giovedì 24 novembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOCONCLUSIONE GENERALE

 (segue da qui)


CONCLUSIONE GENERALE

«La radice del cristianesimo non viene dall'Antico Testamento, ma, come quella del giudaismo, da una cultura pre-semitica e pre-ellenica, che è esistita in Mesopotamia due o tremila anni prima della più antica composizione dell'Antico Testamento». [1] Da qui una filiazione di credenze che si sono trasmesse da gruppo a gruppo e mescolate nel corso di lunghissime simbiosi.

Le sette così costituite, la Storicità rimprovera ai miticisti di inventarle per spiegare l'apparizione del cristianesimo. — Atteggiamento ben strano, in verità! I nostri censori si mostrano curiosamente esigenti per la determinazione di gruppuscoli disseminati nella Diaspora, e di cui fingono di credere che si potrebbero seguire passo dopo passo le trasformazioni secolari. Essi stessi potrebbero descrivere l'evoluzione che ha fatto della talpa Asclepio un uomo ricevuto da Sofocle? [2] o che fece partecipare Dioniso-Iacco alla battaglia di Salamina? [3]

Altrettanto bene, miticisti e storicisti sono in balìa di difficoltà simili. I più illuminati tra i partigiani dell'esistenza storica, se credono nella realtà di Gesù, lo intravedono in un alone talmente indistinto che non arrivano più né a determinare la sua personalità né a descrivere le tappe che condurrebbero da un «gesuismo» originario al cristianesimo della fine del secondo secolo. Ma in tutti i casi, il problema non è quello di collegare un antecedente preistorico a stati successivi della fede?

Diciamo anche che la posizione degli storicisti è la più debole; infatti, il tipo di «cosa in sé» che essi credono utile (o opportuno) attribuire alle origini cristiane non è un principio di spiegazione soddisfacente. Il più eminente di loro, il teologo protestante Rudolf Bultmann, è obbligato a farne a meno: «Non abbiamo nemmeno», pensa, «alcuna certezza quanto alla croce». [4]


Tra altre implausibilità, la Storicità pone l'affermazione che il cristianesimo è derivato da un gruppo costituito a Gerusalemme dopo la morte del Maestro.

Ma i dogmi fondamentali che ci disvelano gli scritti canonici e che furono consacrati dalla tradizione non sono ebraici e non procedono dall'ortodossia ebraica: battesimo di Acqua, di Fuoco e di Spirito; Gesù considerato come Logos, Luce e Creatore; Gesù, figlio carnale di Dio e di Maria; Gesù come messia sofferente e salvatore universale; Gesù avversario della circoncisione, del sabato e dei sacrifici del Tempio; Gesù messia morto e risorto dopo tre giorni; Gesù viaggiatore negli Inferi; Gesù, mangiato e bevuto nella comunione teofagica...

Tutto ciò è pagano. Tutto ciò non ha potuto essere inventato e propagato, tra il 30 e il 70, [5] da un piccolo gruppo di apostoli giudei. Si deve cercare altrove.

Ora è ovvio — e nessuno lo contesta — che il Vicino Oriente ha visto pullulare sette che mescolarono riti e credenze eterogenee. Alcune sono scomparse, altre si sono fuse; il cristianesimo è emerso, a tappe, da alcuni di esse. [6] Si possono ritrovarle, in una certa misura, studiando i testi, le iscrizioni e l'arte figurativa del periodo pre-evangelico.

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Quando appaiono, sotto la loro forma prima, i vangeli canonici tra il 160 e il 180, esiste, accanto alle chiese marcionite e ad altre, un nucleo che darà nascita alla chiesa cattolica romana, quando la venuta di Pietro nella città dei Cesari sarà accreditata e servirà a giustificare il primato dei suoi presunti successori. Quel periodo, che possiamo chiamare «evangelico», riguarda il cristianesimo propriamente detto, il cristianesimo pressappoco costituito che troviamo in Giustino e nei Vangeli. [7] Esso si caratterizza in sostanza dalla credenza nella vita normalmente biologica di Gesù e nella sua morte in croce in seguito ad un ministero clamoroso.

