mercoledì 23 marzo 2022

GRANDEZZA E DECADENZA DELLA CRITICAIL PROFESSOR SCHMIEDEL E I SUOI FOUNDATION PILLARS

 (segue da qui)

III

IL PROFESSOR SCHMIEDEL 

E I SUOI FOUNDATION PILLARS

Avevo annunciato, nel Dieu Jésus, la mia intenzione di offrire ai miei lettori un piccolo intermezzo comico e ricreativo, raccontando loro come il professore zurighese Paul W. Schmiedel, nell'importante articolo sui vangeli che ha fornito all'Encyclopaedia Biblica, abbia pensato di fondare la storicità di Gesù su un certo numero di «Foundation Pillars» (l'Encyclopaedia Biblica è stata pubblicata in inglese), [1] che rivelano in questo onorevole ed erudito studioso, dicevo, una mentalità da vaudeville.

L'irriverenza mi è stata rimproverata; e forse ho avuto torto a dimenticare che il signor Schmiedel aveva avuto il raro merito di scoprire e di presentare al mondo erudito il grande iniziatore che fu William Benjamin Smith. Rinuncio tanto più a mantenere la mia promessa che ho trovato altrove un caso infinitamente più rappresentativo, e mi accontenterò di esporre brevemente il sistema dei «Foundation Pillars» e di mostrare, non meno brevemente, come nel 1903, data in cui apparve l'Encyclopaedia Biblica, esso cadesse già sotto il colpo delle obiezioni che io ho opposto alla critica interna estremista.

Il signor Schmiedel ha rilevato, nei vangeli sinottici, nove passi che, dice, «possono essere chiamati le colonne fondamentali (Foundation Pillars) di una vita veramente scientifica di Gesù» e senza i quali, dichiara, «sarebbe impossibile provare ad uno scettico che qualche valore storico possa essere attribuito ai vangeli...» Perdendo ogni sangue freddo, l'imprudente studioso va fino ad aggiungere che, senza questi nove testi, lo scettico «sarebbe in grado di affermare che il ritratto di Gesù che danno i vangeli è un'opera di fantasia e che la persona di quest'ultimo rischierebbe di scomparire dal campo della Storia!...»

Conserviamo la terribile confessione e, senza soffermarci oggi, citiamo questi nove testi di cui i miei lettori non specialisti sono certamente impazienti di conoscere la decisiva importanza.

Cinque riguardano Gesù in modo generale:

Marco 10:17-18: ..... Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo.

Matteo 12:31-32: ..... Se qualcuno parla contro il Figlio dell'uomo, egli sarà perdonato; ma colui che parla contro lo spirito santo non sarà perdonato.

Marco 3:21: I suoi parenti dicevano: È fuori di sé.

Marco 13:32: Quel giorno, nessuno lo conosce, neppure gli angeli del cielo, neppure il figlio, ma solo il padre. 

Marco 15:34: (Gesù grida sulla croce:) Mio Dio, perché mi hai abbandonato? (testo preso dal Salmo 22:2).

Quattro riguardano i miracoli di Gesù:

Marco 8:12: (Gesù rifiuta di dare un segno).

Marco 6:5: (Non può fare alcun miracolo nel suo paese).

Marco 8:14: (Insegna ai suoi discepoli a guardarsi dal lievito dei farisei).

Matteo 11:5: (Sua risposta al messaggio di Giovanni Battista).

Il signor Guignebert, che sembra fare gran caso della forza dimostrativa dell'argomento del signor Schmiedel, ammette [2] che il secondo, il quarto e gli ultimi due non gli sembrano convincenti, e che su uno o due altri si potrebbero ancora sollevare dubbi; ma «per disfarsi degli altri testi», aggiunge, «i negatori sono ridotti a cavillare sulle varianti dei manoscritti, a discutere di interpolazioni o a proporre interpretazioni arbitrarie...» Questi negatori, che sono soprattutto Benjamin Smith e Arthur Drews, avevano ben torto, e noi non li seguiremo in alcun modo. La questione, infatti, dev'essere posta su un tutt'altro terreno.

«Quand'anche», continua il signor Guignebert, «non si mantenessero che due o tre di queste colonne-testimonianze, esse basterebbero ad attestare che la tradizione cristiana ha attraversato una fase precedente a quella che rappresentano i nostri sinottici, dove Gesù... era considerato come un uomo».

Perché? Perché queste colonne-testimonianze, questi foundation pillars gli fanno dire cose che un uomo può dire, ma che il figlio di Dio, dio lui stesso, disceso sulla terra, non poteva dire, — perché provano che gli autori di questi testi non lo consideravano come se fosse di natura divina.

