martedì 15 marzo 2022

GRANDEZZA E DECADENZA DELLA CRITICALA DATAZIONE DELLE DOTTRINE

(segue da qui

LA DATAZIONE DELLE DOTTRINE

Forse basterebbe, per dimostrare il carattere artificiale delle tesi estremiste, e specialmente di quella dell'abate Turmel, porre semplicemente una domanda:

È certo che la dottrina delle epistole ha un sacco di punti in comune con la dottrina di Marcione. È certo anche che ha un sacco di punti in comune (soprattutto nell'epistola ai Romani) con la dottrina di Lutero. Si deve concludere che Lutero, piuttosto che San Paolo e piuttosto che Marcione, sia l'autore dei passi «luterani» dell'epistola ai Romani?

Si leggevano, qualche anno fa, sotto la firma di Henri Delafosse, le righe seguenti: [1] «Se uno di noi nota che un certo passo delle epistole ha un forte sentore di marcionismo», egli dovrà dire che questo passo è marcionita.

Si potrebbe, in questo caso, scrivere egualmente che, se uno di noi nota che un certo passo nelle epistole ha un forte sentore di luteranesimo, egli dovrà dire che questo passo è un'interpolazione di Lutero.

Forse quella obiezione guadagnerà ad essere formulata nel linguaggio in onore in alcuni circoli, nei termini seguenti, per esempio: La presenza nella composizione delle epistole paoline, di elementi che possono essere considerati come aventi le caratteristiche dell'elaborazione dogmatica, di cui è permesso rilevare le tendenze nell'opera di certi scrittori la cui apparizione si situa in periodi successivi della storia, non può autorizzare il critico a ricavare dalla constatazione di queste relazioni la conclusione che la composizione dei passi in questione debba essere attribuita all'attività o di questi scrittori o degli uomini della loro generazione la cui evoluzione si è organizzata sotto l'influenza dello sviluppo etico-dogmatico-logico di costoro. ..

Tra la formula umoristica e la formula professorale, tentiamo una formula più semplice, e diciamo quanto sia più naturale supporre che Marcione e Lutero abbiano ricavato le loro dottrine da quella delle epistole. 

Infatti, i critici estremisti non hanno rifiutato di ammettere che uno scrittore del secondo secolo abbia potuto ispirarsi a dottrine risalenti al primo; ma non hanno voluto riconoscere che queste dottrine professate nel secondo secolo lo erano già state nel primo. E quell'errore è alla base stessa dei lavori di van Manen.

Uno dei principali argomenti di van Manen contro l'autenticità delle epistole era la preoccupazione gnostica che vi scopriva. Van Manen poneva come principio che lo gnosticismo risalisse al secondo secolo, e di colpo era costretto a datare le epistole da quell'epoca; gli studi di storia religiosa avendo dimostrato che le idee gnostiche erano molto più antiche, [2] nulla resta in piedi dell'argomentazione di van Manen.

Il caso dell'abate Turmel è la controparte di quello di van Manen.

Van Manen aveva scoperto lo gnosticismo nelle epistole; l'abate Turmel vi ha trovato il marcionismo. Siccome van Manen aveva concluso che i frammenti gnostici o anti-gnostici delle epistole potevano risalire solo al secondo secolo, l'abate Turmel ha deciso che le parti cosiddette marcionite delle epistole non potevano situarsi nel primo.

