venerdì 9 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOTestimonianze del culto delle acque tra i precristiani

 (segue da qui)

 II

Testimonianze del culto delle acque tra i precristiani

Il culto dell'acqua e del pesce si riscontra allo stato di tracce sia in un apocrifo come le Odi di Salomone, sia negli scritti canonici.

a) Nelle Odi si è vista con ragione «la forma arcaica della religione cristiana» e «l'opera dei cristiani che vissero in Siria». [37] Composti, secondo vari autori, verso la fine del I° secolo o all'inizio del secondo, i 41 inni della raccolta [38] ignorano i nomi di Gesù, di Maria, degli apostoli, di Pilato; non parlano del dramma del Calvario e neppure della Redenzione.

Ma apprendiamo che il Figlio dell'Altissimo «fu designato prima della fondazione del mondo» (ode 41), che è Logos, Luce e che ha dei nemici. Questi reprobi tentano di farlo uccidere, ma invano: egli respinge le acque che minacciano di inghiottirlo. L'ode 28 proclama: 

Mi hanno accerchiato come cani rabbiosi gli insensati che attaccano il Signore... Io, nella mia destra, trattenni le acque... Io non perii affatto perché non ero loro fratello; la mia nascita non era la loro. Essi cercarono la mia perdita ma non ci riuscirono... Invano i miei persecutori si avventarono su di me, invano si sforzarono di cancellare la memoria di colui che esisteva prima di loro».  

L'ode 42 fa eco alla precedente:

«Io non perisco malgrado la loro condanna».

I nemici non sono né i farisei né i Romani, completamente ignorati dal testo. Il cantore li ricava dal Salmo 69, che presenta il tema classico dei nemici di Israele.

Il dio non muore, perché è estraneo all'umanità malgrado la sua forma umana. Il ritiro delle acque non compare nei vangeli, ma lo si ritrova in due inni di Efrem e in altri scritti. [39]

In un'epoca lontana è probabile che il sostituto che incarnava il dio morisse annegato come Api, per poi rinascere sotto la forma di un altro rappresentante. Da qui la proclamazione nell'ode 42: «Io sono risorto!». Ciò che importa al credente, in effetti, è la resurrezione del dio; legando il suo destino al proprio per mezzo dei riti appropriati, egli è sicuro della sua salvezza: «Dal momento che io amo il Figlio, io diventerò Figlio. Chi aderisce a colui che non muore sarà immortale anche lui»; ode 3.

Così gridava l'adepto dei Misteri: «Coraggio, misti! Poiché il dio è salvato, anche per noi dopo le pene verrà la salvezza». [40]


b) Il tipo di morte rivelato dalle Odi di Salomone spiega le formule conservate nella letteratura paolina. Si trova in Romani 6:3-5: 

«Ignorate forse che, battezzati in Cristo Gesù, è nella sua morte che noi siamo stati battezzati? Infatti siamo stati sepolti con lui mediante il battesimo allo scopo di conseguire la morte (eïs ton thanaton), affinché, come Cristo è resuscitato dai morti per la gloria del Padre, così anche noi vivessimo di una vita nuova. Perché se siamo stati uniti a lui per una morte simile alla sua, saremo anche uniti per una risurrezione simile».

Hubert Pernot traduce:

«Ignorate dunque che, noi tutti che siamo stati immersi in Cristo Gesù, noi lo siamo stati [...] fin nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti, anche noi, per il fatto della sua immersione nella morte...».

Pernot sottolinea a questo proposito, e molto giustamente, che l'introduzione dei termini battesimo e battezzare «ha oscurato il significato di passi come questo»: Fin nella sua morte vuol dire «interamente, compresa la sua morte»; l'espressione eïs ton thanaton significa: «l'ingresso nella tomba». [41]

È quindi chiaro che la morte simile alla sua data tramite immersione corrisponde a quella del Cristo nelle acque. Come ha osservato G. Ory, «l'idea è proprio quella di una morte del Cristo al momento del battesimo, e non si spiega in alcun modo con la crocifissione». [42]

