martedì 6 settembre 2022

IL CRISTIANESIMO AVANTI CRISTOIl culto delle acque nel Vicino Oriente e in Egitto

 (segue da qui)


 — II — 

Il culto delle acque nel Vicino Oriente e in Egitto

L'antichissimo dio sumero, Anu, la cui apparizione è anteriore al 4° millennio, fu rappresentato da geroglifici cruciformi simboleggianti il cielo, la pioggia e la vegetazione. Autran riproduce secondo Barton sette figure a forma di croce aventi il significato di pioggia, di crescita e di raccolto abbondante. [4] È importante notare che fin dall'epoca più remota la croce mette in relazione la divinità con la vita.

Anu aveva per figlio Enlil (Bel in semitico), dio delle tempeste. Suo padre e lui furono soppiantati in Babilonia da Marduc, che si assimilò tutti gli dei. 

Antum, la compagna di Anu, grande dea delle acque, fu adorata sotto nomi diversi, ma che hanno spesso una parentela linguistica: Innina, Anaitis, Anahita, Anahid (Iran), Anat (Palestina), Nanai, Nana, Tanais, Atargatis (Siria), Ishtar (Fenicia), Tanat (Cartagine), Astarte. [5] Tra i Greci e i Latini la dea era conosciuta sotto i nomi di Afrodite e di Venere. Era raffigurata da una stella inscritta in un cerchio. [6]

I Sumeri-Accadi credevano che esiste sotto la terra uno specchio d'acqua, l'Apsu. Il dio ne fu Enki-Ea, simboleggiato da una testa di ariete e da un corpo di stambecco che terminava con una coda di pesce. I suoi sacerdoti erano travestiti da pesci; la loro mitra rappresentava la testa dell'animale. Enki-Ea, «l'acqua vivente», fu considerato l'iniziatore della civiltà, al pari di Oannes, l'uomo-pesce caldeo.

Tra altre divinità idriche si trovano Baal, dio della pioggia a Ras-Shamra, la dea Nanse, adorata a Lagash. Ma il culto più consolidato, da Sumer all'Egitto, è quello di Dumuzi, il «vero figlio dell'Apsu», meglio conosciuto sotto i nomi di Tammuz e di Adone.

In relazione con l'elemento liquido, lo è anche con la germinazione e le piante, soprattutto il grano. Muore, va negli Inferi, risorge, sale in cielo. Sua sorella Geshtin rappresenta la vite e il vino: «Il chicco di grano e il grappolo d'uva erano così associati nello stesso culto, come lo saranno il pane e il vino». [7]

A Tammuz si lega Gishzida, «signore dell'albero vero». Dio vegetale, egli nasce, muore e risorge. È in relazione con il serpente, le cui mute potevano suggerire il rinnovamento e la permanenza della vita.

Benché dio dell'acqua e pescatore, «signore della rete», Tammuz è il «Pastore celeste», colui «il cui cuore puro è il cielo». [8] Fu anche dio degli alberi, essendo «nato dal cedro», ed esercitava la professione di carpentiere. Subiva una Passione che consisteva nell'adornarlo di verde e nel gettarlo in acqua. Lo si rappresentava anche su una barca abbandonata alle onde o in una nave affondata. Più tardi la sua immagine era posta su una barella, la cui partenza per l'Eufrate dava il segnale dei lamenti. [9] Essi annunciavano la morte del dio, preludio alla sua resurrezione. L'acqua avrebbe distrutto il dio avvizzito, invecchiato e lo avrebbe fatto risorgere, infondendogli un vigore nuovo. 

Al momento della festa estiva di Alessandria i simulacri di Afrodite e di Adone erano annegati insieme; per la celebrazione del solstizio d'estate in Grecia i giardini di Adone erano gettati in mare o nelle sorgenti. [10]

In Fenicia Aliyant e Mot  furono associati: l'uno che regnava sulle sorgenti, l'altro sui raccolti. [11] Si confusero con Adone-Esmun e furono soppiantati da loro. Esmun si identificò in seguito con Simios-Ichthys, e loro stessi con il dio guaritore Asclepio. Melkart, simile ad Aliyant, regnava su Tiro.