Questo è davvero il pensiero del signor Schmiedel. Uno scrittore che avesse riconosciuto in Gesù il Figlio di Dio, dio lui stesso, non gli avrebbe fatto pronunciare:

«Perché chiamarmi buono? Nessuno è buono, se non Dio solo».

«La bestemmia contro il Figlio dell'uomo sarà perdonata; ma non la bestemmia contro lo spirito santo».

«Nessuno sa quando verrà il grande giorno, né gli angeli, né i figli, ma solo il Padre».

Infatti, quest'ultimo verso ha crudelmente imbarazzato la Chiesa cattolica; la seconda persona della Trinità sa perfettamente, così come la prima, in quale giorno verrà la fine del mondo; Gesù avrebbe mentito dichiarando che non lo sapesse?

Forse basterebbe sostenere che nel primo secolo, nei vangeli come nelle epistole, Gesù non è la seconda persona della Trinità uguale alla prima, ma solo un secondo dio, inferiore al grande dio, e che è perfettamente naturale che gli evangelisti gli facciano riconoscere quella inferiorità. Ma questo sarebbe gioco di teologi, al quale non c'è alcun bisogno di abbandonarsi. È con la teoria stessa del signor Schmiedel che me la prendo; è quella che io uso questa volta come esempio dell'errore razionalista.

La teoria del signor Schmiedel poggia sul postulato seguente: gli evangelisti avrebbero avuto effettivamente su ciò che è umano e divino le nozioni che il signor Schmiedel ritiene essere state le loro, e che non sono in realtà che quelle che il signor Schmiedel stesso ha; detto altrimenti, ciò che nella vita umana di Gesù è per il signor Schmiedel incompatibile con l'idea della sua divinità non avrebbe potuto mancare di esserlo con la stessa ovvietà agli occhi dei detti scrittori. 

Gettando uno sguardo sulla storia teologica di questi ultimi venti secoli, ci si renderebbe conto a qual punto la nozione di quella incompatibilità sia variata; ma senza impegnarsi in quella ricerca, è sufficiente per rovinare la tesi rispondere al signor Schmiedel:

 Forse, in effetti, l'idea che Dio solo sia buono è incompatibile con la nozione della divinità di Gesù, e senza dubbio avete ragione nel professarla; ma gli scrittori evangelici non la pensavano così; evidentemente, avevano torto... Ma cosa volete farci? La vostra sola risorsa, signor professore, è dare loro un brutto voto.

Non è, a dire il vero, sotto la veste di cattivi scolari che il signor Schmiedel ci rappresenta gli evangelisti, ma sotto quelle di una commissione analoga alla Commissione Biblica che siede attualmente nella Città del Vaticano, di una commissione composta da studiosi, di un comitato di professori che avrebbe il compito di verificare ciò che di Gesù convenga alla nozione di un essere divino o meno... E si sente il dialogo che si sarebbe scambiato tra Marco, Matteo, Marco¹, Matteo², nonché Luca... Fate attenzione, caro confratello, voi volete che Gesù abbia detto che Dio solo fosse buono? voi non avete riflettuto che...

Eh! No, essi non hanno riflettuto che... e che... Questi sono uomini in cui ribolle ogni sorta di tendenze; una parte del loro cuore divinizza Gesù; una parte del loro cuore lo umanizza; e le due tendenze si scontrano; la persona di Gesù è qualcosa che apre le sue braccia a tutti gli opposti, perché in essa realizzano tutte le loro aspirazioni contraddittorie; e poi, il folclore è là che li invade da ogni parte; e poi, tutte le necessità cultuali li premono; e poi, sono essi stessi così sicuri del loro pensiero? e poi, hanno la nostra logica?

Hanno visto, per esempio, tutte le conseguenze di ciò che dicono, quando immaginano la parabola dell'Amministratore infedele e danno agli uomini, senza volerlo, senza saperlo, senza averci riflettuto, una terribile lezione di scelleratezza? Quanto un po' di razionalismo sarebbe stato utile a questa gente, per evitare ai vangeli le contraddizioni che li deturpano, — e per sottrarre loro allo stesso tempo il loro miracoloso valore mistico! 

