giovedì 29 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOL'Apocalisse

 (segue da qui)

 I 

L'Apocalisse

Abbiamo riconosciuto nel pre-cristianesimo una religione della fertilità caratterizzata dal battesimo «inghiottente», dalla comunione a base di acqua, di pesce, di miele e di latte, dalla croce cosmica e da elementi folcloristici. Si potrebbe quindi ritenere di far derivare il mito evangelico dall'antica Notte pasquale e dai suoi dintorni.

Ma il problema non è semplice: infatti alcuni dei primi testi cristiani sembrano ribelli a quella esegesi. Questi sono:

La letteratura paolina. Essa ignora Ichthus, l'eucarestia a base di pesce, sminuisce il battesimo. Essa si basa su una concezione della croce priva di elementi naturalistici, così numerosi altrove.

L'Apocalisse e l'epistola agli Ebrei. I riti d'acqua non sembrano o non sono cristiani. Non compensano la teologia del sangue che vi si scopre.

Abbiamo quindi da ricercare in quale misura questi documenti implicano la credenza nella storicità di Gesù e hanno potuto suggerirla. [1]

L'Apocalisse è uno scritto deuterocanonico che presenta un quadro grandioso della prossima fine del mondo. In una serie di visioni profetiche l'autore, che dice di chiamarsi «Giovanni», descrive scene di una ferocia inaudita, culminanti nello sterminio dei nemici di Israele e nell'apparizione della «santa Gerusalemme», soggiorno terreno di Dio, dell'Agnello e degli Eletti; 3:12; 21:2-3.

L'opera fu scritta probabilmente durante la guerra giudaica del 66-70, ma non dopo la distruzione del Tempio, quando ogni speranza di vincere era persa per gli ebrei (settembre 70). 

Non è provato che gli episodi di questo conflitto siano trascritti nell'Apocalisse. Se si esaminano i confronti operati da Giet tra lo storico Giuseppe e i racconti del visionario, si vede che non coincidono quasi mai. [2] Couchoud sembra vicino alla verità nel dire che «nella prima Apocalisse non c'è alcuna allusione storica da ricercare». [3]

Per contro, essa si ispira fortemente a Daniele, a Geremia e agli apocrifi dell'Antico Testamento: Enoc, Segreti di Enoc, Giubilei, apocalisse di Baruc, ecc. [4]

Da lì a pensare che l'Apocalisse sia di origine essena vi è solo un passo. Ma delle fonti comuni non bastano a identificare la setta di Qumran con quella da cui proviene il documento. L'ascetismo e la tendenza monastica dei settari del Mar Morto non corrispondono agli appetiti e allo spirito di dominio che sottintendono il nostro testo.

E poi il Maestro di giustizia è l'antitesi dell'Agnello. Il primo rassomiglia a un messia sofferente; il secondo è «sgozzato alle origini del mondo», ma non subisce una «passione»; egli non soffre, fa soffrire. L'Apocalisse è poco più che un'evocazione delle vendette che egli immagina e di cui si delizia. Lungi dall'apparire «in debolezza», egli domina l'universo con la sua onnipotenza. Senza escludere, quindi, ogni influenza essena, [5] attribuiamo l'opera ad una comunità dove restavano vive le tradizioni del grande Israele.


Si obietterà senza dubbio che si tratta di un'opera cristiana. In realtà, è stata riconosciuta cristiana solo molto tardi; la sua ammissione nel Canone risale al Concilio di Cartagine, nel 397. E anche allora la sua canonizzazione fu possibile solo grazie alle profonde alterazioni del testo originale.

Infatti, alla parte ebraica che va dal capitolo 4 a 19:9 sono stati aggiunti i primi tre capitoli e la fine: 19:9-22:21. Gli episodi secondari sono scritti nello stesso spirito del documento originale, ma vi si trovano annotazioni più recenti che si situano generalmente intorno al 95. Infine, qua e là, ivi compreso nel testo antico, sono state inserite delle glosse che potrebbero risalire alla metà del secondo secolo. Tale è, secondo Turmel, l'espressione «leone della tribù di Giuda, della stirpe di Davide»; 5:5.