I santuari più famosi si trovavano ad Antiochia, Ascalon, Gerapoli e ad Eliopoli (Baal-Beck), tra il Libano e l'Anti-Libano. La dea Atargatis (Derceto in greco) era adorata a Gerapoli e ad Ascalon, dove si rappresentava il suo corpo terminato in pesce; nelle leggende babilonesi appare come pesce e colomba. [12] Dai suoi amori con Simios-Ichthys nacque Semiramide; poi Atargatis fece annegare Ichthys e annegò sé stessa. Si spiegava con questi racconti il carattere sacro del pesce riservato alle comunioni teofagiche. [13]

Un'altra grande divinità siriana era Hadad, il «Baal delle acque». Il suo tempio si ergeva al centro di Damasco. Ma in un primo tempo è a Gerapoli che il suo culto ebbe il massimo splendore. Delle processioni si recavano al lago di Antiochia, a quanto sembra, per riempirvi vasi che si versavano nel suo santuario. Nel lago di Gerapoli si praticava la lavatio (bagno) della sua statua e di quella di Atargatis.

La regione di Ascalon conosceva il culto di Atargatis-Derceto, non quello di Hadad. Derceto vi aveva una paredra, il dio del grano Dagon, successore dell'antica divinità acquatica Asherat (Asherah in ebraico). Hadad riappare a Eliopoli; ne è la divinità principale insieme ad Atargatis e Simios. Si ritrova la discesa della statua nella sorgente; i sacerdoti che portavano l'effigie erano afferrati da uno spirito divino «che li spingeva dove voleva». [14] Non si tratta quindi di purificazioni qualunque, ma di cerimoniali che provocavano l'entusiasmo, vale a dire il possesso del fedele da parte della divinità. Lo stesso nei Misteri di Eleusi. [15]

Culti simili si osservano tra gli Egizi. «Si trova in Egitto», scrive Sainte Fare Garnot, «una religione paleolitica e popolare dominata dal culto del cielo onnipotente, generatore della pioggia benefica e che prevedeva il sacrificio del re-sacerdote che incarnava il dio». [16] Nei Misteri di Iside, le cerimonie iniziatiche erano in relazione con la morte.

Il culto del pesce fu praticato intensamente in Egitto. Diverse specie erano mummificate «al pari degli esseri umani» e conservate nelle necropoli. I simboli di alcuni pesci passarono nella scrittura geroglifica; il barbo e il pesce persico ebbero le loro città santuario, Lepidontopolis e Latopolis. Innumerevoli mummie sono state trovate così come statuette di bronzo che rappresentano i pesci sacri. Un divieto alimentare era loro applicato. [17]

Il dio Apis, secondo Plinio il Vecchio, era annegato in una fonte sacra, pianto dai sacerdoti che lo ricercavano nell'afflizione, luctu, la testa rasata, derasis capitibus. Poi resuscitava poco dopo sotto forma di un altro toro.

Secondo una versione del mito di Osiride, il dio annegò nel Nilo; secondo un'altra, il suo corpo fu fatto a pezzi, gettato nel fiume, poi ritrovato da suo figlio. Per O.E. Briem, «emerge chiaramente dalle fonti più antiche che la concezione di Osiride si legava strettamente a quella di una divinità delle acque». [18] Molto tardi c'era ancora l'opinione degli Egizi stessi che dicevano che «Osiride è l'acqua»; Ippolito, Philos. 5.

Insomma, l'Egitto e l'Asia anteriore presentano, accanto ai culti locali, grandi religioni dove l'acqua giocava un ruolo essenziale.

NOTE

[4] AUTRAN, La préhistoire du christianisme, volume 1, 223-5.

[5] PRZYLUSKI, Les noms de la Grande déesse, R.H.R., n° 2-3; 1932, pag. 184.

[6] Nella scrittura sumero-accadica la stella ha il significato di pianta, di dio e di astro.

[7] DHORME E DUSSAUD, Les religions de Babylonie..., 124.

[8] AUTRAN, o.c., 171-177.

[9] BRIEM, Les sociétés secrètes de mystères, 110.

[10] FRAZER, Adonis, 192. — La nozione di un Adone sterile non esclude quella del dio ciclico della vegetazione frugifera; v. TURCAN, R.H.R., aprile 1974, pag. 208-211.

[11] Per gli uni, Mot sarebbe dio del grano, per gli altri dio della morte. Contraddizione più apparente che reale, perché il grano secco è sterile finché non viene inumidito. Da cui i rapporti, — certamente molto variabili secondo i tempi e i luoghi, — di Mot con Baal, dio della fertilità complementare.

[12] PERDRIZET, Légendes babyloniennes..., R.H.R., 1932, n° 2-3, pag. 197.

[13] CUMONT, Les religions orientales..., 183-4.

[14] DHORME E DUSSAUD, o.c., 399.

[15] MAGNIEN, o.c., 259.

[16] SAINTE FARE GARNOT, Bibliographie analytique des religions de l'Egypte, R.H.R., luglio-settembre 1950, pag. 72-73.

[17] BERTIN, Les poissons du Nil..., in La Revue française, pag. 54; marzo 1954.

[18] BRIEM, o.c., 153. 

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