domenica 18 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOLa croce cosmica nei testi cristiani

 (segue da qui)

 II 

La croce cosmica nei testi cristiani

La letteratura cristiana presenta diverse concezioni della croce.

a) In «Paolo» un certo numero di versi, a prenderli tali e quali, possono evocare la morte del Cristo su un patibolo terreno: Romani 5:10-19; 1 Corinzi 15:3-4; 2 Corinzi 5:21; 13:4; Galati 3:1, 13; Efesini 2:16; Colossesi 1:20-22; Filippesi 2:8-10.

Tuttavia, in 1 Corinzi 2:7-10 la croce serve agli Arconti ad immolare «il Signore della gloria»; essa è uno strumento di supplizio, ma cosmico. Colossesi 2:15 mostra il Cristo che spoglia i Geni dell'aria e li trascina nel suo corteo trionfale: la croce è celeste, onnipotente. Allo stesso modo in Efesini 3:17-18, dove Paolo invita a capire cosa siano «Larghezza, Lunghezza, Altezza e Profondità». Queste quattro parole designano la croce cardinale, quella che conviene alla Pienezza di Dio: 19b.

Troviamo dunque nelle lettere paoline più tipi di croce: patibolo apparentemente terreno, sul quale fu immolato un dio in forma umana; patibolo celeste; croce cosmica di potenza.


b) L'emblema di potenza traspare in alcuni passi del Quarto Vangelo con la nozione di un Cristo identificato alla Luce: «Io sono venuto nel mondo, io che sono la luce, affinché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre»: 12:46.

Per la Luce, essere glorificata equivale a brillare nel firmamento. Ora la glorificazione appare in Giovanni con il significato di crocifissione: 12:16, 23, 28.

In 13:31 Gesù si dice glorificato dopo che Giuda ha preso il pezzo di pane intinto ed è uscito nella notte. Egli rappresenta lo Spirito delle tenebre. La sua scomparsa permette alla Luce di brillare in tutto il suo splendore.

Il verso 12:32 fa dire al Cristo: «Io, quando sarò stato innalzato dalla terra, attirerò tutti gli uomini a me». Il verso successivo può anche spiegare che si tratta di un'allusione alla crocifissione giudiziaria; vi è lì un'interpretazione armonizzante che non è affatto evidente. L'attrazione e la gloria non sono provocate dallo spettacolo lamentevole di un individuo che pende al patibolo, ma dalla croce luminosa trionfante in mezzo al cielo. È su quella croce celeste che si deve andare per unirsi a Gesù.

L'idea di Giovanni 12:32 si esplicita mediante la concezione parallela che i Perati avevano del loro Cristo. Adorato sulla terra sotto la forma di un serpente, egli era nel cielo la costellazione del Serpente. Questo serpente luminoso attirava a sé «la razza perfetta formata a immagine del Padre e inviata da lui quaggiù, allo stesso modo in cui il magnete attira il ferro e il ferro solo». [17

La croce cosmica riappare probabilmente nell'episodio della Trasfigurazione; Matteo 17:1-9; Marco 9:2-9. Gesù, su un alto monte, diventa splendente come il sole e conversa con Mosè ed Elia. Quella scena, scrive A. Wautier, «è senza dubbio la trasposizione della crocifissione gloriosa del Figlio di Dio, la quale fu più tardi umanizzata in una crocifissione romana, egualmente tra altre due persone». [18


c) Le Odi di Salomone fanno cogliere il passaggio da un culto dell'acqua al mito successivo. Ciò si intravede in alcuni tratti ancora tenui: nascita verginale (ode 19), persecuzione (ode 31), sospensione del Giusto sulla strada (Ode 42), spartizione delle vesti (Ode 31), viaggio agli Inferi (Ode 42).

Eppure il Figlio è un dio preesistente che prese l'aspetto umano (ode 7); fu concepito dallo Spirito «stendendo le sue ali sul seno della Vergine» alla maniera di Giove su Leda. Le «sevizie» riproducono il tema dei nemici di Israele e si riportavano primitivamente a Javhé; cfr. ode 31.

