domenica 16 ottobre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOLa Didachè

 (segue da qui)

La Didachè

La Didachè o Insegnamento dei Dodici Apostoli è un documento apocrifo, scritto in greco, che godette a lungo di una profonda venerazione. Atanasio lo cita ancora tra gli scritti «ordinati dai Padri per essere letti ai catecumeni...». (367)

Si data generalmente la Didachè dagli anni 100. Alcuni passi hanno potuto far credere che l'autore conoscesse i Vangeli, [20] ma il testo del Pater presunto in questo senso non è identico a quello di Matteo 6:9-13; e il frammento pubblicato nel 1884 ignora il sermone della montagna. Inoltre, questo sermone, notava Charles, si trova parzialmente in una raccolta anteriore al cristianesimo, I Testamenti dei Dodici Patriarchi. [21] Abbiamo a che fare con temi parenetici. Saranno sfruttati nei nostri Vangeli, ma appaiono nella Didachè solo a titolo eccezionale e in un contesto estremamente diverso.

In fondo, si tratta di uno scritto ebraico che fu cristianizzato [22] e poté trovare il suo epilogo negli anni 120. 

La Didachè, come il suo nome lo indica, è una raccolta di precetti destinati alle chiese. La sua attribuzione agli apostoli è fittizia: nemmeno uno è nominato.

I sedici capitoli di quella Istruzione si aprono con l'esame delle Due Vie, quella della vita e quella della morte; capitoli 1-6. I capitoli 7-10 trattano del battesimo, del digiuno e dell'eucarestia; 11-13 dell'accoglienza dei profeti; 14 della confessione; 15 dell'episcopato; 16 dell'escatologia (fine del mondo).

L'eucarestia è riservata ai battezzati. Si fa un ringraziamento sul calice, poi un altro quando si è «sazi»; è quindi associato a un pasto profano. Si rivolge a Dio per ringraziarlo dei suoi benefici, e rimane senza relazione con una comunione nella carne e nel sangue del Cristo. Non fa nemmeno allusione ad una commemorazione della sua morte; capitolo 9.

Ogni domenica ha luogo una frazione del pane che segue una confessione reciproca dei peccati e una riconciliazione generale. Non è un rito di comunione e si rivolge in offerta a Dio; capitolo 14. È quanto afferma a buon diritto Jean Réville: «Non vi è nell'eucarestia della Didachè nessun ricordo dell'istituzione da parte di Gesù, nessuna traccia di una commemorazione della morte di Gesù, nessuna allusione alla carne o al corpo e al sangue di Gesù. Ecco ancora una serie di constatazioni importantissime e che non sono soggette a discussione». [23]

A quella osservazione del critico protestante si deve aggiungere che in un'opera destinata all'«istruzione» non si trova la minima allusione alla vita del Cristo. La venuta di un messia simile a Davide vi è ancora attesa.

Si spiega pertanto perché la Didachè non sia stata ammessa nel canone e perché alla fine abbia finito per perdersi. [24] Ma resta la preziosa testimonianza di un cristianesimo arcaico, lontanissimo dai Vangeli. 

NOTE

[20] NAUTIN, La composition de la Didakhè, R.H.R., aprile-giugno 1959, pag. 201.

[21] DUPONT-SOMMER, Les écrits esséniens..., 313-318; PHILONENKO, Les interpolations chrétiennes..., passim.

[22] Per GIET, la Didachè è uno scritto ebraico cristianizzato sempre più, ed espanso successivamente coi capitoli 6-14 e 15-16; L'énigme de la Didakhè. — Quella cristianizzazione ignora ancora l'insegnamento, i miracoli, la morte e la Resurrezione, vale a dire l'essenziale.

[23] REVILLE, Les origines de l'eucharistie, 56.

[24] La Didachè fu ritrovata nel 1873 da BRYENNOS, il futuro patriarca di Costantinopoli, ed edita da lui nel 1883. 

Nessun commento: