venerdì 18 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOResistenze gnostiche

 (segue da qui)

 III 

Resistenze gnostiche

Secondo alcuni, lo gnosticismo deriverebbe dal cristianesimo. Questa è l'opinione di Simone Pétrement, che la espose già nel 1960 [85] e che ritorna alla carica in un grosso libro pubblicato nel 1984. [86]

Lei si sforza di stabilire, contro la maggior parte degli studiosi contemporanei, che lo gnosticismo chiamato «cristiano» proviene da un cristianesimo originario che lei situa nel I° secolo. Lo «gnosticismo generico» che rivelano i documenti di Nag Hammadi [87] «ha potuto provenire dallo gnosticismo cristiano»; pag. 45. Per lei non è esistito uno gnosticismo ebraico precristiano; la fonte più diretta del mandeismo è cristiana; pag. 661. A supporre che Simon Mago sia vissuto, egli fu scismatico, non eretico, e non ha fondato uno gnosticismo samaritano; pag. 334-5; la sua compagna, Elena, sarebbe un personaggio tratteggiato secondo la greca che si trova in Marco 7:26; pag. 127. Il Quarto Vangelo non è gnostico; pag. 307.

Benché quell'esegesi si presenti spesso come ipotetica, noi siamo obbligati a esaminare l'essenziale di ciò che concerne le nostre conclusioni precedenti.

Innanzitutto, lei si basa sulla comparsa del cristianesimo nel I° secolo, ma non lo definisce: «Non si sa cosa sia il cristianesimo»; pag. 573. Senza dubbio fa allusione al «cristianesimo ordinario» (pag. 633, 657), quello «che conosciamo» (pag. 628), ma il suo punto di partenza rimane vago. In ogni caso, lei colloca il Nuovo Testamento nella 2° metà del I° secolo (pag. 135), almeno per la sua «quasi-totalità» (pag. 20, nota 23). Ora quella datazione ci sembra assolutamente errata e non basata su nulla. Non tiene conto infatti della rielaborazione dei testi né del fatto che i Vangeli canonici sono posteriori a Giustino. Di conseguenza, lo gnosticismo che l'autore vede apparire all'inizio del II° secolo non ha potuto dipendere da un corpus conosciuto, sotto una forma ancora ridotta, più di mezzo secolo dopo di esso.

A proposito di Simone, si può credere che la sua esistenza sia puramente mitica. Ma la setta da cui proviene sembra precedente al cristianesimo «ordinario», poiché gli eresiologi collocano il mago nell'era apostolica. Egli non era «scismatico» quando non c'era ortodossia; la sua Elena non fu l'avatar della greca di Marco 7:26: quel Vangelo non esisteva. Inoltre, la parola significa «una greca» e non è il nome di una persona; la donna così designata non è samaritana e non ha nulla di una prostituta. 

Per i mandei, i loro riti sono indipendenti dal cristianesimo e i loro miti ben lontani. Il loro nome Nazorei, identico a quello dei precristiani, fa intravvedere un'origine in parte comune. Giovanni Battista, sconosciuto primitivamente ai cristiani e senza dubbio ai mandei, fu probabilmente il profeta di un gruppo distinto.

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Ciò che pare più solido nelle tesi di S. Petrement è lo gnosticismo che scopre nelle lettere paoline e nel Quarto Vangelo. Ma sarebbe necessario considerare evidentemente solo le parti antiche dei testi, quelle che si possono situare nel I° secolo e suscettibili di aver influenzato gli scritti successivi. 

A proposito di Paolo noi ritorniamo su quanto abbiamo scritto precedentemente (3° parte, capitolo 2). Per Giovanni lei ha il torto, crediamo, di intravvedere un solo autore e di non dissociare il proto-Giovanni dalle aggiunte che lo hanno sfigurato (V. 5° parte, capitolo 3). Ora la prima redazione ci mette in presenza non solo di «tracce» o di «germi» (suo testo, pag. 16), ma di uno gnosticismo chiarissimo. Ciò si deduce particolarmente nel Prologo e nella violentissima diatriba che il Cristo scaglia contro il dio dei giudei: «Voi avete per padre il diavolo... un omicida..., il padre della menzogna, ecc.»; Giovanni 8:44. Lo scrittore di questo passo insegnava quindi che il Cristo era venuto a «distruggere» Jahvé. [88]