Per S. Reinach il battesimo è il simulacro di un annegamento. [43] — Senza dubbio; ma chi moriva alle origini mistiche, se non il dio? Secondo Stähl, il rito definito in Romani 6:3-5 legava la sorte del fedele a quella del dio morto e risorto, come nei misteri greci. [44] Briem ha notato parallelamente questa relazione a proposito del battesimo cruento di Attis: «È», dice, «un pensiero analogo che esprime San Paolo allorché dice (Colossesi 2:12) dei cristiani che, essendo stati sepolti con Cristo con il battesimo, sono anche resuscitati con lui nel battesimo». [45]

Leggiamo in effetti in Colossesi 2:11-12:  

«È in lui [il Cristo] che voi siete stati circoncisi di una circoncisione che la mano non ha fatto, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo di carne. Sepolti con lui nel battesimo, è in lui anche che voi siete risorti per la fede in Dio che lo ha risorto dai morti».

Anche qui il credente è sepolto con il Cristo nel battesimo. Dunque il Cristo è perito, anche lui, nelle acque battesimali. È proprio l'identità dei morti che procura la resurrezione a immagine di quella del Salvatore. Immergendosi nella corrente di acqua fredda, il fedele crede di identificarsi con Cristo al contempo nella sua morte e per un'eternità di vita.

Quella credenza ricorre ancora molto nettamente da Galati 3:27:

«Perché voi tutti che siete stati immersi in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo». [46]

Paolo impiega il linguaggio dei Misteri. L'acqua di cui ci «si riveste» è la sostanza divina che metamorfizza il miste associandolo alla divinità. «Essere immersi in Cristo», «Rivestirsi di Cristo» sono espressioni altrimenti forti rispetto a quelle che convengono per una semplice lustrazione. Si avvicinano ad altre formule paoline, essere «in Cristo», «nel Signore», «portare il Cristo in sé».

Risulta da queste osservazioni che essere «immersi in Cristo» equivale ad essere immersi nell'acqua. Il Cristo, sotto uno dei suoi aspetti originali, è il principio dell'acqua viva e sacramentale; egli è il dio delle acque.

Il rito battesimale precristiano corrisponde al taurobolo. Il miste che riceve il sangue di Attis è detto «moriturus», che è in procinto di morire; la fossa dove riceve la doccia è chiamata «tomba». Non si tratta di parole, di metafore, ma di realtà mistiche. Allo stesso modo, gli adepti dei culti totemici si travestivano al fine di identificarsi con le loro divinità e imitavano gli atteggiamenti dei loro dèi animali. 

Il rito così frequente dell'assimilazione si riscontra ancora nella cerimonia destinata a resuscitare i morti; Colossesi 15:29. A suo proposito Voltaire si esprime così: «Sant’Epifanio e San Crisostomo c’informano che, in alcune comunità cristiane, soprattutto tra i marcioniti, si metteva un vivo sotto il letto di un morto; gli veniva chiesto se volesse essere battezzato; il vivo rispondeva di sì; allora si prendeva il morto e lo si immergeva in una vasca». [47]

È da notare che questo uso era comune prima di Paolo; si pensava che il battesimo assicurasse la resurrezione assimilando il defunto al Cristo risorto dalle acque mortifere. [48

c) Il Pastore di Erma (140 circa) menziona solo il sacramento del battesimo, ma gli attribuisce un'importanza sovrana. La Visione 3:3 insegna che la Chiesa è costruita «sull'acqua»: «La vostra vita», dice Erma, «è stata salvata e sarà salvata dall'acqua». E nella Parabola 9:16: «Fintanto che l'uomo non porta il nome del Figlio di Dio, egli è morto; ma quando riceve il sigillo, egli si spoglia della morte e riceve la vita. Ora il sigillo è l'acqua. Si discende morti nell'acqua e se ne esce vivi». [49] Erma ignora l'efficacia del Calvario e continua le Odi di Salomone.

Per Giovanni 3:5-7 «Se un uomo non nasce da Acqua e da Spirito, non può entrare nel Regno di Dio»: il credente muore misticamente nelle acque che gli conferiscono una nuova esistenza.

Certe sette antiche praticavano il culto dell'acqua. Il Ginza menziona gli Yezidi, che adoravano l'acqua e il fuoco invocando Gesù; i Mnumei, che bevevano l'elemento battesimale. [50] I discepoli di Basilide e di Cerinto pensavano che il Cristo si sia manifestato nell'acqua; secondo Epifanio, gli Elcasaiti adoravano questo liquido «come una divinità». [51] La setta da cui è venuto il Romanzo clementino non conosceva la Redenzione, ma solo il bagno; insegna che il Cristo fu «tratto dall'acqua»; [52] 4 Esdra mostra il Messia che emerge dal mare.

