venerdì 18 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOResistenze pagane

 (segue da qui)

 II — 

Resistenze pagane

Con gli scritti canonici Gesù aveva un piede nella Storia; ma non entrambi. I pagani istruiti opposero una viva resistenza all'intrusione dell'uomo-dio: contestavano la sua vita terrena.

Gli storicisti negano il fatto; essi ripetono in continuazione che nessuno ha messo in dubbio l'esistenza di Gesù.

Alla loro affermazione si oppongono diverse considerazioni. Dapprima le credenze dei cristiani gnostici, dei paolini, dei doceti. Tutti erano partigiani dell'«apparenza», della «forma umana» che aveva assunto il Salvatore; pensarono a volte che il loro dio avesse rivestito un'umanità momentanea e persino reale, in un certo senso; ma la nozione della nascita e della vita normali di un uomo-dio vissuto tra gli uomini è loro estranea. [77] Ancora nel III° secolo l'apologeta cristiano Minucio Felice respinge l'idea di un dio nato tra i mortali e morente sulla croce.

Dal lato dei pagani, la distruzione delle loro opere da parte della Chiesa trionfante ci impedisce spesso di conoscere il loro pensiero. E poi coloro che vissero nel secondo secolo o più tardi non avevano alcuna ragione di dubitare che un oscuro agitatore sia stato crocifisso sotto Tiberio, Claudio e Nerone.

Infine, l'affermazione storicista è una falsità evidente. I pagani, infatti, che si erano presi la briga di indagare sulla religione nuova, non trovarono l'iniziatore prestigioso che i cristiani vantavano loro. Il portavoce dei negatori, Trifone, dice nel Dialogo di Giustino: «Il Cristo, a supporre che sia nato e che esista da qualche parte, è uno sconosciuto [...] È un vano rumore che voi avete accettato. Voi vi siete voi stessi fabbricato un vostro Cristo, ed è per lui che voi vi perdete ora sventatamente» .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ..         Resta da provare che costui [Gesù] abbia acconsentito a nascere uomo da una vergine [...], dimostralo; e che egli sia stato crocifisso e che sia morto; e prova anche che dopo tutto ciò egli sia risorto e salito al cielo». [78]

Porfirio scriveva nel 275 circa: «Gli evangelisti sono gli inventori, non gli storici, delle cose che essi raccontano su Gesù» (frammento 15); «Il vangelo è una scena truccata» (frammento 27, 55); e aggiunge che il racconto della Passione è una «finzione incoerente». [79]


A queste testimonianze si aggiunge quella di Celso. Egli finge di ammettere, ad un certo momento, per confutare il docetismo, la crocifissione di Gesù; infatti vuole provare che un uomo crocifisso ha necessariamente sofferto: «Si sa come è finito, la defezione dei suoi, la condanna, le sevizie, gli oltraggi e i dolori del suo supplizio. Questi sono fatti provati, che non si possono celare, e non arriverete fino a sostenere che queste prove siano state solo una vana apparenza agli occhi degli empi, e che in realtà egli non abbia sofferto»; § 17. [80

Da questo testo si vede che Celso ottiene le sue informazioni dai cristiani e più in particolare dai doceti, che egli prende di mira. È ciò che risulta da un altro passo: «Infatti, al posto di questo puro e santo Logos, voi non ci presentate che un individuo ignominiosamente condotto al supplizio, percosso da verghe»; § 22.

Ma Celso non dà per scontata la storicità: «In tutto ciò», dice, «noi non abbiamo attinto altro che dalle vostre stesse Scritture; non abbiamo bisogno di altre testimonianze contro di voi. Vi confutate abbastanza voi stessi»; § 31.

Non crede a «chissà quali terrificanti racconti fabbricati con vecchie leggende, con cui essi [i cristiani] riempiono dapprima le immaginazioni dei loro seguaci...»; § 4. Pensa che «rendendo un culto al loro suppliziato, i cristiani... non fanno nulla di più di ciò che fanno i Geti con Zalmoxis, [81] i Cilici con Mopso, gli Acharnesi con Anfiloco, i Tebani con Anfiarao, i Lebadii con Trofonio», § 36.

