venerdì 7 ottobre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOGiosuè — Gesù

 (segue da qui)

— II —

Giosuè — Gesù

Il nome Gesù contiene una radice Jes che designa un essere divino. La si trova in Dyaus, Zeus, Jup-piter, deus, e ancora in Giasone, Jasius, Jesnou (Visnù); infine in Iehovah, Iahvé e Iehoshua, Joshua, Jeshou, reso in francese da Josué. [58]

La Septuaginta traduce questa parola con Iêsous, da cui abbiamo ricavato Gesù; Giosuè e Gesù sono le stesse parole, l'una proveniente dalla trascrizione diretta dell'ebraico, l'altra dall'ebraico per intermediazione del greco e del latino.

Personaggio considerevole delle leggende ebraiche, Giosuè fu un prototipo del Messia cristiano. Il famoso guerriero dell'Esateuco ebbe, crediamo, una realtà storica, ma fu coinvolto in un mito. È costante, infatti, che esseri ed eventi storici siano mischiati al ciclo di un dio.

Avendo fatto uscire il suo popolo dal paese d'Egitto sotto la guida di Mosè, l'Eterno incaricò Giosuè di conquistare la «Terra promessa». Questo fu il segnale di combattimenti, di saccheggi, di scene di sterminio che la Bibbia descrive con compiacimento.

Il vantaggio che ne ricavò Israele fu una prodigiosa espansione territoriale e l'insediamento delle 12 tribù in una vasta regione; Giosuè 13:21. [59]

Giosuè era uno dei capi della tribù di Efraim, [60] quella dei figli di Giuseppe. [61] Si stabilì tra Gerico e il Giordano, a Ghilgal. [62] Questo fu un santuario importante e duraturo, dove si praticavano sacrifici umani; [63] Saul vi fu proclamato re; 1 Samuele 11:15.

Il figlio del Pesce (ebraico nun), Giosuè stesso, «detentore dello Spirito», fu intronizzato come capo d'Israele per ordine di Jahvé; Numeri 27:15-21. Si chiamava dapprima Osea, nome che significa «salvezza», ma Mosè, si dice, ne fece Giosué, vale a dire Javhé-salva, praticamente il Salvatore inviato da Dio; Numeri 13:8.

Questo nome sacro dava al suo possessore poteri divini. Jahvé vi fa allusione quando dice a Mosè:

«Ecco, io invio il mio Delegato davanti a te per custodirti sul cammino e per introdurti nel paese che ti ho preparato. Prendilo in considerazione e obbedisci alla sua voce. Non gli resistere, infatti egli non vi perdonerebbe la vostra ribellione perché il mio nome è in lui»; Esodo 23:20-23.

Il suo nome era «in lui» in virtù di un parallelismo: Giosuè conteneva nella sua persona lo Spirito di Dio nella stessa maniera in cui il suo nome contiene quello di Jahvé.

È vero che si è voluto vedere un angelo in questo Inviato (ebraico maléach). Ma la parola significa invio, delega e designa nella Bibbia tutti i tipi di esseri, umani o divini. La traduzione «il mio angelo» (Septuaginta) è imprecisa. Senza dubbio Giosuè era diventato, per la Presenza divina, un uomo soprannaturale, ma è sempre di lui che si tratta: disobbedirgli equivale a disobbedire a Jahvé; la sua missione è di condurre gli ebrei nella Terra promessa; in assenza di Mosè egli resta sotto la tenda del Convegno per attestare la permanenza dell'alleanza conclusa con il Signore degli eserciti; Esodo 33:11.

Altrettanto bene, egli è «Principe della Presenza» (divina) nella liturgia ebraica; e il Siracide, intorno al 190 A.E.C., indica nel testo ebraico che il nome di Giosuè fu formato per recare «una grande salvezza ai suoi eletti»; 46:1.

Giosuè fu dunque un personaggio semidivino, il cui nome era sacro e che possedeva lo Spirito.