Tutti questi gruppi hanno per origine vecchi culti dell'acqua oppure hanno subito la loro influenza. L'uomo-pesce della mitologia assira partecipa alla fertilità ed si associa alla dea che regge il vaso «dalle acque zampillanti».

Un rito pagano si è a lungo mantenuto nel sacramento cristiano: la nudità rituale. I primi cristiani si immergevano completamente nudi nelle acque battesimali, uomini e donne insieme. Si tratta di un costume antichissimo: il fedele doveva essere nudo per affrontare la divinità. Numerose raffigurazioni risalenti all'epoca più remota dei Sumeri ci mostrano sacerdoti nudi intenti ad officiare. [53]

d) I Vangeli hanno conservato le vestigia dell'antico culto idrico. Il Signore comincia la sua carriera a Cafarnao, che è una sorgente, [54] e la termina a Emmaus, celebre per le sue fontane. Una guariva uomini e animali. Quella virtù proveniva, si credeva, dal fatto che Gesù vi si era lavato i piedi. [55] Egli svolge probabilmente il ruolo del demone primitivo della sorgente.

L'uomo con la brocca, che permette ai discepoli di scoprire una sala di riunione (Marco 14:13; Luca 23:10), mette la loro Pasqua in relazione con l'acqua. Egli ricorda il «profeta» che, nelle processioni di Iside, portava una brocca sul suo petto e precedeva i portatori di pane. [56]

Il bagno dei piedi raccontato da Giovanni 13:4-11 non può spiegarsi come una lezione di umiltà data agli apostoli: quella messa in scena sarebbe un procedimento didattico fuori dal comune. Si tratta di un rito di salvezza, secondo la risposta di Gesù a Pietro: «Se io non ti lavo, tu non hai parte con me [nel Regno]».

Il carattere mortifero del battesimo è segnalato da un'importante osservazione di G. Ory: [57] «Nelle due sole parole di Gesù che contengono il verbo baptisthénaï (Marco 10:38b; Luca 12:50) l'espressione essere battezzati significa morire». 

Abbiamo a che fare, in effetti, con dei passi che si riferiscono ad un mito antico in cui il dio muore nell'acqua. È consuetudine prestare a esseri fittizi parole che ci permettono di ritrovare il significato reale dei miti e dei riti che si rapportano a loro.

Ora Luca 12:49-50 presenta così il pensiero del Cristo: «Io sono venuto a gettare un fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso! Vi è un battesimo di cui devo essere battezzato; e quale è la mia angoscia finché non sia compiuto!».

Nella pericope parallela di Marco il Signore dice ai suoi discepoli: «...Potete bere il calice che io devo bere e ricevere il battesimo di cui devo essere battezzato? — Noi lo possiamo, dissero. — E Gesù disse loro: Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo con cui io devo essere battezzato anche voi lo riceverete». Matteo 20:22-23 presenta un passo analogo.

L'esegesi classica fa del calice il simbolo delle sofferenze di Gesù, appellandosi a Marco 14:36, e del battesimo la figura della Crocifissione. Ma vi è un «battesimo» e per nulla «crocifissione». E soprattutto il Cristo si esprimerebbe in maniera molto strana se presentasse la Crocifissione redentrice come se si trattasse di una lustrazione banale degli ebrei!

I suoi discepoli non si sbagliano: pensano al battesimo, poiché rispondono «Noi lo possiamo»; anche Gesù annunciando: «Il battesimo con cui io devo essere battezzato, anche voi lo riceverete». Non era questione, evidentemente, di farli perire sulla croce, ma di raccomandare loro l'immersione dove il mito primitivo lo faceva perire.