L'interpolazione più notevole è la clausola «dove anche il loro Signore è stato crocifisso»; 11:8. Questa è un'iscrizione marginale tardiva, senza relazione col contesto e contraria alla nozione del combattente trionfante che domina l'opera. [6

In aggiunta, l'impiego della parola «Signore» per designare il Cristo è un neologismo che prova l'interpolazione. «Signore», infatti, concerne l'Agnello in 17:14 e il Logos in 19:16 nell'espressione stereotipata «Signore dei Signori». In 7:14 è un termine di rispetto rivolto a uno dei vegliardi. Il termine si applica a Gesù solo in un capitolo in cui non si difende più l'originalità, in 22:20-21. Ovunque Kyrios qualifica Dio: 1:8; 4:8, 11; 6:10; 11:4, 15, 17; 14:13; 15:3, 4; 16:5, 7; 18:8; 19:1, 6; 21:22; 22:5, 6. [7

Conviene aggiungere che l'Apocalisse, scritta in greco, non è di «Giovanni», apostolo mitico, ebreo analfabeta [8] se fosse vissuto. Essa ignora tutto di una vita di Gesù e la sua ispirazione feroce infrangerebbe la moralità del discepolo «prediletto». [9


CRISTOLOGIA

Il Messia appare sotto quattro forme diverse: il sacerdote (1:13-16), il figlio (12:5), il cavaliere (19:11-16), l'Agnello celeste. L'ultima figura domina le altre di gran lunga.

L'Agnello divino reca sette corna e sette occhi, «i sette spiriti di Dio» di origine planetaria; 5:6. Egli troneggia nell'empireo in mezzo a lampi e tuoni; 4:3, 5. Ai suoi lati si trovano quattro animali e ventiquattro vegliardi. Gli manifestano segni di adorazione e proclamano: «Tu ci hai fatti re e sacerdoti per il nostro Dio, e noi regneremo sulla terra»; 5:10.

Questo programma ambizioso si realizzerà solo dopo spaventose tribolazioni. Dapprima l'Agnello prende il Libro della vita, sul quale sono scritti i nomi dei predestinati alla salvezza. Egli rompe ciascuno dei suoi sette sigilli, provocando così, ogni volta un cataclisma, fino all'avvento del Messia.

Nel frattempo, l'Agnello è intronizzato con Dio tra gli angeli; 7:10, 17. È lì, in cielo, che fu sollevato alla sua nascita, sotto l'aspetto di un neonato, mentre sua madre, la Donna coronata di stelle, si salvava nel deserto; 12:1-6.

È in cielo pure che il Messia è stato immolato. Loisy lo nega. Eppure mai alcuna allusione è fatta a un soggiorno terreno; e se veramente il Cristo fosse stato crocifisso quaggiù, questo era il momento di dirlo e di proclamarlo.

Ma si tratta di un mito. Un'ulteriore prova è che la Vittima non fu inchiodata sul patibolo, ma sgozzata fin dall'origine del mondo:

L'adoreranno tutti coloro che abitano sulla terra,

il cui nome non è stato iscritto

nel Libro della vita dell'Agnello sgozzato

fin dalla fondazione del mondo; 13:8.

Se l'Agnello fu dissanguato dalla Creazione, egli non fu affatto torturato sotto Tiberio. Al fine di scartare una conclusione così disastrosa per la Storicità, traduzioni infedeli spostano il complemento fin dalla fondazione del mondo e lo collocano, secondo la loro ispirazione, o dopo non è stato iscritto, oppure dietro Libro della Vita. Questo equivale a tradire il testo greco. [10]

Il Messia dell'Apocalisse non è stato quindi immolato sul Golgota. Una prova decisiva, quantunque indiretta, è che egli non è affatto, contrariamente a Gesù, una vittima dei giudei, ma l'oggetto della loro adorazione. Al contrario, egli si propone di sterminare tutti i nemici di Israele (19:13-21) e di procurare agli Eletti il privilegio di soggiornare presso Dio (7:14-16). Insomma, l'Apocalisse è un'opera essenzialmente ebraica, dove l'Agnello realizza i piani del messia guerriero dei profeti.


Si tratta però di un giudaismo eterodosso. Perché l'Agnello è un essere reale, egli non un simbolo. «Una volta che», dice J. Pain, «abbiamo estratto dall'Apocalisse tutte le immagini passibili di interpretarsi in senso figurato, ne resta una, in fondo al crogiolo, assolutamente irriducibile, sopravvivenza della credenza in un dio sgozzato sotto la forma concreta di un agnello».