Risaliamo ora indietro nel tempo fino alla data, in qualche modo sicura, che fa di Paolo un cristiano prima della morte del re Areta nel 40; 2 Corinzi 11:32. Quella data è il punto di partenza di un periodo che arriva fino al 130 circa e durante il quale la «vita di Gesù» era completamente ignorata: ossia un secolo di silenzio dopo la morte presunta del Cristo, nel 30 circa. Rare e tardive interpolazioni non possono nascondere la mancanza di informazioni nei testi. Ricordiamo: 

Il corpus paolino, la versione primitiva del Quarto Vangelo e il vangelo di Tommaso, tutti chiaramente gnostici. In Paolo la dottrina è incentrata sulla crocifissione del dio «in apparenza di carne di peccato» (Romani 8:3), alle origini del mondo (Romani 16:25-26; 1 Corinzi 2:7-12; Efesini 3:3-11, 18).

L'Apocalisse e l'epistola agli Ebrei, rimaste vicine al giudaismo e dominate dalla teologia del Sangue.

Le Odi di Salomone, ampliate ulteriormente dal Pastore di Erma e la dottrina del Cristo «tratto dalle acque» del Romanzo pseudo-Clementino.

L'epistola di Giacomo; la Didaché; 1-2 Pietro; 1-2-3 Giovanni.

Più tardi, la Storicità rimarrà sconosciuta, in misura significativa, nelle epistole di Barnaba e di Clemente Romano, nelle opere di Giustino, infine nell'Octavius. Sarà confutata da Trifone, Celso, Porfirio.

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Le parti più antiche di alcuni di questi documenti ci permettono di raggiungere gruppi sincretistici aventi per denominatore comune uno gnosticismo latente. Esso si riassume nella nozione di un Intermediario che delinea l'immagine del Personaggio evangelico.

L'Intermediario appare prima della nostra era nell'ipostasi Sapienza, nell'essenismo di Enoc, degli Inni qumranici, dei Testamenti dei Dodici Patriarchi e, più tardi, nelle raccolte evangeliche, sotto i tratti del Figlio dell'uomo, analogo a Gayomart, il primo uomo dei Persiani (Reitzenstein).

Lo si trova anche, alle origini cristiane, in una gnosi molto ebraica dove Gesù è designato con i nomi di Kurios Sabaoth e di Kurios Pantokrator (Signore degli eserciti e delle potenze). Egli è Dio e l'avversario di Jahvé, precipitato nel Tartaro sotto il nome di Ialdabaoth.

Raffigurazioni più pagane del Salvatore appaiono con il Cristo idrico delle Odi di Salomone, del Pastore di Erma e delle parti antiche del Quarto Vangelo. 

Il Cristo celeste sprovvisto di nascita umana si manifesta nella trama primitiva delle lettere paoline, nell'Apocalisse e nell'epistola agli Ebrei, in Marcione, in Giovanni e nello gnosticismo nascente del vangelo di Tommaso.

Questi cristianesimi arcaici implicano l'esistenza delle sette che le hanno elaborate. Esse sono simili a quelle i cui artisti tracciarono i primi motivi delle Catacombe; ed è importantissimo notare, con Renan, che «la prima archeologia cristiana è gnostica». [8] È gnostica perché le sette che l'hanno ispirata sono gnostiche... 

La pluralità dei gruppi si scopre nelle chiese menzionate nell'Apocalisse, tra cui i Nicolaiti e i «falsi giudei» della «sinagoga di Satana», in coloro che guarivano invocando il nome di Gesù senza far parte della sua compagnia, nei seguaci di Apollo, di Filippo, di Paolo, di Barnaba, di Pietro, gli Ellenisti, ecc. Le loro rivalità sono indicate in diversi testi, tra cui 1 Corinzi 1-2; Galati 1:47; 2 Pietro 2:1-3; 1 Giovanni 2:18; 4:1-3; 2 Giovanni 7; 3 Giovanni 9-10. 

Alcuni dei settari precristiani sono vicini ai mandei. Secondo i riti battesimali e il nome di «nazorei» che si davano gli adepti di Manda e quelli del Cristo, essi potrebbero avere un'origine parzialmente comune. Stahl (o.c., 181-184) pensa che gli uni e gli altri siano usciti da una setta nazorea che situa a Efeso. Per Rudolph (o.c., 519), il mandeismo è «un ramo, organizzato in setta battista, della corrente gnostica giudeo-siriana». La sua definizione si adatta benissimo anche a precristiani che rendevano un culto a Ichthus. L'eucarestia a base di «pesce arrostito» si è prolungata per diversi secoli dopo l'era cristiana.