La sospensione del Giusto proviene da Geremia 2:15: «Coloro che passavano per la via hanno fischiato e scrollato il capo». Questo prestito segnala l'ignoranza del Calvario e ci situa in pieno mito; perché il segno precursore della Resurrezione deve essere mostrato a tutti.

La spartizione delle spoglie è presa dal Salmo 22:19. Il viaggio agli Inferi è un luogo comune. [19]


Malgrado tutto, l'estensione delle mani è messa in relazione con il legno. Si trova nell'ode 27: «Io ho steso le mani... lo spiegamento delle mani è il suo segno; il mio gesto di estensione è il legno retto». Questo gesto corrisponde alla croce giudiziaria? 

Una risposta positiva sarebbe legittima se il gesto degli oratori fosse particolare per i cristiani, e se il «legno retto» fosse quello del Golgota. Ma «levare le braccia al cielo» (ode 21) non è specificamente cristiano. [20] D'altra parte, in fatto di croce la raccolta presenta solo la ruota, immagine del sole, e il sigillo, che è l'acqua secondo Ermas. Insomma, i lettori delle Odi tendevano le mani come potevano fare i miste di Attis verso il Pino, o quelli di Osiride verso il Djeb o pilastro sacro.

Il «legno» delle Odi è forse attinto dall'Albero della Vita situato in mezzo al Paradiso, presso il fiume che si divide in quattro braccia; Genesi 2:9-10. Questo archetipo si ritrova frequentemente presso i popoli antichi e ha dato luogo a numerose speculazioni nei suoi rapporti con la croce cristiana.

Una ragione fisica impose dapprima l'unione tra pianta e acqua: è che in paese caldo e dove la pioggia è rara una pianta arborea non irrigata si secca e muore. Era quindi naturale associare per mezzo di segni polivalenti l'albero e l'acqua.

Quella alleanza fu conservata nel culto. L'entità spirituale che si nascondeva nell'albero sacro si apparentava o si confondeva con le potenze idriche che mantenevano la linfa e la vegetazione. È quindi probabile che la setta da cui provengono le Odi di Salomone avesse per rito di piantare un albero o un pilastro nei pressi di un corso d'acqua.

Se l'emblema era cruciforme non aveva nulla a che vedere con la croce giudiziaria in ragione della sua corrispondenza con il tau pre-cristiano (sigillo delle odi 4:8, segno delle odi 27, 29, 39) e con la scienza degli iniziati: odi 7, 8, 12, 15, 17, 21, 23. 

Quella scienza o gnosi è l'astrologia, come lo prova l'adagio ispirato ad Ermes Trismegisto: «Ciò che è in basso è come ciò che è in alto; tutto è in alto e non c’è nulla sotto»; ode 34. La formula è vicina a quella della Tavola di Smeraldo: «Ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli di una sola cosa». [21]

Benché la scoperta della famosa Tavola sia una leggenda, [22]  l'affermazione dell'unità del reale e di un parallelismo tra un mondo superiore e un mondo inferiore rientra nel principio stesso dell'astrologia. È quindi di molto antecedente al cristianesimo. D'altronde si sono ritrovate bozze di una risposta dell'oracolo di Thot-Ermes risalenti a «circa 150 anni prima della nostra era»; il Libro di Ermes contiene parti che risalgono al più tardi al secondo secolo A.E.C.; [23] i trattati ermetici che ci restano appartengono per la sostanza all'epoca ellenistica. [24]

Così il cantore delle Odi non si accontenta di ignorare la Passione compiuta «in basso», ma fa dipendere tutto dall'alto, vale a dire dalle configurazioni planetarie associate agli assi cosmici.


La nostra interpretazione delle Odi si basa ancora sull'influenza essena che aveva subito il loro ambiente. Gli esegeti, in effetti, hanno notato dei rapporti stretti tra questa raccolta e gli scritti di Qumran. Ora gli esseni furono astrologi esperti. Hanno lasciato oroscopi di cui uno potrebbe essere quello di un messia, Figlio di Dio. [25] La loro dottrina della predestinazione procede da un sentimento di un determinismo universale suggerito dal corso inesorabile degli astri.