I suoi poteri si rivelano da altri tratti: ripristina la circoncisione, [64] chiamata nel Talmud di Babilonia «rito di Giosuè-il-Figlio»; fa attraversare agli ebrei il Giordano asciutto, [65] fa crollare le mura di Gerico al solo suono delle trombe, [66] interrompe il corso del sole e della luna:

«Sole, fèrmati in Gàbaon

e tu, luna, sulla valle di Aialon. 

E il sole si arrestò, e la luna restò immobile...»  [67]

Ecco dunque un Eroe le cui imprese meravigliose ricordano quelle di Eracle o di Dioniso-Bacchico!

Si arriverà a considerarlo preesistente: 

«Prima che il sole e gli astri fossero creati, prima della creazione delle stelle del cielo, il suo nome fu chiamato innanzi al Signore degli Spiriti». [68] Questo nome è applicato da Enoc al Figlio dell'Uomo e rimane segreto. Ma Isaia, a cui si ispira in vari passaggi, [69] solleva un angolo del velo: 

«Io, Jahvé, ti ho chiamato per la giustizia;

e ti ho preso per mano; ti ho formato,

io ti ho stabilito come alleanza del popolo

e luce delle nazioni...»; Isaia 42:6.

«Ora il Signore parla

Lui che mi ha formato dalla mia nascita per essere suo Servo,

per ricondurre a lui Giacobbe

e Israele ancora disperso...»; Isaia 49:5.

In questo servo che Jahvé «forma» dandogli il proprio nome, è Giosuè che traspare; è lui che rinnova l'Alleanza e distribuisce i territori tra le tribù.


Infine, Giosuè fu probabilmente assimilato all'Agnello pasquale, divinizzato e umanizzato secondo la concezione dell'Apocalisse.

Egli comincia in effetti la sua carriera il 10 di Nizan, data nella quale si sceglievano gli agnelli per il sacrificio, e la termina al momento della festa di Pasqua. [70] Se fu messo in croce, come pensa Dujardin, la proclamazione di Paolo «il nostro Agnello pasquale, Cristo, è stato immolato», conserva una risonanza stranamente ebraica.

Non c'è dubbio, d'altronde, che ci si sia rappresentato, in qualche momento, Giosuè sull'arbor infelix. [71] Senza dubbio egli combatte gli Amaleciti sotto il segno di potenza che forma Mosè tenendo le braccia alzate, ma uno scritto essenzialmente ebraico, gli Oracoli sibillini, annunciano:

«Qualcuno ridiscenderà dal cielo, un uomo eminente, che stese le sue braccia sul legno fecondo, il migliore degli Ebrei, colui che un tempo arrestò il sole»

Chi non riconosce Giosuè in questo Crocifisso? L'antico patriarca fu dunque associato ad un culto che gli sopravvisse e prefigurò il cristianesimo. [72]


Il prestigio di Giosuè si accrebbe quando passò per il Messia. Questo fu dopo la Cattività, quando si parlò di ricostruire la casa del Signore e di trasformarla in un palazzo reale. Per costruire un edificio degno della Presenza, occorreva un architetto eminente. Il Signore lo designò a Zaccaria, dicendogli:

«Rècati oggi stesso in casa di Giosia..., tu prenderai dell'argento e dell'oro e ne farai una corona, le porrai sul capo di Giosuè figlio del Sommo sacerdote Iozedàk, e tu gli parlerai in questi termini: 

Così ha detto il Signore degli eserciti: Ecco un uomo il cui nome è Germoglio: egli spunterà da sé e ricostruirà il tempio del Signore... Ed è lui che porterà le insegne della maestà regale; ed egli sarà assiso da dominatore sul suo trono, ed egli sarà sacerdote sul suo trono»; Zaccaria 6:9-13.

Quella doppia investitura era una rivoluzione. Secondo la costituzione teocratica, in effetti, la regalità poteva appartenere solo a un discendente di Davide, della tribù di Giuda, e il sacerdozio a un discendente di Levi, della tribù di Aronne. Osia, per aver violato quella legge, era stato colpito dalla lebbra e deposto. Ora Giosué ricevette entrambe le corone. [73]

In più, egli fu onorato col nome di «Germoglio», titolo messianico che designava un re davidico, che avrebbe regnato nella magnificenza e nella giustizia. [74] Un Giosuè nuovo, ma confuso con l'antico patriarca, [75] riceveva l'investitura suprema per un ordine del Signore!

