martedì 13 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOLa comunione senza vino

 (segue da qui)

 II — 

La comunione senza vino

Nel cristianesimo arcaico, la comunione si effettuava, come presso i mandei, nel corso del battesimo, oppure costituiva solo un episodio situato dopo il bagno. Era ciò che si è chiamato un «atto unico». Ecco perché i testi antichi che fanno del battesimo la condizione della salvezza sembrano dimenticare l'eucarestia; ma non è affatto così, essa resta sottintesa.

Ciò che è più grave è che non parlano della comunione col pane e col vino istituita espressamente dal Signore e che è indipendente dal battesimo. Appare solo nelle ultime redazioni dei nostri documenti.

Così Marco 16:16 dichiara: «Colui che crederà e sarà battezzato sarà salvato»; Marco sembra ignorare il futuro sacrificio della messa. Allo stesso modo Giovanni 3:5 insegna che «se un uomo non nasce da Acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio»: la comunione cattolica gli sembra sconosciuta. Pietro proclama: «Convertitevi, e che ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo per ottenere la remissione dei peccati...»; Atti 2:38. L'efficacia dell'Eucarestia è dimenticata... Parallelamente, in 1 Pietro 3:21-22, lo scrittore raccomanda il battesimo per  l'ottenimento della Salvezza, ma trascura il sacramento istituito dal Signore al momento dell'«ultimo pasto»! Il vino non è menzionato nemmeno nella Cena delle Predicazioni di Pietro.

Questi testi non sono l'eccezione. Tutto prova che la teologia del vino e l'Istituzione sinottica dell'Eucarestia sono aggiunte tardive. L'epistola agli Ebrei [82] e l'Apocalisse non le menzionano: esse restano nella linea ebraica. Nemmeno le Odi di Salomone e il Pastore: riflettono solo un rituale dell'acqua.

L'istituzione della Cena raccontata in 1 Corinzi 11:23-32 è una netta interpolazione; Turmel lo ha mostrato. [83] Per Alfaric si tratta di «un falso ben posteriore a Paolo», perché si ispira ai tre sinottici e li completa. [84]

D'altronde gli Atti di Pietro (§ 1) fanno celebrare da Paolo il «sacrificio» eucaristico con del pane e dell'acqua a esclusione del vino. Non si parla di calice in Luca 22:19 secondo il codice D; il suo racconto dell'Istituzione è stato rimaneggiato parecchie volte. Giovanni non parla di questo episodio cruciale, né il vangelo di Tommaso, né l'epistola di Barnaba.

Gli Atti conoscono la «frazione del pane», vale a dire piccoli pasti fraterni dove si rendeva grazie al Signore. [85] Ma lo spezzare il pane non è mai legato all'Istituzione né presentato come un sacramento. Se si fosse conosciuta quella meraviglia, sarebbe stata raccontata. La si aspetterebbe in 14:15 s., ma Paolo e Barnaba non si sognano di opporre al sacrificio fatto a Giove quello del Cristo nell'Eucarestia.

Nella Didachè si tratta di un rito ancora ebraico, senza relazione con la persona di Gesù. Secondo Wetter, le parole dell'Istituzione sono tardive, diverse liturgie orientali le ignorano, Giustino stesso sembra non conoscerle affatto. [86] Nel III° secolo ancora Cipriano invitava le comunità d'Africa ad aggiungere del vino all'acqua, Ep. 63.

La novità della dottrina del vino si deduce anche dal carattere delle interpolazioni. Abbiamo appena segnalato quella di 1 Corinzi. Nel suo testo tormentato Giovanni insegna la comunione d'acqua nell'episodio della Samaritana; ma in 6:51-58 il dogma esposto da Gesù sembra far allusione al vino, quantunque la parola non compaia. È un'interpolazione indicata da Turmel e di cui Couchoud ha rilevato la ripresa. [87] L'aggiunta comincia al verso 51 con le parole «egli vivrà per l'eternità» e termina allo stesso modo col verso 58.

Quella interpolazione ci sembra provenire dalla religione di Zoroastro. Si trova in effetti nella Collezione Mingana: «Zaratustra disse ai suoi discepoli: chi non mangerà il mio corpo e non berrà il mio sangue in maniera tale che si unisca con me e io mi unisca con lui, costui non avrà la salvezza. Quando le sue opere divennero famose e i suoi adepti si diffusero nel mondo, lo fecero bollire e bevvero il suo brodo».

E più oltre: «Zaratustra il Mago dice, nel Libro degli Elementi del Mondo, ai suoi discepoli: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui». [88] L'ultima frase del Mago corrisponde letteralmente a Giovanni 6:56. Essendo la comunione teofagica di molto anteriore al cristianesimo, è probabile che l'interpolazione sia di origine pagana. Ipotesi tanto più probabile in quanto Giovanni attenua il cannibalismo sacro del testo mitraico.

NOTE

[82] Malgrado i commentari di LOISY, Les Mystères païens..., 337-8.

[83] DELAFOSSE, La première épître aux Corinthiens, 60 s.

[84] ALFARIC: «Li completa con la raccomandazione di fare le stesse azioni in ricordo del Cristo». Dicendo che ha appreso «dal Signore» ciò che viene ad insegnare, Paolo «mostra, senza volerlo, che questo articolo di fede era ignorato prima di lui...»; Comment s'est formé l'Evangile initial, B.R., maggio 1953; si veda anche Origines sociales..., 167. 

[85] La frazione del pane poteva essere in certe sette gnostiche il sacramento che svolgeva il ruolo del frutto dell'albero della conoscenza nel paradiso terrestre; cfr. MAGNE, Le pain d'Emmaüs et l'interprétation gnostique des récits du paradis, R.H.R., gennaio 1978, n° 1, pag. 130 s. 

[86] SCHOUSBOE, art. citato, 221; FAU, Justin et les Evangiles, C.R. 91, 1975, pag. 26; JAUBERT: «Rien chez Justin à propos de l'institution eucharistique»; La date de la Cène 98. — Essa è implicata in 1 Apologia 66, ma il testo dev'essere interpolato.

[87] COUCHOUD, Premiers écrits du christianisme, 160 n.

[88] Cfr. PUECH, Autour de la cène mithriaque, R.H.R., luglio-dicembre 1947 — 8, pag. 243. — Contrariamente a ciò che dice Giustino i mitraisti conoscevano un rito di vino; VERMASEREN, Mithra, ce dieu mystérieux, 85. 

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