Noi intravediamo alcuni dettagli della cerimonia; gli officianti, vestiti di bianco, lavavano le loro vesti nel sangue che colava dall'altare, come ancora ai nostri giorni, sul monte Gerizim, nella Pasqua dei Samaritani. Suonavano la cetra e presentavano ampolle d'oro piene di profumo. Poi un cantico si levava:

«Tu sei degno di prendere il libro (della vita) e di aprirne i sigilli; perché tu sei stato immolato e tu ci hai riscattati a Dio per mezzo del tuo sangue...»; ecc. [11]

La Vittima celeste procede dall'Agnello pasquale, il cui sangue possedeva una virtù protettiva. Allo stesso modo di Iside o Tello, Adone o Dioniso, l'agnello della Pasqua fu umanizzato. Ma la sua evoluzione verso l'umanità non è completamente raggiunta nell'Apocalisse; perché conserva ancora con insistenza la forma animale del dio.

Questo stato intermedio si riscontra nei poemi di Ras Shamra, dove il dio Môt-Aleyin grida:

«Io sono Aleyin [figlio di] Baal... Io sono l'agnello che si dispone come sacrificio espiatorio con grano puro...». [12]


In conclusione, l'Apocalisse ignora, verso la fine del I° secolo, il Gesù evangelico; non un solo dettaglio ricorda la sua vita. L'interpretazione allegorica non può eliminare il mito di un essere celeste che è nel contempo bestia e uomo. Nella sua veste di animale, egli rappresenta l'agnello pasquale. A questo titolo fu sgozzato alle origini del mondo. [13] Nella sua veste di uomo, si propone di realizzare le ambizioni di Israele [14] e si confonde con un Giosuè-Gesù, Jêsous, assimilato al Messia.

L'Apocalisse è il messaggio di una setta ebraica eterodossa molto primitiva, dove il Sangue conserva una potenza primordiale.

NOTE

[1] Uno studio cronologico dovrebbe cominciare con le lettere di Paolo. Ma le teologie di Apocalisse e di Ebrei sono stati eclissate dalla sua; seguiremo la linea dell'evoluzione dottrinale.

[2] Ne L'Apocalypse et l'Histoire GIET segnala una corrispondenza dei «42 mesi» ma sembra adattata da Daniele; i «cinque mesi» coinciderebbero con i turbamenti che agitarono la Palestina sotto il governatorato di Floro. Ma vi furono massacri e crocifissioni scartati da Apocalisse 9:5-6. La citazione che GIET dà di questo passo (pag. 33) è troncata.

[3] COUCHOUD, L'Apocalypse, 29.

[4] HADOT, L'apocalypse de Jean et les christianismes primitifs, in Rev. de l'Université de Bruxelles, marzo-maggio 1969; COUCHOUD, L'Apocalypse, 62 s.

[5] RAGOT, De l'essénisme au christianisme, C.R. 73, 1971, pag. 5-7, 15.

[6] La Bible de Jérusalem vi vede «probabilmente una glossa ispirata a Matteo 23:37»; volume 3, pag. 4002, nota 678. — Si tratta proprio di una glossa, ma la sua rassomiglianza con Matteo 23:37 è lontana, e l'apparizione di questo vangelo assai posteriore all'Apocalisse, circa un secolo più tardi.

[7] L'epistola agli Ebrei, contemporanea dell'Apocalisse, impiega «Signore» solo per Dio, tranne nell'invocazione 1:10 suggerita dal Salmista, e nelle pericope secondarie 7:14 e 13:20.

[8] Atti 4:13.

[9] FAU, L'Apocalypse de Jean, C.R. 36, 1962, pag. 6; Le puzzle..., 473 s.

[10] Apocalisse 13:8 b: «...Ou gegraptaï to onoma autou èn tô bibliô tês zôes tou arniou tou esphagménou apo Katabolês kosmou»

[11] PAIN, Jésus, dieu de la Pâque, 195. 

[12] Trad. VILLOREAUD; secondo DUSSAUD, art. c., pag. 286. — In parecchi testi etiopi e siriaci segnalati da WIDENGREN Gesù è il «vitello grasso»; riferimento in SIMON, Sur une formule liturgique mithriaque, R.H.P.R., 1976, n° 3, pag. 284 n.

[13] L'Agnello sgozzato o trafitto (ma non crocifisso) appare in 1:7; 5:9, 11; 13:8.

[14] Si è parlato di una concezione «universalista» della Chiesa secondo 7:4-17 e 21:24. Esegesi approssimativa; si tratta di un'intera sottomissione a un Dio ebraico ancora despota e all'egemonia della sua città. — Sul carattere non cristiano e anti-romano dell'Apocalisse v. LENZMAN, o.c., 133-152.

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