lunedì 22 agosto 2022

IL DOCUMENTO 70Lo sdoppiamento del Messianismo

(segue da qui)

V. Lo sdoppiamento del Messianismo.

Si deve accordare fiducia, dice il Deuteronomio (18:22), solo ai profeti la cui missione divina si trova confermata dall'adempimento delle loro profezie. Il criterio dello storico è diametralmente opposto: egli ritiene che non ci sono minimamente documenti la cui autenticità sia più indiscutibile delle profezie che non sono realizzate. In effetti, una profezia che si è adempiuta troppo bene può essere sospettata di essere stata scritta post eventum; ma come dubitare dell'autenticità di una profezia smentita dai fatti che si sono prodotti immediatamente dopo ? 

Il documento 70 prevede, come termine della guerra ebraica, la vittoria definitiva del popolo ebraico sulle armate romane. Tutti sanno che è il contrario che è successo. Quella profezia è quindi certamente precedente alla disfatta degli ebrei, nel 70. D'altra parte, l'autore riconosce che, contrariamente a tutte le speranze del suo popolo, la situazione degli assediati è disperata, e conclude che la città cadrà alla mercé del nemico. Il testo è stato quindi scritto pochissimo tempo prima di questo evento, e non rischiamo di ingannarci affermando che esso risale certamente allo stesso anno, il 70 Era Comune.

Il caso, che a volte fa bene le cose, ha voluto che questo documento ci fosse conservato in due varianti, che portano ciascuna quella stessa data d'origine più precisa e più certa di qualsiasi altro testo del Nuovo Testamento. E come se avesse tenuto a non lasciare sussistere alcun dubbio quanto alla data di origine, lo stesso caso ci ha conservato, oltre alle due varianti, una controparte di questo documento nell'oracolo zelota Apocalisse 11:1-3. Abbiamo visto che, per il documento 70, i rifugiati nel deserto sono il resto messianico che sarà salvato dal cataclisma; il profeta zelota, al contrario, vede questo resto nei fanatici che si sono asserragliati nel Tempio; egli si aspetta che la santità del luogo impedisca alle armate romane di penetrare oltre il cortile esterno. Secondo l'oracolo zelota, la guerra dura da 42 mesi, — questi sono i 1260 giorni o 3½ anni  (dal 67 al 70) del Documento 70. [1]

Da quando esiste una scienza dei testi biblici, questa è la prima volta che è possibile assegnare ad una fonte del Nuovo Testamento una data di origine con tale certezza e precisione. Questo è il solo punto fisso che ci sia possibile scoprire in tutta la cronologia del Nuovo Testamento. Pertanto, non conviene applicare a quella cronologia il metodo di Cartesio, cioè fare tabula rasa di tutte le opinioni più o meno ipotetiche relative alle date d'origine dei documenti neotestamentari, e considerare solo come definitivamente acquisito ciò che possiamo dedurre da quel solo dato certo: il documento 70 è stato scritto nell'anno 70 Era Comune ?

Il documento 70 è il nostro dos moi pou stô. Prima di tutto, esso prova, fornendoci un esempio concreto, che la religione ebraica è stata capace, in un certo momento della sua storia, e sotto la pressione di circostanze esterne, di proiettare essa stessa nel passato, come preludio all'intervento del Messia che attendeva in un futuro prossimo, l'idea di un Messia che era già esistito sulla terra. Quella concretizzazione dell'attesa messianica si è effettuata tra gli ebrei senza legarsi, come punto di partenza, a nessun ricordo relativo ad una personaggio che fosse realmente esistito, ma ha creato come un embrione di leggenda messianica che riunisse tutte le condizioni richieste per diventare il centro di cristallizzazione di tutto un ciclo di storie leggendarie.

Pertanto, come si può ancora respingere a priori in quanto impossibile l'idea che la fase nuova del messianismo ebraico che chiamiamo cristianesimo ha potuto essere inaugurata da un fenomeno analogo di sdoppiamento?

Se si obietta che nel documento 70 la vita passata del Messia ha solo il carattere di un preludio e che l'accento è messo sul suo avvento futuro, chiunque al corrente della storia della Chiesa si ricorderà che non è stato altrimenti del Cristo della Chiesa primitiva. I teologi stessi stanno cominciando ad accorgersi che, in certi passi degli Atti che contano tra i più antichi del Nuovo Testamento, Gesù è presentato «come un profeta, come un uomo approvato da Dio» (2:22), destinato ad essere, alla sua seconda venuta, il Messia, ma che non è espressamente presentato come se lo fosse stato durante il suo ministero storico. [2] È quindi solo per difetto di prospettiva che equipariamo il cristianesimo attuale a quello della Chiesa primitiva. Queste due fasi dell'evoluzione della religione cristiana sono tanto poco equiparabili quanto potrebbero esserlo due religioni di origine diversa. [3]

Il Cristo della Chiesa primitiva è il Cristo escatologico delle apocalissi, e non il Gesù storico o leggendario dei Vangeli. Le epistole segnano già una fase più avanzata dell'evoluzione: hanno assimilato l'elemento dell'espiazione sostitutiva attraverso la passione del Messia. Ma il ministero del profeta di Nazaret in Galilea secondo i sinottici, o in Giudea secondo Giovanni, non vi gioca ancora alcun ruolo.

