaggio? Ma le Epistole non ci consegnano alcuna risposta precisa [...]».

«Non abbiamo dalle Epistole alcun dettaglio sull'arresto, sul rinnegamento di Pietro, sul processo, sulla condanna, sulla crocifissione, sulla morte, sulla sepoltura di Gesù. Le Epistole non potrebbero essere più vaghe su questo dramma eppure di importanza capitale»; MERLIER, Le quatrième évangile, 351-2. — V. sopra La gnosi paolina, III, capitolo II.


R. Joly, al contrario, accorda una grande importanza ai testi che O. Merlier tiene per storicamente trascurabili. Aggiunge che «l'idea che Gesù sia una pura finzione è assolutamente insostenibile»; Cah. rationaliste n° 270, 1970, pag. 13. 

L'espressione «pura finzione» è ambigua. Per i miticisti il Cristo paolino è fittizio, nel senso che non ha una realtà storica. Ma non prestano a Paolo l'idea strampalata che per lui il Cristo sia privo di oggettività. Certamente è un dio, ma un dio che ha assunto una realtà sensibile. Lo stesso vale per i doceti, in particolare Marcione, la cui fede non era meno viva di quella di Paolo.

Insomma, la credenza in un dio umanizzato non implica per nulla la sua esistenza storica, se non in una misura incerta e variabile per il credente e il suo gruppo.

***

La Storicità pone spesso affermazioni perentorie che sono errori evidenti; oppure presta ai suoi avversari opinioni assurde. Ecco alcuni esempi di queste «bizzarrìe».

Gli antichi, ci viene detto, non hanno negato l'esistenza di Gesù.

 È ben certo che l'abbiano fatto, come provano Giustino per i dotti ebrei, Celso e Porfirio per i pagani. 

D'altronde, perché i cristiani hanno rimaneggiato i loro testi e commesso falsificazioni, se non per provare un mito? 

Giuseppe non ha parlato del Cristo per non dispiacere ai Romani (Goguel, Daniel-Rops, ecc.).

 Falsità manifesta, poiché la Guerra Giudaica è tutta ricolma della lotta messianica di Israele contro Roma. Inoltre, Giuseppe avrebbe avuto interesse a ricordare una collaborazione giudeo-romana contro i settari cristiani. Ma niente, assolutamente niente. 

Paolo non parla della vita di Gesù perché non lo interessa.

 Si ha difficoltà a credere che il focoso apostolo si sia meno interessato alla vita del Salvatore rispetto ai cristiani di qualsiasi epoca: «Se egli avesse sentito parlare della Passione di Gesù, se ne sarebbe inebriato» (Dujardin).

D'altronde per le sue predicazioni, Paolo era normalmente obbligato a riferirsi costantemente ai precetti e ai miracoli di Gesù. Poiché non lo fa mai, è perché li ignora.

Allo stesso modo, si cerca di spiegare il silenzio degli epistolari cristiani sul tema di Gesù dicendo che i loro lettori conoscevano la sua storia; GOGUEL, Jésus de Nazareth..., 182; et alii.

 Ma a chi si farà credere che i pagani da convertire e le chiese sparse nel Vicino Oriente non avessero bisogno di ricevere istruzioni sulla vita del Cristo?

L. Rougier pensa che per i miticisti il cristianesimo «si riduce all'apparizione spontanea di un mito sorto da chissà dove, i cui autori sono ignorati»; Cah. Ren. 82, 1973, pag. 21.

 Ci si domanda da dove Rougier abbia tratto quella idea, poiché i miticisti si sforzano di determinare le fonti vicine e lontane del cristianesimo.

 Gli autori di un mito sono ignorati per la semplice ragione che un mito è un'opera collettiva che si forma a poco a poco nel corso dei secoli.

 D'altronde, Rougier conosce meglio di un miticista gli autori degli scritti che servono da base alla sua ricostruzione del cristianesimo?

I miticisti si contraddicono nei loro sistemi di ricostruzione.

 Essi sono d'accordo sul tema della critica della Storicità. Questo è già importante.

— Le loro contraddizioni non sono assolute: molto spesso si possono conciliare i punti di vista.

 Osservazione divertente sotto la penna di storicisti divisi in sette fin dall'inizio e che scrivono moltitudini di «vite di Gesù» contraddittorie. 

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