Il periodo pre-evangelico è quindi ricco di gruppi che non sono inventati per i bisogni della causa. D'altronde l'anteriorità di un cristianesimo arcaico rispetto al principato di Augusto (dal 27 al 14 E.C.) è attestata da Tertulliano e Melitone di Sardi. [9]

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Noi possiamo però risalire ben più indietro del periodo pre-evangelico e raggiungere fonti lontanissime, sbarazzandoci dai nostri documenti di parti liturgiche, personaggi singolari, riti eterogenei e miti inseriti in un contesto più recente.

Si scoprono in tal modo temi specifici, credenze popolari costitutive delle religioni: teologumeni o unità mitiche. [10] Le loro collezioni si sono sovrapposte, combattute o armonizzate, e hanno dato corso a racconti o a credenze residue. 

Tra i teologumeni, André Malet annovera giustamente la Concezione miracolosa di Gesù, la sua Discesa agli Inferi e la sua Resurrezione (o.c., 47-48). Ma non bisogna fermarsi a metà dell'opera. Ecco altre fonti anteriori al cristianesimo propriamente detto e che, in misure diverse, hanno contribuito alla sua genesi:

 l'assimilazione del dio al sole, alla luce, al fuoco, all'acqua, al pesce, all'albero, alla croce;

 la sua glorificazione sulla croce vernale (croce cosmica di potenza);

 il suo carattere di «primogenito»;

 il suo rinnovamento negli abissi sotterranei, ai confini della morte;

 lo sgozzamento dell'Agnello alle Origini del mondo;

 l'immolazione del Sommo Sacerdote, Figlio di Dio, sull'Altare celeste;

 la nozione di un Salvatore prototipo dell'umanità (secondo Adamo, Figlio dell'uomo);

 L'Eone, l'Intermediario, Emanazione della gloria divina, che assume la forma umana, poi la carne;

 Le sue manifestazioni (teofanie) senza nascita umana; 

 dopo la sua nascita umana;

 la sua crocifissione celeste;

 la sua crocifissione terrena in apparenza umana, poi nella carne;

 il rito delle tre croci; gli assistenti del dio (apostoli o ladroni);

 i pericoli corsi dal giovane dio;

 l'importanza dei momenti della crocifissione, dell'ora della morte;

 le tenebre pasquali;

 la resurrezione immediata; — dopo tre giorni;

 la resurrezione al mattino;

— la resurrezione spirituale; — materiale;

 il Salvatore preesistente, demiurgo; — avversario del Demiurgo;

 l'immolazione come Salvatore; — come re-sacerdote; 

 gli Arconti planetari, il Principe di questo mondo; 

 la presenza del dio nell'acqua battesimale;

 la teofagia dell'eucarestia a base d'acqua, di pesce;

 la teofagia dell'eucarestia a base di pane, a base di vino;

 i primi satelliti del dio: la Vergine (dea-madre); Maria Magdalènè (Maddalena); Simone Pietro-Barjona-Cefa; i Boanerghès; i Dodici, i Sette.

 ecc.

Queste unità primordiali si sono combinate. Alcune sono quasi scomparse; altre si sono ampliate e circostanziate in seguito a contributi nuovi. Ne sono risultati teologumeni secondari che appariranno nei vangeli o in altri scritti. Questi sono: la strage degli Innocenti, la Fuga in Egitto, l'allargamento della famiglia (Giuseppe, i fratelli), il Battesimo di Gesù nel Giordano, l'Istituzione della Cena con acqua e pane (Giovanni), Gesù a dodici anni (precocità del dio), Gesù proclamato Cristo (riconoscimento del dio), rifiuto della famiglia (tema gnostico), Istituzione della Cena con il vino (Sinossi), Gesù battezzatore, poi non battezzatore, guaritore; l'Ingresso regale a Gerusalemme, il processo, la rapidità della morte, la predicazione agli Inferi.

Gli episodi riguardanti la Natività, gli ordini di silenzio, Getsemani, il colpo di lancia, la guardia della tomba, il primato di Pietro sono i più tardivi. Al contrario, gli elementi della prima categoria risalgono a un'epoca remotissima. Si trovano spesso i loro paralleli nelle religioni vicine. Rappresentano atteggiamenti simili dinanzi allo spettacolo della natura oppure imitazioni spontanee. [11]

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«Il paese natale del cristianesimo fu probabilmente l'Asia Minore, la Siria-Palestina; i primi gruppi di cristiani vi continuarono, semplicemente, senza soluzione di continuità, le sette giudaiche precristiane che avevano subito influenze ellenistiche o iraniche». [12

Nella preistoria cristiana, infatti, apparirono due divinità in relazione ai culti della fertilità, Ichthys e Iahoshua. La prima rappresenta essenzialmente un dio siriano dell'acqua simboleggiato dal Pesce, che ritroviamo nelle iscrizioni e nelle comunioni precristiane. Il nome Ichthys sopravvisse a lungo nella Chiesa primitiva, ma fu probabilmente soppiantato dalla qualifica di Chrêstos, attestata anch'essa sui monumenti e nei testi. [13]

La seconda, Iahoshua, «l'Acqua della Salvezza», è anche la divinità di un culto idrico. Essa fu associata di buon'ora, senza dubbio in Mesopotamia, all'adorazione del sole e della croce cosmica. Questo Iahoshua fu assimilato parzialmente al patriarca che prese il suo nome, Giosuè, e che gli diede la qualità di Christos (Unto, Messia).

La natura solare del dio appare negli epiteti di Giusto, Prototokos, Creatore, nella liturgia della Passione e della Resurrezione, nella celebrazione dei solstizi, degli equinozi e della domenica. 

Ichthys e Iêsous si fusero a causa delle rassomiglianze dei loro culti e dei loro titoli rispettivi, Chrêstos e Christos. Essi si confusero con il Buon Pastore, nato probabilmente dalla loro assimilazione con Ermes, a sua volta identificato con Simios e Asclepio. [14] Il Buon Pastore fu la rappresentazione più antica e più frequente del Cristo in forma umana. Gli dei-pastori non assicuravano soltanto la prosperità delle greggi, ma anche quella dei popoli; in Enoc «il Signore delle pecore» è Dio; 90:19, 28, ecc. [15]


Le prime raffigurazioni del dio lo integrano quindi nei culti della fertilità. «Gli adoratori di Dioniso», scrive John Allegro, «facevano precedere le loro processioni da un pene eretto, mentre quelli di Gesù simboleggiavano la loro fede mediante un pesce e una croce, ma tutti rappresentano essenzialmente il tema comune della fertilità e del potere creatore del dio». [16]

Babilonia fu il crogiolo in cui si riunirono le prime correnti. Secondo Jean Doresse, la gnosi vi raccolse «esegesi multiformi di un mito ereditato dai Sumeri: quello della discesa verso questo mondo [...] di una divinità salvifica che si immergeva nel profondo degli Inferi per portarvi la rivelazione delle fonti celesti grazie alle cui acque l'umanità poteva liberarsi dalla prigione carnale di quaggiù». [17]

Questo dio dall'alto, assimilato al sole, andava a stendersi nell'elemento liquido e ne risorgeva. Simulando la sua immersione, i precristiani pensavano di identificarsi con il loro dio e di acquisire, come lui, l'immortalità. Questo è il significato originario del rito mimetico che fu il battesimo; la nudità rituale sottolinea la sua appartenenza pagana. 

Al culto dell'acqua erano legati quelli del pesce e dell'albero, cari agli artisti delle Catacombe, e quello del sole. I suoi movimenti apparenti lo mettevano in relazione con gli assi cosmici determinando una croce. Emblema universale, essa simboleggiava il Salvatore in Egitto e nel Vicino Oriente. 

Sotto l'influenza dell'astrologia, il sole fu adorato sulla croce cosmica perfetta all'equinozio di primavera, quando l'astro trionfa sulle forze oscure e fredde dell'anno.

Tuttavia, egli era ritenuto morire e discendere nell'Ade, come suggeriva la sua rivoluzione diurna. Si venne dunque a farsi un'idea diversa della croce. Essa non fu più un simbolo di potenza, ma un patibolo celeste dove gli Arconti planetari immolavano «il Signore della gloria». Ecco perché le idee apparentemente contraddittorie di «potenza» e di «debolezza» relative alla croce si intrecciano nei testi, in particolare in Paolo.

Più tardi l'umanizzazione del dio fece discendere dal cielo la croce cosmica e ne ridusse le proporzioni. Essa divenne un patibolo terreno per un dio in forma umana o completamente umanizzato.