Ma nello stesso tempo che toglieva il loro valore mistico e spirituale, occorreva che il razionalismo di uno Schmiedel togliesse loro il loro valore estetico, intendo il valore poetico che ha fatto la loro fortuna. La stessa legge psicologica che costringe il signor Schmiedel, perché è lui stesso razionalista, a fare degli evangelisti dei razionalisti, lo costringe a negare loro lo status di poeti perché lui stesso è, evidentemente, l'anti-poesia per definizione. Quelli tra i miei lettori che hanno qualche senso del valore estetico di un'opera apprenderanno con stupore che il signor Schmiedel professa l'opinione seguente:

Gli evangelisti hanno potuto fabbricare (e attribuire a Gesù) discorsi di ordine dogmatico; ma non hanno potuto fabbricare i dettagli pittoreschi, le indicazioni geografiche, le precisazioni narrative dall'alone storico. E niente è più comprensibile. Evidentemente, il signor Schmiedel è capace di fabbricare un piccolo discorso dogmatico, una lezione di morale, un'esposizione teologica; e senza dubbio non se ne priva nella sua buona città di Zurigo; ma è incapace di inventare un aneddoto, di immaginare un dettaglio vivido, di mettere in scena dei personaggi. Così, continuando il suo inconscio ad attribuire la sua mentalità agli scrittori evangelici, nega loro ogni facoltà poetica e li gratifica in compenso di un'abbondante capacità dogmatizzante. 

L'opera del poeta, o professor Schmiedel, è precisamente quella creazione di vita concreta che è l'incomparabile successo dei vangeli. Voi ignorate probabilmente a qual punto le poesie di un Victor Hugo brulicano di tratti inventati di sana pianta? Un solo esempio: in un'opera notissima, Gastibelza, l'homme à la carabine, il poeta ci racconta che, vedendo passare la signora, il re disse che per uno sguardo, per un sorriso di lei, avrebbe donato la Spagna e il Perù... A chi il re disse questo?... il poeta precisa: ad un nipote, di cui non c'è mai stata, di cui non si sarà mai più questione; e arriva a dare a questo nipote un nome, ed è l'infante don Ruy, il quale, tratto in quel momento dal nulla grazie all'immaginazione del poeta, vi rientra immediatamente dopo e per sempre.

L'infante don Ruy: cercate la fonte, professor Schmiedel. La fonte è l'immaginazione del poeta che ha «visto» ciò che creava.

Lo stesso vale per le «indicazioni geografiche»... Dove si svolge l'azione? L'immaginazione del poeta vede, di colpo, il ponte di Toledo, che è una cosa reale, la Torre Magne, che inventa, il Monte Falu (si pronuncia Falou), che ha preso da chissà dove, se non l'ha fabbricato! Perché non cercate voi le fonti?

Ma il signor Schmiedel professa che gli evangelisti hanno potuto, ben evidentemente, inventare discorsi dogmatici, ma che non hanno mai potuto inventare un nome, un'indicazione geografica. 

Si dirà che ho torto ad equiparare gli evangelisti a scrittori come Victor Hugo, o come, del resto, mille altri a scelta? È più appropriato equipararli ai professori di esegesi dell'Università di Zurigo?

La tesi dei Foundation Pillars implica (e questa è tutta la nostra tesi) che il signor Schmiedel supponga negli scrittori evangelisti la mentalità razionalista che è la sua, allo stesso modo in cui l'abate Turmel la suppone nei cosiddetti autori delle epistole di San Paolo.

In verità, i fautori della critica interna non hanno altro principio: immaginare lo scrittore che studiano su un modello che hanno ritagliato su sé stessi.

Così, degli studiosi che, per essere dei razionalisti, non hanno meno conservato un sentimento per le cose religiose, ci riempiono le orecchie di dettagli «che l'evangelista non ha potuto inventare», di parole «che Gesù non ha potuto dire» perché non concordano con questo o con quello, trasformando opere che sono il crogiolo in cui fermentano tutte le aspirazioni di un'epoca, in imperturbabili monumenti di logica! Auguste Sabatier, mezzo secolo fa,  si è sollevato contro i teologi che sostenevano che Dio non ha potuto volere che... che Dio non ha potuto dire che... Gli studenti di Auguste Sabatier dovrebbero avere qualche prudenza ad eccepire di ciò che San Paolo non avrebbe potuto volere, di ciò che Matteo non avrebbe potuto dire...

E questo è un punto sul quale bisogna intendersi.