La nuova promozione di Giosuè comportò conseguenze importanti. Era primitivamente della tribù di Efraim, vale a dire di Giuseppe; ma quando ebbe ricevuto il titolo di Germoglio e le sue attribuzioni messianiche, cadde più spesso sotto l'influenza di una tradizione che faceva uscire l'Unto dalla tribù di Giuda-Davide. Da qui un conflitto [76] che si ritrova nella letteratura cristiana: i Vangeli trattengono la filiazione davidica, l'epistola di Barnaba quella di Giuseppe.

Un altro risultato fu la diffusione del nome Giosuè (Iêsous nella Septuaginta). Infatti, dopo la distruzione del tempio nel 70, l'antico racconto della costruzione del palazzo (hécal) del Signore da parte del figlio di Iozedàk doveva ossessionare ogni anima un po' ebraica. Si cominciò dunque a sperare nel Ritorno del messia Giosuè, detto altrimenti del messia Gesù. È allora, senza dubbio, che il nome «Gesù» si introdusse nei manoscritti che l'ignoravano. Tuttavia, esso restò estraneo alle Odi di Salomone, al Pastore di Ermas [77] e forse agli gnostici fino a Satornilo, al tempo di Traiano (98-117). [78]

Infine, il nome Iêsous ha dovuto essere diffuso da gruppi esseni. Secondo antiche testimonianze del Talmud, non contaminate dal cristianesimo, un certo Ieschu, dissidente dell'ortodossia ebraica, fu lapidato, poi crocifisso, alla vigilia di Pasqua per ordine di Ircano II (intorno al 65 A.E.C.). E questo Ieschu non sarebbe altro, secondo André Ragot, che il Maestro di giustizia esseno.

Quella tesi dà nuovo vigore all'opinione di J.-M. Robertson che ritenne che il movimento cristiano venisse in parte da questo Gesù condannato sotto gli ultimi Asmonei. [79]


CONCLUSIONE

Un culto eterodosso di Giosuè è sopravvissuto nella Diaspora e, come un fuoco mal spento, ha manifestato risorgenze. Il personaggio, infatti, si situa ai confini tra il reale e il meraviglioso. Il nome del Signore era in lui; egli possedeva lo Spirito; taumaturgo, domava gli elementi, comandava gli astri. Si credeva confusamente che fosse intervenuto in momenti cruciali per far entrare gli ebrei nella terra promessa e per ricostruire il Tempio. Accumulava le funzioni di re e di Sommo sacerdote; il suo titolo di Germoglio lo designava come il messia dei profeti; egli era l'Unto, Christos. Non gli restava che diventare Iêsous-Christos o, se non lo era già oltre che nel suo nome, non gli restava che arricchire la fisionomia del dio cristiano.

Ecco cosa ha avuto luogo. Secondo Luca 24:21 si sperava che Gesù avrebbe liberato Israele dal giogo romano. Egli è «re» per Matteo 2:2, 21:5 e per Giovanni 1:49; Atti 5:31 vedono in lui un capo e un salvatore. Il suo ingresso a Gerusalemme è direttamente attinto da Zaccaria 14:4; Matteo 21:4 lo indica espressamente. È quindi sempre l'antico guerriero che continua ad ossessionare le menti. [80]

Il suo nome resta sacro. In Filippesi 2:9 esso è al di sopra di tutti gli altri; Matteo 1:21 crede che il figlio divino debba chiamarsi «Gesù» perché salverà il popolo dai suoi peccati; per Ermas, «il nome del Figlio di Dio è grande, infinito e sostiene il mondo intero»; Sim. 9:14.