La «forma umana» non diede da subito al dio una personalità ben marcata. Egli si confuse con Ichthys, Orfeo, Apollo, Ermete Crioforo e con dèi guaritori come Esmun, Asclepio o Serapide. Il suo culto era ancora pagano nella maggior parte delle sette, ad eccezione di quelle che adoravano l'Agnello e il messia Iêsous.

La comunione si praticava con acqua, pesce, pane, spesso accompagnati da latte e miele. Il vino era escluso. Per diversi secoli, a Roma stessa, l'eucarestia della «Magna nox», la grande notte pasquale, prevedeva acqua, miele e latte versati nel calice al posto del vino. Il tema dell'«ultimo pasto», nel corso del quale Gesù istituisce la Cena, è un mito recente volto a giustificare un sacramento diverso.

Esso soppiantò la Cena di Giovanni 4:6-19, parallela all'eucarestia del vangelo dei Nazareni, di Marcione e di Taziano.

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Ma gli elementi pagani non avrebbero generato il cristianesimo se non fossero stati giudaizzati: la religione nascente sarebbe rimasta una forma di paganesimo.

La sua giudaizzazione proviene dagli ebrei della Diaspora. Vivendo in terra pagana, si erano evoluti verso il monoteismo meno dei loro fratelli di Giudea; leggevano la bibbia con gli occhi dei pagani. Corressero gli antichi miti sumero-babilonesi per mezzo di adattamenti scritturali e fusero la nozione del dio morto e risorto con quella del Servo sofferente.

L'evoluzione in questo senso fu fortemente favorita dall'influenza dei Misteri. Quello di Attis, il dio mutilato, fu preponderante. Fin dai tempi di Paolo alcuni credettero che il dio fissato allo stauros, — come l'effigie di Attis sul pino —, fosse morto versando il suo sangue. La nozione di croce cruenta contribuì non poco a propagare la credenza nella venuta di un uomo-dio realmente immolato sulla terra, e quella di una resurrezione materiale dei morti.

Malgrado le incertezze e le controversie, di cui percepiamo alcuni echi, un movimento di storicizzazione si profilò sotto l'influenza di una fede crescente. L'idea si affermò che, per assicurare agli uomini una resurrezione vera, il Cristo fosse vissuto, fosse morto e risorto «nella carne». Questo fu il punto di partenza per una pseudo-biografia che riunì i miti più diversi. Si scrissero così una miriade di vangeli, che la chiesa romana ridusse a quattro verso la fine del secondo secolo, senza impedire né modifiche ulteriori né la fioritura di numerosi apocrifi. Oramai i vangeli «canonici» furono le basi della sua tarda e presunta ortodossia. Essi garantirono retroattivamente le tradizioni che l'avevano istituita.

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Dei lettori poco familiari con le religioni antiche potrebbero avere difficoltà in merito alla nostra analisi della Passione. Direbbero, ad esempio: «Talvolta mostri il dio inghiottito nelle acque sotterranee, talvolta lo fai perire su un patibolo celeste. Vi è quindi contraddizione nella tua maniera di rappresentare la morte del dio precristiano».

In realtà, in processi così complessi, bisogna considerare ambienti e gradi di evoluzione diversi. Non si tratta della brusca apparizione di un dio precristiano unico. Infatti, sono divinità molteplici, spesso composite nella loro origine e non esenti da contraddizioni sul piano logico, che hanno finalmente generato il Gesù evangelico.

I due miti ai quali si è appena fatta allusione sono paralleli e la loro dualità è evidente. La morte battesimale si manifesta nella liturgia paolina, nelle Odi di Salomone, ecc.; si ritrova negli annegamenti del dio Api, dell'Ichtys siriano e in altri miti. L'agonia del Cristo sulla croce cosmica risulta dallo studio delle feste cristiane e dalla Crocifissione; i suoi momenti diversi sono legati alle posizioni del sole sugli assi cosmici: Ascendente, Meridiano celeste, Discendente, Sfondo del cielo, vale a dire ai quattro punti cardinali.

La pena che ha Gesù di morire alla sua «ora», il suo Viaggio agli Inferi, l'accumularsi degli eventi della Passione in meno di un giorno, la rapidità della sua morte, la resurrezione al mattino dipendono dalla rivoluzione diurna del sole.