La pericope di Luca 12:49-50 non sembra meglio compresa. I traduttori lasciano intendere che il Salvatore avesse l'intenzione di «dar fuoco alla terra». Ma perché? Non lo dice. Perché questo fuoco è in relazione al battesimo citato congiuntamente? Perché questo battesimo provocherebbe ansia a Gesù se non fosse l'attesa della morte? [58

Tutto si spiega se ai pensa alla dualità del Cristo, nel contempo dio del cielo e delle acque come Anu, Varuna o Hadad. In qualità di dio celeste, egli fa discendere il fuoco, principio divino, generatore di immortalità. [59] La fiamma feconda l'acqua battesimale come il fulmine scatena la pioggia delle tempeste. In qualità di divinità delle acque, il Cristo deve perire in un annegamento sacro al solo fine di risorgere. I due atti sono legati; le dichiarazioni che Luca presta a Gesù corrispondono esattamente ai riti della discesa del fuoco e dell'immersione praticati nella Chiesa primitiva, [60] e sono in conformità alla legge dell'anteriorità dei riti rispetto ai racconti. Si parla quindi davvero, nei passi citati, di una morte per mezzo dell'acqua. [61


Distinguiamo ancora delle vestigia dell'antico culto idrico nella narrazione che Giovanni fa della Passione.

Secondo il cristianesimo, Gesù sarebbe stato crocifisso sul Golgota. La scelta di questo sito risulta da Osea 9:15 e da una tradizione precristiana riportata da Origene; Tract. 35 in Mt. Essa collocava là il cadavere di Adamo. Quando i cristiani ebbero scoperto in Gesù «il secondo Adamo», lo fecero perire nel luogo dove giaceva il primo uomo. Il Cristo vi distruggeva l'influenza perniciosa del padre dell'umanità peccatrice. [62]

Ora il Golgota è menzionato nei quattro Vangeli. Era, spiegano gli storici, una collinetta spoglia avente la forma di un cranio. «Golgota» significa cranio. Il sito è chiamato anche Calvario, secondo il termine latino calvus, calvo. Questo «cranio calvo» evoca irresistibilmente un luogo arido.

Tuttavia Giovanni 19:41 ci informa che Gesù fu crocifisso in (gr. èn) un giardino; esso era abbastanza vasto da occupare un giardiniere; Giovanni 20:15. Ma un giardino non è un'altura deserta e non può concepirsi in Giudea senza la presenza dell'acqua. Vi era quindi una pozza d'acqua dove perì Gesù.

Senza dubbio, se si traduce èn (= in) con «a qualche distanza da...», il nostro argomento crolla; ma il termine non ha questo senso. Inoltre, due luoghi così dissimili come la collinetta e il giardino non potevano minimamente essere confusi sotto lo stesso vocabolo, topos. La sinossi ignora il «giardino», ma il vangelo di Pietro chiama il sepolcro «giardino di Giuseppe».

D'altra parte, l'Eterno, nel fulminare i sacrifici eseguiti nei giardini, [63] li designa come luoghi di elezione per questi riti barbari. Non è quindi eccessivo supporre in Giovanni la sopravvivenza di un mito che situava la Passione in un luogo irrigato. Anche Adone era sepolto in un giardino.

La nostra congettura non tende a stabilire che l'uomo Gesù della Storicità vi fosse l'oggetto di un annegamento rituale. Ci si domanda semplicemente se Pietro e Giovanni non abbiano raccolto i detriti di una tradizione che mal si concilia con quella della crocifissione del Calvario.

Quel che ne sia, è riconosciuto oggi che immergendosi nelle «acque impetuose» i primi cristiani prendevano parte alla morte e alla resurrezione del loro dio. «Quella liturgia», scrive J. Ménard, «continuerà ad essere in favore nel II° secolo nelle cerchie gnostiche. Così non si può dire che in tutta la letteratura patristica del secondo secolo non si percepisca la minima eco della mistica secondo la quale essere battezzati equivale a morire e risorgere con il Cristo». [64]

Insomma, un culto dell'acqua fu praticato tra i precristiani. Il credente pensava che il suo dio fosse perito nell'elemento liquido e ne fosse risorto. Imitandolo per mezzo di un simulacro di annegamento, egli aveva la convinzione di nascere per la vita eterna. [65]

NOTE

[37] HAMMAN, Naissance des Lettres chrétiennes, volume 1, 20.

[38] Le odi sono numerate da 1 a 42 ma la seconda è perduta.

[39] ORY, Jean le Baptiseur, C.R. 10, 1956, pag. 6-7.