Non pretendo che sia proibito, in modo generale, ricercare ciò che gli scrittori hanno potuto o non hanno potuto dire; ma provo le più vive preoccupazioni allorché leggo, sotto la firma di un maestro così ben informato come il signor Maurice Goguel, frasi come queste: 

«Tutto ciò che nella testimonianza dei vangeli è in contraddizione o solo in disarmonia con la fede cristiana come è costituita nell'ultimo quarto del primo secolo, vale a dire all'epoca della redazione dei vangeli, può, senza esitazione, essere riportato al Gesù della storia». [3]

Mi permetto, a mia volta, di restituire al signor Goguel il rimprovero che egli rivolge altrove al signor Loisy... Si veda sopra, pagina 30... «Egli subordina il suo giudizio sull'autenticità dei testi alla sua concezione dello sviluppo del cristianesimo, invece di far dipendere la sua concezione della storia dall'insegnamento dei testi».

Altrove, [4] il signor Goguel scrive di un altro studioso:

«Egli non si spiega sul fatto che notevoli elementi di Matteo non sono riprodotti da Luca, senza che sia possibile trovare alcuna ragione per queste omissioni. Egli non parla né delle trasposizioni né delle dislocazioni che, nella sua ipotesi, Luca avrebbe fatto subire al testo di Matteo e che non sono suscettibili di essere spiegate».

A prendere alla lettera le parole del signor Goguel, si ricaverebbe quella regola, che noi non dobbiamo ammettere che gli scrittori sacri abbiano fatto alcunché la cui spiegazione ci sfugge. Non c'è bisogno di argomentare che si tratta di uomini la cui vita ci è per lo più pressappoco sconosciuta; che si parli di questi o di altri, il signor Goguel ignora le mille piccole influenze che, accanto alle grandi, agiscono sugli uomini? Io, quanto a me, ho avuto per amici numerosi scrittori; posso affermare al signor Goguel che ve ne sono pochi il cui lavoro in certi momenti non sia stato influenzato da ragioni che nessuno può o potrà mai intuire. 

Si deve domandare in ogni caso che si faccia uso della regola posta dal signor Goguel solo mediante serie precauzioni.

Abbiamo spiegato prima che il maggior pericolo al quale fosse esposto uno studioso era di non ammettere che gli scrittori sacri abbiano potuto obbedire a motivi diversi da quelli a cui obbedirebbe lui stesso; si vede che andrebbe completata la frase aggiungendo: o a motivi diversi da quelli a cui egli immagina che avrebbe obbedito lui stesso.

A quali errori quella mentalità può condurre uno studioso, se ne vedrà l'esempio in quell'affermazione dell'illustre Edouard Meyer: [5

«Il tradimento di Giuda è storico, perché i vangeli non avrebbero inventato un episodio così dannoso al prestigio dei Dodici».

Ci si chiede con stupore come uno studioso come il signor Edouard Meyer possa dimenticare che tutte le leggende popolari mettono i traditori accanto agli eroi, per non parlare delle ragioni speciali che gli evangelisti hanno potuto avere per simboleggiare in Giuda il tradimento!  come mi stupii, davanti ad un allievo del maestro, che costui abbia potuto avanzare un'affermazione così sconcertante:

 L'autenticità dell'affermazione del professor Edouard Meyer è certa, mi rispose il discepolo, perché nessun falsario avrebbe osato attribuirgli una enormità così dannosa alla sua grande reputazione. 

Che esistano casi in cui tali ragionamenti siano legittimi è quello che ripeterò ancora una volta; e sono felice di trovarne un esempio nel notevole studioso che è il signor Salomon Reinach.

È necessario, scrive, «rintracciare tutto ciò che Giuseppe, ebreo amico dei Romani e nemico delle novità, in particolare del messianismo, non ha potuto scrivere». [6]

Conosciamo, infatti, Giuseppe; non è né uno di quei grandi scrittori né uno di quei mistici in cui si scontrano le antinomie; è, al contrario, un politico piuttosto miserabile che dice solo le cose che giudica utile dire. Anima dove è più facile  penetrare che in quella di San Paolo o di San Marco! La sua opera può avere l'unità che non avranno né le epistole né i vangeli. L'incoerenza è permessa a costoro; essa non è permessa in Giuseppe. Abbandono Giuseppe alla critica interna.

NOTE

[1] Encyclopaedia Biblica, art. Gospels, colonna 1881.

[2] Problème de Jésus, 1914, pagine 152-153 (quattro errori di stampa nei riferimenti).

[3] La Vie et la pensée de Jésus, Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuses, 1925, 6, 512.

[4] Stessa rivista, 1927, 6, pagina 574.

[5] Citato da Heitmüller, art. Giuda.

[6] Jean-Baptiste et Jésus, pagina 116.

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