L'autrice del Dio separato potrebbe obiettare, è vero, che Paolo e Giovanni non segnano un'opposizione netta tra il Dio buono e il Demiurgo. Questo è esatto. Ma, contrariamente a quanto si legge nella sua Introduzione, pag. 21, quella separazione non è l'unica a definire lo gnosticismo. L'autrice stesso non può attenervisi e indica altre fonti del movimento gnostico: l'Escatologia realizzata da questa vita, pag. 209, 229-230; l'esistenza di un Salvatore, pag. 201, la creazione dell'universo da parte di un Intermediario, pag. 638, l'anticosmismo o deprecazione del mondo, cattivo per natura, l'antinomismo o critica negativa della Legge; la divinità di Gesù (pag. 639).

Questi elementi variano a seconda dei testi, ma corrispondono, pressappoco tutti, a quello che pensiamo sia il carattere primordiale dello gnosticismo, ossia la rottura dell'Unità divina, la dissociazione del Principio divino in un gruppo che crea il mondo, lo amministra e salva gli uomini: Padre, Logos, Figlio di Dio, Figlio dell'Uomo, Sapienza, Messia o Christos, Ruah on Pneuma o Spirito Santo. [89]

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Si evince da queste osservazioni che il cristianesimo è gnostico fin dalla sua apparizione, in particolare in Paolo e in Proto-Giovanni, e, più generalmente, per la simbiosi delle teologie dell'Acqua, del Sangue e della Croce. D'altra parte, non si può far derivare il movimento gnostico da scritti ritenuti non gnostici, se non per mezzo di «tracce»! Sarebbe come estrarre fuori conigli da un cappello vuoto. Rassomiglianze incerte e molto lontane, soprattutto quando i nomi di Cristo sono scomparsi, non implicano filiazioni.

Concludiamo quindi per uno gnosticismo generico precristiano. L'autrice del Dio separato nega la sua esistenza dicendo che nessun testo lo prova; pag. 657. — Ma non possono esistere testi riguardanti uno gnosticismo generico; si possono solo incontrare scritti che riflettono le sue varie forme particolari. È come se si dicesse che l'indoeuropeo non è esistito perché non possediamo alcun testo in quella lingua... Eppure lo si è ritrovato per induzione e la sua anteriorità rispetto alle varie lingue è certa.


Le fonti da cui proviene lo gnosticismo precedono i primi scritti cristiani, diciamo negli anni 50. Il pitagorismo formulò una regola di vita che non dimenticarono né i terapeuti né gli esseni. Il platonismo recò la nozione di un'anima decaduta sprofondata nella materia e desiderosa di sfuggire alla vita terrena per ritrovare il divino, la «degradazione progressiva di una forma più elevata dell'Essere, attraverso una lunga serie di Intermediari». [90] Gli stoici parlavano del grande anno e del rinnovamento del mondo per mezzo del fuoco. L'Iran e la Caldea fecero conoscere la Luce e le Tenebre, il Figlio dell'Uomo divinizzato, l'astrologia e il suo zodiaco, i suoi Arconti planetari, i cieli sovrapposti e la predestinazione. Le religioni pagane fornirono i sacrifici, le comunioni, una serie di divinità e di personaggi divini, in particolare figli di un dio superiore e di una mortale. L'Antico Testamento propagò l'idea di una Creazione di sei giorni, le nozioni di Ipostasi, di Messia glorioso, il rito — più tardi combattuto dall'ortodossia ebraica — dell'immolazione del primogenito. Filone di Alessandria speculò sul Logos e sull'Uomo primordiale; insegnò la creazione del corpo umano da parte degli angeli e il parto verginale. [91]

Da questi elementi primordiali e da alcuni altri segnalati nel corso dei nostri sviluppi sono derivate le sette che dovevano costituire il cristianesimo divenuto «cattolico», gli gnosticismi cristiani e pagani, i gruppi battisti, tra cui quello dei mandei, [92] e vari altri più o meno legati al giudaismo.