Se nella Chiesa attuale il centro di gravità dell'interesse religioso si trova spostato dall'avvento futuro e definitivo del Cristo verso il suo primo avvento, questo spostamento è il risultato di un'evoluzione lenta e graduale, nel corso della quale la parusia si allontanava in un futuro sempre più incerto, mentre la Chiesa si organizzava come una potenza di questo mondo. Quell'evoluzione si estende su un periodo di più di diciotto secoli, perché in ultima analisi si trova completata solo nel cosiddetto Cristo storico e spogliato di ogni elemento soprannaturale della teologia liberale.

Risaliamo ancora più indietro della Chiesa primitiva, e cerchiamo di delineare sommariamente la fase del messianismo che precede immediatamente la genesi del cristianesimo. Dei teologi di merito si sono applicati a ricostruirla, con l'intenzione di determinare le influenze religiose che hanno agito sullo sviluppo del pensiero e del carattere di Gesù. Ma il risultato delle loro indagini ha singolarmente sorpassato l'obiettivo che si erano proposti. Al posto di farci comprendere in quale misura il genio religioso di Gesù si spiega colle influenze dell'ambiente circostante, essi hanno contribuito, da parte loro, e ben contro la loro volontà, a farci comprendere come l'origine del cristianesimo possa spiegarsi senza l'iniziativa di un genio creatore. Riassumiamo, in poche righe, i risultati di questo lavoro.

Il profetismo classico essendosi estinto nel corso del terzo secolo Avanti Era Comune, fu sostituito da un partito nuovo, le cui manifestazioni letterarie erano caratterizzate dalla forma apocalittica e dalla tendenza messianica. Il libro di Daniele, l'apocalisse classica per eccellenza, scritta circa 160 anni Avanti Era Comune, crea il tipo del Figlio dell'Uomo, che forse è ancora, nella mente dell'autore, solo la personificazione del suo ideale umanitario, ma che diventerà presto l'uomo inviato da Dio, il Messia, da cui si attende la realizzazione di questo ideale.

Nella misura in cui il messianismo si evolve, esso si avvicina gradualmente alle concezioni che riscontreremo più tardi nel cristianesimo. Il suo antagonismo alla Legge e alle opere della Legge gli fa esaltare, molto prima del cristianesimo, i meriti della fede. Per Enoc, la fede è la prima delle sette virtù cardinali. I sacrifici del Tempio sono dichiarati insufficienti. Il pentimento vale quanto «i sacrifici di montoni e di tori, di miriadi di agnelli». Tutti sono peccatori, l'idea del peccato originale di Adamo assume un carattere dogmatico. La misericordia di Dio prende il posto delle opere di giustizia.

Allo stesso tempo, si comincia ad attribuire alle sofferenze dei giusti una virtù espiatoria e sostitutiva. Dio prende in misericordia i peccatori più abietti a causa delle sofferenze dei giusti; il sangue dei martiri purifica il popolo. Non siamo più lontani dal dogma cristiano dell'espiazione sostitutiva.

Vediamo anche delinearsi nelle apocalissi ebraiche quella passività, quel pacifismo, quel quietismo che presto diventerà uno dei tratti più salienti del vangelo. Contrariamente agli zeloti che volevano liberare il loro popolo con le armi, i messianisti delle apocalissi dichiarano le armi un'invenzione di Satana e confidano in Dio per la realizzazione della loro speranza. La loro regola di condotta è aspettare, soffrire e rassegnarsi. Per simboleggiare il loro spirito pacifico, si paragonano frequentemente agli agnelli. Sappiamo l'importanza che assumerà questo simbolo nel cristianesimo nascente. [4]

Il rapido sguardo che abbiamo appena gettato alla fase più avanzata del messianismo ebraico, e poco prima alla fase più remota del cristianesimo primitivo, ci ha mostrato che questi due tronconi della linea di evoluzione tendono ad avvicinarsi sempre più man mano che progrediscono le nostre conoscenze, e persino a congiungersi, come i due tronconi di un tunnel che si sarebbe cominciato a scavare da entrambe le estremità. Ma mancava ancora fin qui, per realizzare il contatto effettivo che ci permettesse di ricostruire il corso ininterrotto di quella linea, un elemento di unione che spiegasse questo fenomeno: il messianismo, semplice e rivolto solo al futuro tra gli ebrei, appare di colpo come sdoppiato nel cristianesimo, al modo di una testa di Giano, di cui un volto resta fissato, come tra gli ebrei, sull'avvento futuro del Messia nel cataclisma escatologico, mentre l'altro si rivolge al passato e contempla la vita terrena del Messia.