Quando Gesù passò per guaritore, il suo nome servì ad esorcizzare i demoni e a guarire le malattie; Matteo 7:32; Marco 9:38, 16:17; Atti 2:6, ecc. Il papiro magico di Wessley riporta ancora al tempo degli ebrei l'efficacia della parola: «Io ti scongiuro nel nome del dio degli Ebrei, Gesù». [81] Da quello che la Storicità chiama il «ministero» del Signore, estranei al gruppo dei discepoli scacciavano i demoni nel nome di Gesù; Marco 9:38.

Queste diverse testimonianze provano la diffusione e il pre-cristianesimo del culto di Giosuè.


Tuttavia, le rappresentazioni di Jehoshua si erano evolute. Una mistica che si appoggiava su testi fondamentali, [82] poi sviluppata in scritti successivi, [83] modificò i tratti del Messia, egli fu assimilato al servo sofferente di Isaia. L'eroe nazionalista non trionfò più se non sulle forze del male e divenne universalista. Si riscontra quella evoluzione in Paolo, che dice di non voler più conoscere il Cristo «secondo la carne», vale a dire secondo gli interessi terreni; 2 Corinzi 5:16. [84]

Se si pensa che il contesto dell'ortodossia ebraica rendesse dubbio l'orientamento delle credenze verso quel tipo di secondo dio, bisognerebbe ricordarsi che ciò si è verificato a contatto col paganesimo. Esso porterà peraltro ad un divorzio tra ebrei e cristiani.


***

In origine, la parola Ia-u-schu-a, «l'Acqua-che-salva», designava un dio salvatore autonomo. Quella nozione ancestrale sopravvisse tra gli gnostici, che rifiutarono a Gesù una nascita umana e l'opposero allo Jahvé delle Scritture. La si ritrova negli Atti di Giovanni, apocrifo cristiano del secondo secolo, che invoca Gesù come Dio e «unico Signore»; § 107-112.  Il Quarto Vangelo comincia dichiarando che il Logos è un Dio; 1,1 b. In Tito 2:13, il «grande DIo» (mégalou Théou) non è Jahvé ma il nostro «Salvatore» Gesù Cristo. [85]

In ragione stessa della sua autorità, e secondo il parallelo che si riscontra tra i pagani, [86] il nome «Iauschua» fu portato da vari personaggi, tra cui il Giosuè dell'Esateuco e il figlio di Iozedàk intronizzato come «Germoglio». Ne risultò che l'antica divinità popolare prese un carattere nazionalista, confondendosi più o meno con i patriarchi ebrei dallo stesso appellativo.

Al contrario, nelle regioni sottratte all'influenza iahvista, Iêsous restò un salvatore universalista che assimilò Ichthus Chrêstos. L'iscrizione marcionita di Lebaba, in Siria, chiama Gesù «Iêsous-Chrêstos»; egli non è ancora giudaizzato.

Le due concezioni opposte di Iêsous, — Maschiah e Christos da una parte, — Ichthus e Chrêstos dall'altra, — si sono intrecciate. L'amalgama evangelico le ha confuse e presentate sotto forme contraddittorie. A volte Gesù, alla maniera di Giosuè, è introdotto nella lotta di Israele contro Roma, egli si scaglia contro i Goim, è proclamato figlio di Davide, re; entra nella gloria a Gerusalemme, si crede che libererà la Giudea dal giogo dell'occupante. A volte rende a Cesare «ciò che appartiene a Cesare», attacca i farisei, tratta da «Diavolo» il Dio degli ebrei, si presenta come il Figlio dell'uomo, viene a salvare l'umanità intera. 

Da qui la complessità del dio Gesù. La Storicità non rende conto delle sue antinomie. [87]


NOTE

[58] Secondo la più antica lingua conosciuta, il sumero, più fonemi segnano la fertilità e la potenza: ia = linfa, acqua forte; u, creare, copulare, tempesta, vegetazione. «Gesù» viene da Iaushua = Dio salva; cfr. in greco iason, guaritore; iatros, medico, iaomaï, guarire; v. ALLEGRO, o.c., 46, 62. — La radice di - esprime la luce e l'abbondanza; div = brillare in sanscrito; da cui déva dio in vedico; lat. dies, giorno; dives, ricco; divitiae, ricchezze; divinus, divino e indovino. 