Ma non si tratta del giudaismo ortodosso, monoteista o che si sforza di esserlo. Gli gnosticismi cristiani provengono dalle sette ebraiche sparse nella Diaspora. Non lo si dirà mai troppo spesso: il nostro cristianesimo non è nato,  contrariamente a quanto indica o sottintende la tradizione, — dal giudaismo gerosolimitano. Di fatto, appare come un paganesimo giudaizzato. Questo è, per esempio, il caso del Quarto Vangelo, il cui «colore asiatico» aveva colpito Burnouf. [93]

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Pertanto ci si deve domandare come  il cristianesimo «ordinario» si sia creato. Questo accadde allontanandosi da altre dottrine correlate. È, come crediamo di aver mostrato, il risultato di un processo di storicizzazione che è consistito dapprima nel nominare il Salvatore, nel materializzare il suo corpo etereo, poi nel dotarlo a poco a poco di discepoli, di una famiglia, ecc. e nel farlo perire su una croce terrena che continuava la funzione salvifica della sua antica croce cosmica di potenza.

Così, nel secondo secolo, una doppia corrente si è manifestata. Una sfociò tra il 160 e il 180 nei vangeli canonici, completati più tardi; l'altra restò fedele agli elementi gnostici. Ma esse furono incorporate nei sistemi cosmogonici in cui ogni teologo dava corso al suo spirito creativo. Ecco perché le dottrine cristiane gnostiche sono creazioni personali, mentre il cattolicesimo risulta da una lunga evoluzione delle credenze popolari. Da qui il successo dell'uno e il fallimento finale delle altre: una grande religione non nasce da invenzioni e da discussioni bizantine in seno a piccoli cenacoli. Essa è una corrente collettiva che trasporta prodotti diversissimi e che acquisisce una parvenza di unità, vicina alla mentalità media delle masse.

Ecco perché i culti di origine cosiddetta «aristocratica» sono più filosofie o movimenti riformatori che religioni autentiche. Se sono vitali, è perché rispondono ad aspirazioni precedenti che li oltrepassano. [94] Parallelamente il culto degli imperatori è secondario, parzialmente artificiale, perché è chiaro che gli dèi Augusto, Caligola, Domiziano... non furono al livello di Anu, Marduc, Tammuz, Zeus, Osiride, Dioniso, ecc. [95] Ce se ne accorge quando, per mantenere la coesione dell'Impero, Aureliano (214-275) fece del mitraismo una religione di Stato. [96] A Vienne (Francia) il culto imperiale sembra in declino dalla fine del secondo secolo. [97]

È notevole, d'altronde, che la maggior parte degli gnostici passassero per cristiani: Bardesane, Basilide, Valentino, Marcione, Taziano... fino a Mani (240-277 circa). Quest'ultimo restò fedele al cristianesimo pre-evangelico: egli assimilò parzialmente il Cristo al Sole e venerò le epistole di Paolo.

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Tra gli gnostici un posto speciale spetta a Minucio Felice. Egli esercitò a Roma la professione di avvocato nella prima metà del III° secolo e ha scritto un'opera di apologetica cristiana nota sotto il nome di Octavius.

L'autore contrappone due interlocutori: uno, Cecilio, difende il paganesimo, l'altro, Ottavio, il cristianesimo. Ma l'apologia di Ottavio è così strana che il suo autore in scena, il cristiano Minucio, sembra ignorare o condannare la dottrina evangelica.

Si erge, anzi, contro l'idea che i cristiani rendano un culto ad un uomo crocifisso: «Voi siete lontani dalla verità, voi che pensate che un criminale abbia meritato di essere creduto dio o che un uomo terreno abbia potuto essere creduto dio»... qui putatis deum credi aut meruisse noxium aut potuisse terrenum, § 39.

«Noi non adoriamo le croci ed esse non ci interessano»: cruces etiam nec colimus nec optamus; § 29.

Nega l'incarnazione: «Gli dèi non vengono dai morti perché un dio non può morire; né esseri che hanno preso nascita perché tutto ciò che nasce è soggetto alla morte»... quoniam moritur omne quod nascitur. Ora ciò che è divino non ha né nascita né fine; divinum autem id est quod nec ortum habet nec occasum; § 23.

Cosa divengono dunque, in quella prospettiva, la nascita del Cristo, la sua vita terrena, la sua fine su un patibolo?

Per giunta, Ottavio confuta il paganesimo ridicolizzando «la fine tragica, i pianti e i gemiti degli dèi sfortunati», Iside che ricerca suo figlio o le membra disperse del suo sposo, Cerere sua figlia, ecc. «Non è risibile», dice, «piangere ciò che si adora o adorare ciò che si piange?»; § 21. 

Qui Minucio sembra dimenticare la Passione, i lamenti dei discepoli e delle pie donne, la scomparsa della tomba... Il suo pessimo servizio ricade con tutto il suo peso sul cristianesimo.

È quindi certo che l'autore dell'Octavius respinge l'essenziale del messaggio evangelico, ossia l'esistenza terrena dell'uomo-dio, la sua passione, la sua resurrezione dal sepolcro. Non gli attribuisce la fondazione della religione cristiana e ignora la venerazione della croce. Secondo Mayoral, egli «non conosce nemmeno una tradizione rudimentale su un Gesù incarnato». [98] In ogni caso, la rinnega. Per Renan egli nasconde la sostanza del cristianesimo per farla accettare, [99] ma c'è di più che dissimulazione: bisogna parlare di negazione e di opposizione. 

Minucio ci porta sicuramente fuori dai sentieri battuti del «cristianesimo ordinario». Si ricongiunge a Marcione e a Paolo.


In conclusione, la storia terrena del Cristo non era affatto impressa nella mente alla fine del I° secolo. Non era raccontata nei «Memorabilia» o in immaginari vangeli; il suo processo e la sua esecuzione non erano consegnati negli archivi dell'Impero. Altrimenti, lo gnosticismo cristiano non avrebbe mancato di citare questi testi per combatterli. Non avrebbe potuto, d'altronde, contrastare con qualche verosimiglianza una tradizione così potentemente radicata. La costruzione dei sistemi gnostici prova al contrario l'esistenza di uno stato embrionale delle credenze ed una un'opposizione multiforme al processo di storicizzazione.

NOTE

[85] PETREMENT, La notion du gnosticisme, Rivista di metafisica e di costumi, ottobre-dicembre, n° 4.

[86] Le Dieu séparé, 698 pagine. — I nostri riferimenti a quest'opera non sono esaustivi.

[87] Noti anche sotto il nome di manoscritti di Chenoboskion (Alto Egitto). Sulla loro scoperta e la loro importanza v. il libro indispensabile di DORESSE, Les livres secrets..., Plon, 1958.

[88] Contra PETREMENT, o.c., 57, 450. — Cfr. MAGNE, Origines..., volume 2, 202 s.

[89] V. il nostro studio: La résurrection du Saint-Esprit et le polythéisme chrétien, C.R. N° 141, 1985.

[90] ROBIN, La pensée grecque, 246, 277. — Notare anche lo gnosticismo di Empedocle, ibid., 134.

[91] Per FILONE il Logos è il Figlio primogenito di Dio e regge l'universo: Dell'agricoltura, § 50.

[92] «È assolutamente possibile far risalire la tradizione mandea prima di Gesù Cristo»; RUDOLPH, La religion mandéenne, in Hist. des religions, volume 2, 504.

[93] BURNOUF, o.c., 126.

[94] Contra RUYER, La gnose de Princeton, 11-12.

[95] Cfr. PRIGENT, Le culte impérial au I° siècle..., R.H.P.R., 1975, n° 2.

[96] AUGSTEIN, o.c., 311.

[97] PELLETIER, Arch. n° 111, pag. 30. — PRICE (Rituals and Power) non modifica la nostra tendenza riduzionista del culto imperiale; v. TURCAN, R.H.R., ottobre-dicembre 1985, pag. 427.

[98] MAYORAL, Sur Minucius Felix, B.R. 136, giugno 1967.

[99] RENAN, Marc-Aurèle, capitolo 22.

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