L'inizio della sua predicazione «in primavera», la breve durata del suo ministero, la sua nascita a Natale e la sua crocifissione a Pasqua si spiegano con la rivoluzione annuale del sole. 

Il mito dell'Annegamento nell'Abisso sotterraneo e quello della crocifissione celeste erano probabilmente distinti in origine, ma poi si sono fusi. Quando il dio fu umanizzato completamente, si continuò a farlo viaggiare nell'Ade per portavi la buona parola; la sua resurrezione rimase fissata tre giorni dopo la sua crocifissione, in coincidenza con il sorgere del sole. 

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Gesù Cristo è il risultato di un sincretismo lunghissimo e complessissimo. Egli presenta come tutti i grandi dèi un aspetto polivalente. Osiride, ad esempio, fu Acqua, Nilo, Grano, Cedro, Luna e persino «anima di Ra». Era il padrone del cielo e degli inferi. Attis fu il grano e il pino sacro prima di diventare il Pastore. Mitra fu la Roccia, il cielo, il sole, un giustiziere, un re. Agni, dio del fuoco, fu anche il «figlio delle acque»; si identificava al sole e alle piante. Dioniso-Bacco fu edera, vite, vino, capra; umanizzato, divenne un bambino, un erudito, un conquistatore... Ecc.

Si evince da queste osservazioni che la Scuola che fa derivare il cristianesimo dalla divinizzazione di un uomo pone quella religione al di fuori del quadro comune alle altre religioni di salvezza. Ora non esiste alcuna ragione di ordine scientifico che costringa ad ammettere la singolarità della sua origine. I nostri più antichi testi fanno del Cristo non un uomo ma un dio preesistente e demiurgo; nei Vangeli egli è ancora un personaggio «sopraterreno» e di «dimensioni soprannaturali» (Augstein); la sua crocifissione è un vecchio mito solare di cui si smontano i meccanismi; la sua religione è un mistero di salvezza, tra molti altri. Il postulato dell'esistenza del Cristo non è solo nullo dal punto di vista esplicativo: è negativo in quanto trascura o contraddice gli elementi di una spiegazione razionale.

In realtà, la complessità dei grandi dèi riappare in Gesù Cristo. Agnello e Cavaliere nell'Apocalisse, egli è Sovrano sacrificatore nell'epistola agli Ebrei, Luce e Logos in Giovanni; Ignazio di Antiochia lo vede come un uomo e un astro; Efesini 19. Egli fu dio del cielo come Zeus o Mitra, del fuoco e dell'acqua a rassomiglianza di Agni; del sole e dell'acqua come Sobek, il Coccodrillo egiziano. Fu Pesce come Ichthys, Dagon, Oannes, Lathes, Visnù; Pastore come Apollo, Attis, Ermes o Mitra; guaritore come Asclepio o Serapide...

Alle sue diverse qualità corrispondono teologumeni e intrecci narrativi: «Non ci si può aspettare», dice in modo eccellente E.O. James, «di incontrare un pensiero logico e una precisione empirica, nel dominio della speculazione creativa dei miti e dell'efficacia rituale». [18]

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La Storicità si difende spesso per mezzo del concordismo e del simbolismo, come faceva il paganesimo al tempo dell'imperatore Giuliano. Il concordismo armonizza le credenze che si legavano a teologie primitivamente distinte, in particolare quelle dell'Acqua, del Sangue e della Croce. Il simbolismo interpreta le manifestazioni dell'antico dio della fertilità (Pesce, Agnello, Sole, ecc.) come metafore e allegorie.

Ma quella esegesi è smentita da tutto ciò che sappiamo sul polimorfismo degli dèi. Ora i primi cristiani non erano menti elevate, lungi da ciò; essi si reclutavano al più basso livello culturale [19] e condividevano le stesse abitudini mentali dei pagani. Così nulla prova che le loro rappresentazioni primitive del dio non abbiano generato la sua forma storica. Se avessero conosciuto un uomo eminente, a qualsiasi titolo questo fosse, non lo avrebbero affatto degradato facendo di lui un pesce o la bestia feroce che è l'agnello dell'Apocalisse. Non avrebbero avuto alcun motivo di confonderlo con Ermes, Orfeo o Apollo. La loro abbondante letteratura conserverebbe almeno alcuni tratti autenticamente umani.