[59] Dal punto di vista storico, diverso dalla leggenda, v. NOTH, Histoire d'Israël, 64-120.

[60] Numeri 13:3, 4, 9.

[61] Genesi 41:52; 48:1, Giosuè 16:1; Deuteronomio 13:17.

[62] Giosuè 10:43.

[63] Osea 4:15; 9:15; Amos 4:4; 5:5.

[64] Giosuè 5:2.

[65] Giosuè 3:5-17.

[66] Giosuè 6.

[67] Giosuè 10:12 b-13.

[68] Enoc 48:3. Le parole di Enoc non contengono interpolazioni cristiane perché i temi essenziali dei Vangeli ne sono assenti, in particolare i suoi miracoli, la sua Passione e la sua Resurrezione: ALFARIC, Origines sociales..., 102-104. — LAPERROUSAZ, L'attente du Messie..., 226-229.

[69] ALFARIC, ibid.; CHEVALLIER, L'Esprit et le Messie, 22 s.

[70] DREWS, Le mythe de Jésus, 45.

[71] L'albero del dolore, lo stauros, la croce.

[72] Sul carattere mitico dei patriarchi, v. RAGOT, L'autre bible, C.R. 134, pag. 86-89.

[73] Secondo certe traduzioni Giosué avrebbe ricevuto solo una corona. Ma egli doveva accumulare le due funzioni succedendo a suo padre; il testo ebraico menziona «le corone». In ogni modo «la sorte [di Jahvé] è legata all'investitura di Giosuè»; HALEVY, Recherches bibliques, volume 5, 41.

[74] Isaia 4:2; Geremia 23:5; 33:15; cfr. Michea 5:1.

[75] La credenza volgare confonde volentieri i personaggi diversi secondo una vaga consonanza; a maggior ragione se i nomi sono identici. È certo che il figlio di Iozedàk abbia contribuito a formare l'immagine del Cristo: il suo titolo di Germoglio è reso con Sol levante nel testo greco, Zaccaria 3:8. Ora Luca riprende l'espressione per applicarlo al Cristo; 1:78.

[76] Una rivalità opponeva le tribù di Efraim e di Giuda; Isaia 7:17; 11:13.

[77] Ermas l'omette probabilmente perché era sacro; Sim. 9:14. 

[78] DORESSE, Les livres secrets..., 67, nota 6.

[79] RAGOT, Autour du maître de justice, C.R. 43, 1964, pag. 13 s.

[80] Sull'ingresso a Gerusalemme, v. ALFARIC, Pour comprendre la vie de Jésus, 122-124.

[81] DREWS, o.c., 59-61.

[82] 2 Samuele 7:14; Esodo 23:20-23; Isaia 9 e 11; Salmo 2; v. CHEVALLIER, o.c., 1° parte.

[83] Enoc 48:1-4, 9; 49:3; Salmi di Salomone 5:42; Siracide 47:11; 4 Esdra 13:4-13, 27:40; Apocalisse di Baruc 72-74; v. CHEVALLIER, ibid.

[84] ALFARIC, Le Jésus de Paul, R.H.R. 1927, n° 2-3, pag. 258.

[85] Traduzione della Bible de Jérusalem, volume 3, pag. 3749; commentario diverso.

[86] I pagani portavano volentieri il nome dei loro dèi; Attis, Osiride, Dioniso, ecc. I cristiani hanno ricavato i nomi e i cognomi dei santi e dei personaggi divini: Michele, Gabriele, Maria, Dieuaide, Méredieu, Gesù, ecc.

[87] Robertson che, su certi punti, ha sostenuto una tesi parallela a quella che noi esponiamo in questo capitolo, è criticato da GUIGNEBERT, Le problème..., 185, nota 37: «Nel passo di Zaccaria invocato da Robertson, assolutamente nulla mostra, nel grande sacerdote Giosuè, un dio, nemmeno decaduto (Zaccaria 3)». — L'osservazione è giusta; ma questo Giosuè ha popolarizzato il nome di un'antica deità e ha preparato la via al dio a venire. 

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