Le Odi non sono l'eccezione. Il «sapere esoterico» dei primi cristiani non poteva essere altro che un prolungamento della scienza caldea. Paolo, abbiamo visto, invitava gli Efesini a comprendere cosa siano Larghezza, Lunghezza, Altezza e  Profondità; Efesini 3:17-18. Lo scrittore della lettera e i suoi destinatari conoscevano quindi la croce cosmica. I Galati cristiani si comportavano da astrologi assidui: osservavano gli Elementi, «i giorni, i mesi, i tempi e gli anni»; Galati 4:9-10. Buon astrologo, Gesù conosceva gli angoli significativi dell'oroscopia: sestili, quadrature, trigoni, ecc.; Vangelo dell'infanzia 51. Sa che la rovina di Gerusalemme sarà annunciata da «segni nel sole, nella luna e negli astri»; Luca 21:25 a. Egli non vuole morire se non nella sua «ora», vale a dire nel tempo segnato dalle indicazioni celesti; Giovanni 7:6, 8, ecc.

Tracciando un quadro pittoresco della città di Alessandria, l'imperatore Adriano scriveva nella sua Lettera: «Non vi è un capo di sinagoga giudea, un samaritano, un sacerdote cristiano che non sia astrologo, aruspice, fabbricante di droghe». [26]

Ancora molto significativi di una dipendenza astrologica sono i battisteri ottagonali. Il numero 8, infatti, simbolo di Poseidone, designa l'ottavo segno dello Zodiaco, lo Scorpione, legato all'elemento acquatico. Aveva un significato mortifero e rigenerante che passò all'ottava casa. [27] La vasca ottagonale segna dunque profondamente la credenza nella scomparsa del «vecchio uomo» e la sua rinascita nelle acque consacrate.

Agli inizi del cristianesimo risale anche il costume di tatuare una croce con ferro rovente sulla fronte. [28] Questa è una sopravvivenza pagana che trova il suo parallelo nei Misteri di Mitra. [29]

NOTE

[18] IPPOLITO, Philos. 5:17.

[19] WAUTIER, Pierre et Satan, B.R. 187, 1975.

[20] Il primo mito di resurrezione è quello di Inanna; KRAMER, L'Histoire commence à Sumer, 208 s.

[21] ESCHILO, Prometeo, v. 1005; VIRGILIO, Eneide 1:93, 94; 11:16, 17; 10:667, ecc.; cfr. la curiosa tattica di Mosè contro gli Amaleciti; Esodo 17:10-13. — Il gesto degli oranti fu conosciuto dagli ebrei (Isaia 1:15) e dagli Egiziani (volta di Pached).

[22] CHOCHOD, Histoire de la magie, 313.

[23] DORESSE, L'Hermetisme égiptianisant, in Hist. des rel. 2, 442.

[24] DORESSE, ibid., 436, 445, 452.

[25] LEVEQUE, Le monde hellénistique, 181. — Il periodo ellenistico comincia alla morte di Alessandro (323 A.E.C.) e termina con la presa di Gerusalemme da parte di Pompeo, nel 63 A.E.C.; o dopo Azio (31 A.E.C.).

[26] DUPONT-SOMMER, Les horoscopes de Qumran, Arch. 15, 1967, pag. 245. — Occorre ammettere che i frammenti di oroscopi che ci sono pervenuti si riducono al significato del sole come segno zodiacale, e non rientrano in alcuna data. Cfr. LAPERROUSAZ, L'attente du Messie..., pag. 293, n. 119.

[27] L'autenticità della Lettera pare certa; v. RENAN, L'Eglise chrétienne; edizione definitiva; volume 5, pag. 498-9. 

[28] Le «case» sono distinte dalle costellazioni e dai segni. Esse formano 12 caselle che ruotano sull'eclittica alla velocità approssimativa di 1° ogni 4 minuti. La loro posizione si deduce dal meridiano celeste e dall'ascendente. V. per esempio BARBAULT, Traité pratique d'astrologie, 115-117.

[28] DEWACHTER, Les marques au fer chaud du crâne d'Utrecht, Arch. 53, 1972, pag. 82. 

[29] TERTULLIANO, Prescrizione 40. 

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