La stessa risposta che è stata fatta a van Manen può essere fatta all'abate Turmel. Le idee formulate da San Paolo, che egli qualifica marcionite, percorrevano il mondo nel primo secolo; esse rispondevano a problemi che si erano posti fin dai primi tempi del cristianesimo. Il signor Goguel l'ha perfettamente notato, [3] e se lo si sospetta qui di tradizionalismo, citerò una frase del signor Gordon Rylands che, di per sé sola, rovina l'impalcatura dell'abate Turmel:

Gnostics... late in the firt century, held that the Mosaic law had been given to the Jews by the Demiurgus, and that those who recognized its validity were not worshippers of the true God. [4]

Ma ecco cosa completa di condannare la tesi dell'abate Turmel. Tra le idee marcionite, alcune, abbiamo detto, avevano attraversato già il primo secolo e sono proprio quelle che si trovano nelle epistole, come l'ostilità contro la legge mosaica; altre, al contrario, sono state l'apporto di Marcione stesso, e sono assenti dalle epistole, come l'opposizione tra il messia ebreo e il vero messia. Perché lo scrittore marcionita avrebbe fatto questa scelta tra le idee di cui voleva attribuire la paternità a San Paolo?

Terzo caso: il libro stesso del signor Gordon Rylands.

Il considerevole studio che il signor Gordon Rylands ha pubblicato sulle quattro grandi epistole paoline non può tuttavia essere in nulla paragonato a quelli dell'abate Turmel; è un libro di autentico erudito, nutrito di filologia. Sfortunatamente, per un errore analogo a quello di van Manen, che aveva situato nel secondo secolo la nascita dello gnosticismo, egli situa alla fine del primo secolo l'entrata nel cristianesimo del sacrificio di redenzione, dove sembra non vedere che un'idea giudaica, e, partendo da questo a priori, respinge all'epoca degli Antonini gli innumerevoli frammenti delle epistole che ne sono lo sviluppo. 

Un altro esempio dello stesso errore di metodo. 

Si sa che nella seconda parte del secondo secolo l'eresia montanista ha visto verificarsi una recrudescenza delle manifestazioni dello Spirito. Non ci vuole altro perché l'abate Turmel respinga a quell'epoca il frammento della prima epistola ai Corinzi dove questo genere di manifestazioni è descritto, [5] come se queste non fossero al contrario caratteristiche delle primissime comunità cristiane, come ha perfettamente stabilito il signor Robert Stahl. [6]

Ultimo esempio, che noi prendiamo dallo stesso signor Alfred Loisy. [7]

Tale testo è, scrive, «intriso di una gnosi di redenzione la cui esposizione si trova altrove nelle epistole, ma vi dà luogo alla stessa domanda del nostro testo, domanda inquietante, ma inevitabile: Paolo era lì intorno all'anno 55 o 56? era lì un quarto di secolo solo dopo la nascita del cristianesimo? Non oso ancora affermare di no, ma confesso semplicemente che ne dubito molto». 

Il maestro ci permetterà di osservare che noi ritroviamo là l'errore di principio che abbiamo rimproverato a van Manen, e di riprodurre queste parole del signor Maurice Goguel: «Per quanto grande sia il rispetto che merita il signor Loisy e l'ammirazione alla quale i suoi lavori gli danno diritto, non ci si può piegare al suo sentimento e non ritenere che egli subordini il suo giudizio sull'autenticità dei testi alla sua concezione dello sviluppo del cristianesimo, invece di far dipendere la sua concezione della storia dall'insegnamento dei testi». [8]

NOTE

[1] Revue de l'Histoire des Religions, volume XCII, pagina 178.

[2] Si veda in particolare: Alfaric, nella Revue de l'Histoire des Religions, XCIII, pagine 108 e seguenti, contro Eugène de Faye, e l'opera del signor Gordon Rylands citata sopra, così come il suo precedente libro: the Evolution of Christianity.

[3] Revue d'Histoire et de Philosophie religieuse, 1928, I, pagina 84 e passim.

[4] Opera citata, pagina 100.

[5] Si veda sotto, pagina 97.

[6] Les Mandéens et les origines chrétiennes, 1930.

[7] Congrès d'Histoire du Christianisme, I, studio citato, pagina 84.

[8] Revue d'Histoire et de Philosophie religieuses, 1930, I, pagina 73. Si vedrà a pagina 84 come gli amici del signor Loisy potrebbero rispondere. 

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