«Il loro suppliziato» e «i terrificanti racconti» indicano molto nettamente che per Celso il Cristo appartiene al folclore cristiano. Egli lo dice ancora altrove accusando i cristiani di frode:

«La verità è che tutti questi presunti fatti non sono che dei miti che i vostri maestri e voi stessi avete fabbricato, senza riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di verosimiglianza, benché sia di tutta notorietà che parecchi tra voi, simili a persone ubriache di vino che portano le mani su sé stessi, hanno rimaneggiato a loro guisa tre o quattro volte e più ancora il testo primitivo del Vangelo, al fine di confutare ciò che vi si obietta»; § 20.

Ed ecco ciò che può servire da conclusione:

«Non vi è nulla al mondo di così ridicolo come la disputa tra i cristiani e i giudei sul conto di Gesù, e la loro controversia ricorda propriamente il proverbio: Litigare per l'ombra di un asino. Non vi è nulla di fondato in questo dibattito, in cui entrambe le parti concordano che i profeti ispirati da uno spirito divino hanno predetto la venuta di un Salvatore del genere umano, ma non si intendono sul punto di sapere se il personaggio annunciato sia venuto effettivamente o no»; § 33. [82]

«Litigare per l'ombra di un asino»! Questa è la storia del dente d'oro di Fontenelle. Come se «lo spirito critico del pubblico colto fosse in quell'epoca infinitamente più sviluppato rispetto ai nostri giorni». [83]

Gli estratti dei Discorsi che noi riproduciamo sono di una importanza estrema; perché stabiliscono senza ombra di dubbio che nessuna informazione biografica concernente un Gesù storico è giunta alla conoscenza di Celso. Egli lo equipara a dèi pagani e pensa che i vangeli si basino su presunti fatti, vecchie leggende, miti e terrificanti racconti. Egli attesta anche che gli scrittori cristiani hanno rimaneggiato spesso i testi per rispondere alle obiezioni.


Infine, «il Gesù della Storia» era sconosciuto agli Arabi. Una duplice tradizione è però loro pervenuta: l'una fa riferimento al presunto adulterio di Maria con il soldato Pandera. Essi la respingono; Corano 4:155; l'altra si riferisce alla crocifissione di Simone di Cirene al posto del Cristo. La prima è ebraica; la seconda non quadra con l'ortodossia cristiana, che essi rifiutano negando la crocifissione di Gesù: No, non lo hanno ucciso, non lo hanno affatto crocifisso [...] Coloro che discutevano su suo conto sono stati loro stessi nel dubbio. Non ne avevano conoscenza precisa; questa non era che una supposizione. Essi non lo hanno affatto ucciso realmente»; Corano 4:56. [84]

I dotti arabi sapevano probabilmente distinguere una credenza mistica da un evento di cui non avevano trovato traccia.

Così le testimonianze di Celso, Giustino, Porfirio, così come del mondo musulmano, corroborano l'interpretazione miticista del cristianesimo.

NOTE

[77] Cfr. 1 Giovanni 4:2-3: «...Ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne è da Dio; e ogni spirito che non confessa Gesù [venuto in carne] non è da Dio...». Segue un'allusione ad un «anticristo», forse Marcione.

[78] GIUSTINO, Dialogo 8 e 63. — «Trifone è un rabbino istruito con cui Giustino avrebbe avuto a Efeso, intorno al 132-135, una lunga discussione di cui il Dialogo sarebbe la relazione fedele»; TIXERONT, Précis de patrologie, 49.

[79] Citato secondo ORY, Le Christ et Jésus, 221.

[80] CELSO, Discorso vero, traduzione ROUGIER. — Secondo la maggior parte dei critici, il Discorso è del 178. Noi possederemo, in sostanza, i nove decimi del testo e i sette decimi del testo letterale.

[81] Zalmoxis, guaritore e salvatore, presenta grandi analogie con Gesù; v. COMAN, L'immortalité chez les Thraco-Géto-Daces, R.H.R. luglio-settembre, 1981, pag. 268-9, 272-4 e passim.

[82] Questo passo lascia intendere che i dotti ebrei del tempo di Celso ignorarono l'esistenza storica di Gesù.

[83] CORYNE, Nouvelles remarques sur Celse et le Discours vrai, C.R. 14, 1957, pag. 19.

[84] Corano, traduzione KASIMIRSKI, pag. 76. 

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