Quel pezzo di unione ci è ora fornito dal documento 70, che ci mostra come il messianismo ebraico ha potuto da sé operare lo sdoppiamento dell'idea messianica. [5

Per Wellhausen, che si attiene alla concezione del Cristo storico, il cristianesimo esisteva già nel momento in cui si è prodotto in seno al messianismo ebraico lo sdoppiamento dell'idea messianica attestato dal documento 70. Ma si astiene dal dirci come i cristiani abbiano allora potuto incorporare in un'opera considerata da loro come dettata dallo Spirito Santo, un documento proveniente dai messianisti ebrei, nonostante l'antagonismo che doveva necessariamente esistere tra il messianismo ebraico e il messianismo cristiano. Quella difficoltà sembra insormontabile finché ci atteniamo alla premessa di Wellhausen. Se per contro si potesse ammettere che lo sdoppiamento del messianismo che ha dato nascita al cristianesimo fosse stato non solo analogo ma pure identico a quella attestato dal documento 70, quella difficoltà scomparirebbe da sé. Infatti i cristiani apparirebbero allora come i continuatori diretti e gli eredi legittimi dei messianisti che hanno prodotto il documento 70, e non ci sarebbe più motivo di stupirsi di trovare tra le loro mani il testo che ha dato vita alla loro religione. Quella supposizione avrebbe inoltre il vantaggio di semplificare singolarmente la nostra ipotesi. Invece di ammettere due casi successivi di sdoppiamento, un primo che dà nascita al cristianesimo e un secondo nel 70, basterebbe attenersi a quello attestato dal documento 70. Lo sdoppiamento ipotetico che l'avrebbe preceduto, senza che ne sia rimasta alcuna traccia documentaria, cadrebbe da sé.

A prima vista quella supposizione sembra scontrarsi con un ostacolo cronologico dei più seri: [6] il documento 70 risale all'anno 70 della nostra era, abbiamo visto che è impossibile dubitarne. Per vedere in questo documento il fenomeno iniziale del cristianesimo, si dovrebbe dunque supporre che quella religione non  è esistita prima del 70. Il periodo prima del 70 dovrebbe allora essere inteso come una tappa intermedia tra il messianismo ebraico e il messianismo cristiano, e se, nel Nuovo Testamento, quel periodo ci appare già appartenente al cristianesimo definitivamente costituito, vi sarebbe solo un anacronismo dovuto ai rimaneggiamenti successivi dei documenti, analoghi a quelli che hanno subìto gli scritti dell'Antico Testamento.

Per quanto concerne questi ultimi, si sa che la maggior parte dei testi che si danno per antichissimi sono di data relativamente recente. Se la cronologia del Nuovo Testamento non ha mai subìto una rivoluzione così radicale come quella dell'Antico, è senza dubbio perché esistono ragioni psicologiche che rendono i teologi molto più riservati nei suoi confronti, ma nulla prova che qui la cronologia tradizionale sia più conforme alla verità. Se dunque troviamo nel documento 70 un punto cronologico fisso, non temiamo troppo lo sconvolgimento che possono provocare, nella cronologia tradizionale del Nuovo Testamento, le conseguenze che, logicamente, noi dobbiamo dedurre da questo testo. Esaminiamo piuttosto se, risalendo alla forma primitiva dei documenti, sia possibile ricostruire i tratti essenziali del periodo intermedio prima del 70. 

NOTE

[1] Si veda la dimostrazione luminosa di Wellhausen nella sua «Analisi».

[2] 3:13 s; 20 s; 22:26; 4:27, 10:38. (Goguel, Il libro degli Atti, pag. 362).

[3] Se vogliamo, con l'aiuto di un'osservazione diretta, farci del cristianesimo primitivo un'idea tanto vicina quanto lo permette la differenza dei tempi, faremo bene a rivolgerci agli avventisti. Tra loro, come nella Chiesa primitiva, troveremo tutto l'interesse religioso concentrato sull'avvento definitivo del Cristo e del regno di Dio, in un futuro il più vicino possibile. 

[4] Baldensperger, Die messianisch-apokalyptischen Hoffnungen des Judentums. 3° edizione. Strasburgo 1903.

[5] Questo fenomeno dello sdoppiamento del messianismo, che partendo dal nostro studio del documento 70 siamo stati i primi a percepire e a formulare, è stato dichiarato dal professor Ménégoz “uno dei fenomeni psicologici, storici e religiosi più sorprendenti e più carichi di conseguenze”. Egli che, fino ad allora, aveva considerato la negazione dell'esistenza di Gesù un'“idiozia” indegna di qualsiasi seria confutazione, modifica quella valutazione al punto da dedicare alla discussione di quella tesi l'ultima delle sue “Pubblicazioni sul Fideismo”, dove tratta il problema dello sdoppiamento del messianismo dal punto di vista della teologia liberale, e dà nello stesso tempo una specie di testamento che riassume le esperienze e i risultati della sua lunga carriera di teologo.

[6] Sarebbe opportuno discutere anche le testimonianze secolari che sembrano attestare l'esistenza del cristianesimo prima dell'anno 70, in particolare quelle di Svetonio e di Tacito. Ma quella questione è troppo complessa perché sia possibile studiarla qui. Constatiamo solo che i lavori critici degli ultimi anni hanno sufficientemente compromesso l'autorità di queste testimonianze, tanto che non possono più essere opposte come un'argomentazione decisiva.

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