domenica 9 ottobre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOChristos e Iesous

 (segue da qui)

 II 

Christos e Iesous

La fusione di Iesous con Christos si realizzò solo lentamente. Esistevano partigiani dell'uno e dell'altro. Tracce di polemica tra le due sette sono manifeste: «Queste cose sono state scritte affinché crediate che Gesù è il Cristo...»; Giovanni 20:31. «Chi è menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo?»; 1 Giovanni 2:22.

Molti passi degli Atti provano che l'assimilazione del Cristo a Gesù non era accettata ovunque. Essa costituì in effetti lo scopo delle missioni di Paolo e di Apollo: Atti 9:20, 22; 17:2-3; 18:5, 24-28. Allo stesso scopo tende la confessione di Pietro (Matteo 16:16-19, Luca 9:20) e quella di Marta a Betania; Giovanni 11:27.

Quindi due deità di origine e denominazione distinte hanno finito per confondersi nell'espressione Iêsous-Christos.


LA VENUTA DEL MESSIA

Dopo la deposizione di Archelao (6 E.C.) gli ebrei vissero direttamente sotto l'occupazione romana. Da allora una febbre si impadronì dei cuori: quando dunque il Messia sarebbe venuto per cacciare i Romani e ristabilire la grandezza di Israele? 

Gli ortodossi pensavano che sarebbe sorto in quella Fine dei tempi (Eskaton), che si avvicinava il Giorno dell'ira e del Giudizio; i precristiani credevano che il Messia sarebbe apparso sulle nubi, avrebbe separato i buoni dai malvagi e avrebbe fatto regnare la giustizia. Per tutti, la Parusia era imminente.

Ma una differenza essenziale distingueva la credenza degli ebrei da quella dei precristiani; per questi ultimi l'apparizione di Gesù sarebbe stata similmente una manifestazione di potenza, ma egli si era già manifestato «in debolezza». Come spiegare dunque la convinzione che il Salvatore fosse già venuto?

Una prima ragione è che l'ebraico non fa una distinzione netta tra il passato, il presente e il futuro. Leggendo cosiddetti testi profetici, i lettori dovevano situare i fatti in un passato recente. [92]

Un altro motivo fu l'interpretazione della dichiarazione di Giacobbe secondo la Genesi 49:10:

«Lo scettro non si allontanerà da Giuda, 

né il bastone del comandante di fra i suoi piedi, 

finché non arriva ciò che è di lui (schélo) [93]

a cui ubbidiranno i popoli».

La Septuaginta non comprese le parole sché lo: le tradusse come: «...finché non arriva colui a cui ciò è riservato». Annunciava così l'arrivo di un personaggio eminente: Shelo o Shilo fu l'Inviato misterioso che doveva restaurare la potenza di Israele, e si credette che la regalità non sarebbe cessata in Giuda prima della sua venuta. Essendo la regalità scomparsa nell'anno 6, con Archelao, si pensò che Schilo si fosse manifestato in quell'anno o giù di lì. [94]

Dal suo canto Isaia 9:15 poteva indicare che il Messia fosse già venuto: «Un bambino ci è nato, un Figlio ci è stato dato; il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Ammirabile, Consigliere, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace».

Infine, i nomi Christos e Iesous, nel corroborarsi con la loro unione, accreditarono la storicità del personaggio che li riuniva. Essi designavano in effetti due deità aventi una lunga esistenza cultuale. L'una, primitivamente Chrêstos, qualificava probabilmente Ichthus, il dio delle acque. Sotto l'appellativo nuovo di Christos, incarnava il Messia. L'altra, Iêsous, dio dell'acqua e del sole sotto la sua forma iniziale, traeva la sua realtà dal culto di Giosuè e dalle leggende riguardanti gli eroi biblici.

In questo modo si impose la certezza che il dio si era manifestato: «Dio ha preso un corpo e, mangiando con gli uomini, ha salvato gli uomini». [95] Il compito più arduo fu senza dubbio descrivere le sue modalità di esistenza.

NOTE

[92] ALFARIC, Origines sociales..., 79.

[93] Vale a dire: ciò che gli era riservato.

[94] L'oracolo di Giacobbe era così popolare che Giuseppe lo utilizzò in favore di Vespasiano; ALFARIC, ibid., 79-80; TACITO, Hist. 5:13.

[95] Testamenti dei Dodici Patriarchi, Sim. 6:5-7. . L'adozione da parte di Dio fece di lui un secondo dio che era vissuto sin dalle origini del mondo; cfr. Salmo 2:7 ed Ebrei, capitolo 1. 

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