[40] FIRMICO MATERNO, De error., 22. — L'ode 7 indica che il Signore si è fatto simile all'uomo: l'umanità è necessaria perché il salvatore deve rassomigliare a coloro che vuole salvare (magia simpatica); ritroveremo quella tesi in Paolo e in Ebrei. — Nelle catacombe le anime dei morti sono spesso chiamate cristi.

[41] PERNOT, Recherches sur le texte original des Evangiles, 227. — Il termine «battesimo» appartiene alla terminologia cristiana (RUBINSTEIN).

[42] ORY, Jean le Baptiseur; C.R. 10, 1956, pag. 7.

[43] REINACH, Orpheus, 62.

[44] STAHL, o.c., 177.

[45] BRIEM, o.c., 314.

[46] Trad. COUCHOUD, Le dieu Jésus, 112. — Testo greco di Galati 3:27: Osoï gar eïs Christon ébaptisthêté Christon énédusasthé. Le versioni «battezzati in Cristo» o «nel Cristo» sono estremamente oscure. Quella di STAPFER, «per essere di Cristo», è chiara, ma erronea; infatti essa considera l'oggetto del battesimo come futuro, non realizzato nel rito. Ora l'assimilazione al dio può ancora stabilirsi per mezzo di Galati 3:28 b: «Tutti voi siete uno in Cristo Gesù».

[47] VOLTAIRE, Dict. philos., articolo Battesimo. — THOMAS è obbligato a riconoscere l'esistenza del battesimo per i morti; Le mouvement baptiste..., 396.

[48] «Le Acque della morte sono un leit-motif delle mitologie paleo-orientali, asiatiche e oceaniche. La nudità rituale equivaleva all'integrità e alla pienezza»; ELIADE, Histoire des croyances..., 2, 381; per A. DANIELOU, «la nudità ha un valore magico e sacro»; Shiva et Dionysos, 70. — Il battesimo per i morti fu condannato dal terzo concilio di Cartagine (canone 6), nel 397.

[49] Su Le baptême de mort..., v. ORY, C.R. 42, 1964, pag. 19 s.

[50] Ginza, 135, 226; v. LOISY, o.c., 85-86. 

[51] EPIFANIO, Haer. 53:1.

[52] Ritrovamenti 1:48.

[53] DHORME e DUSSAUD, o.c., 199; CONTENAU, La civilisation d'Assur et de Babylone, 95-96.

[54] GIUSEPPE, Guerra giudaica 3, 10:8.

[55] DUVIGNAU, Emmaüs, 62-63.

[56] CLEMENTE D'ALESSANDRIA, Stromati 6.

[57] ORY, Le Christ et Jésus, 136 n.

[58] ORY, Un mythe chrétien primitif, C.R. 42, 1964, pag. 22.

[59] EDSMANN, Ignis divinus; v. GUILLAUMONT, R.H.R., ottobre-dicembre 1953, pag. 249. — Il battesimo di fuoco figura nei due Libri di Jeu e nella Pistis Sophia.

[60] V. seconda parte, capitolo 3.

[61] Imbarazzato da questo «fuoco», Luca, scritto tardivo (1:1) vuole forse spiegarlo parlando delle divisioni causate dal Cristo; 12:51. Ma questo testo non tiene conto del battesimo. Le pericope paralleli di Marco 10:38-39 e di Matteo 20:22-23 non hanno quella aggiunta. In Ev. Thom. 82:14 si tratta della distruzione del mondo per mezzo del fuoco secondo la dottrina stoica ripresa dagli gnostici. — La storicità di Luca 12:49-50 non si sostiene neppure nell'ipotesi conservatrice; è una profezia ex eventu (dopo e secondo l'evento); cfr. BULTMANN, Hist. de la tradition, 192-7).

[62] V. 4° parte, capitolo 4, § «Il Golgota».

[63] Isaia 65:2-3; 66:17.

[64] MENARD, R.H.R., gennaio-marzo 1969, pag. 83. — Per ELIADE l'immersione non corrisponde ad un'estinzione definitiva, ma ad una «reintegrazione nell'indistinto»; Traité..., 183. Diciamo che si tratta di una morte apparente che implicava una rinascita. Come un dio poteva perire per sempre?

[65] Concezione analoga della salvezza tra i mandei: ci si identificava al dio Manda d'Haiye tramite l'immersione accompagnata dalla formula: «Il nome della Vita e il nome di Manda d'Haiye sono pronunciati su di te!».  

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