D'altronde la legge del realismo mistico è implicita nei loro riti. Quando comunicavano con Ichthus non facevano nient'altro rispetto agli Egiziani e ai Siriani. Tutti credevano di assimilarsi alla divinità-pesce; ed essa non era affatto per loro una semplice figura retorica.

Allo stesso modo, quando la teologia cattolica insegna che il vino consacrato è il «sangue» del Signore, questo non è affatto un simbolo, un'immagine: è una realtà. Il concilio di Trento (sessione 22, canoni 1 e 2) proclama che la messa non è solo la commemorazione del sacrificio della croce, ma è anche un sacrificio reale: «Non solo il vero corpo di Gesù Cristo e tutto ciò che è proprio del corpo umano, come le ossa e i tendini, ma persino Gesù Cristo tutt'intero è racchiuso in questo sacramento». [20]

Il cristiano che crede nella «presenza reale» del Cristo negli elementi eucaristici conserva l'atteggiamento spirituale dell'Egiziano che beveva «il sangue di Osiride».


Insomma, il cristianesimo fa parte di quei culti orientali che, in vari momenti della Storia e sotto forme estremamente diverse, hanno invaso l'impero romano.

Ma esso è un paganesimo giudaizzato. La spessa sedimentazione ebraica che lo ricopre non riesce a mascherare la sua appartenenza alla linea delle religioni che gli tennero testa per secoli: stesso clima psicologico, miti analoghi, evoluzione simile delle credenze verso una forma storicizzata del dio. 

NOTE

[1] ALLEGRO, o.c., 30. Questo è ciò che pensa BURNOUF collocando al di là del Buddha, di Zoroastro, e dei Veda «una dottrina ariana primordiale»; o.c., 168 s. Per lui, «...Tutto si accorda a provare che la religione del Cristo non ci è venuta dai Semiti»; o.c., 237.

[2] GUTHRIE, Les Grecs et leurs dieux, 275; PLUTARCO, Numa, § 6.

[3] ERODOTO, Storie 8:65. — Da confrontare col mito di Guglielmo Tell, eroe nazionale immaginario.

[4] Riferimento in AUGSTEIN, o.c., 141, 369.

[5] Date che, secondo la maggior parte delle approssimazioni storiciste, separarono la morte di Gesù dai primi Vangeli.

[6] «L'immagine del cristianesimo giudeo-ellenistico è sfortunatamente ancora molto oscura e la sua esplorazione a malapena intrapresa. È certamente esistito un possente cristianesimo giudeo-ellenistico»; BULTMANN, L'histoire..., 371; id. CUMONT, Les religions orientales..., prefazione, 18.

[7] Malgrado lacune o differenze da testo a testo che non dobbiamo studiare qui ma di cui abbiamo visto l'essenziale.

[8] RENAN, L'Eglise chrétienne, Ediz. definitiva, volume 5, pag. 477.

[9] V. supra, IV° parte, capitolo 3, § 4.

[10] Teologumeno: «Una convinzione religiosa condivisa da tutto un gruppo»; MALET, Les évangiles de Noël, 46. Esso corrisponde sensibilmente all'unità mitica di SAINTYVES (elemento formativo dei miti). 

[11] I punti riassunti o sottolineati nella conclusione sono stati stabiliti nel corso dei nostri sviluppi; v. l'indice.

[12] HAINCHELIN, Les origines de la religion, 204.

[13] Nel periodo post-evangelico Ichthus fu sostituito dal suo equivalente latino Piscis, secondo la formula eucaristica: Piscis assus est Christus passus: «Il Pesce arrostito è il Cristo che ha sofferto».

[14] DHORME e DUSSAUD, o.c., 394-399.

[15] Il pastore (sumerico rig) corrisponde al re (latino rex); ALLEGRO, o.c. 28. — Ermes, dio degli armenti e in particolare degli ovini, fu il più popolare tra gli dèi greci; SECHAN e LEVEQUE, o.c., 274, 279.

[16] ALLEGRO, ibid., 31.

[17] DORESSE, Origines de la gnose, Hist. des relig., II, 408.

[18] JAMES, Mythes et rites dans le Proche-Orient ancien, 210.

[19] Rimprovero formulato dai pagani; CELSO, Discorso vero, § 37; traduzione ROUGIER, 70 s. — Cfr. 1 Corinzi 1:26-28; Atti 4:13.

[20] PRALARD, Le catéchisme du concile de Trente, 3° edizione, 260.   

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