domenica 28 febbraio 2021

IL MITO DI GIUDAIl Mistero Messianico

(segue da qui)

 III. — IL MISTERO MESSIANICO

Che tipo di uomo, allora, troveremo come risultato del metodo biografico che elimina semplicemente l'elemento soprannaturale dai vangeli? Quale è, in particolare, la sua relazione con Giuda? Circa quel personaggio non ricaviamo nessun dettaglio preliminare. Lui è semplicemente uno dei dodici che Gesù ha improvvisamente «chiamati a sé» [1] da un numero non specificato di discepoli sulla cima di un monte, secondo Marco e Luca; e «Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì», è uno dei dodici che Gesù invia a  predicare il vangelo, col potere di condannare le città incredule ad un destino peggiore di quello di Sodoma e Gomorra — un aspetto della questione che non sembra interferire nella coscienza cristiana media. 

Nessuna luce viene proiettata sulla natura dell'uomo nei sinottici. È nel certamente artificiale e fittizio quarto vangelo (6:67-71) che Gesù, dopo che «molti» dei suoi discepoli principali lo hanno abbandonato, domanda prima ai dodici: «Forse anche voi volete andarvene?» e aggiunge, alla protesta di Pietro: «Non ho forse scelto io voi, i dodici? Eppure uno di voi è un diavolo. Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei dodici».  Qui abbiamo quell'atmosfera mentale in gran parte diversa che molto tempo fa ha costretto lettori a mettere da parte il quarto vangelo in quanto assolutamente incompatibile con i sinottici dove diverge così da loro. Quando, allora, quel vangelo annuncia ulteriormente (12:6) che Giuda serbava rancore per il costoso nardo in base ad una pretesa ipocrita, «perché era ladro, e, tenendo la borsa, ne portava via quello che vi si metteva dentro»; e di nuovo ricorda (12:29) che Gesù ha effettivamente autorizzato questo ladro e ipocrita a «comprare quello che ci occorre per la festa», la scuola biografica tacitamente o esplicitamente mette da parte la testimonianza come invenzione successiva. Se quelle cose erano vere, come mai accadde che i creatori dei primi vangeli non sapevano nulla di loro ? 

Ma cosa è lasciato ora come materiale apparente dei documenti riguardo a Giuda? Semplicemente che, dopo averlo istruito e autorizzato assieme agli altri, Gesù improvvisamente profetizza, alla fine, che Giuda lo tradirà e, non facendo nessun tentativo di influenzare o di illuminare il disgraziato, gli permette di procedere. Per quanto riguarda Pietro, d'altra parte, il terzo vangelo, e solo quello (22:31), ci dice che Gesù disse: «Simone, Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». Ma a Giuda, sulla tesi biografica, è permesso deliberatamente e impietosamente di andare al suo destino; e questo dal Maestro che aveva inculcato sopportazione fraterna e persistente perdono del peccatore tra i fratelli, e aveva stabilito che tutti i peccati sono eguali agli occhi di Dio.

Perché? Qui accade che i neo-unitariani bramano il tipo di soluzione offerta per prima dai più amabili Cainiti, e sviluppata successivamente da Neander, da Whately e da De Quincey, e poetizzata finemente dal signor Phillpotts. Gesù, penserebbero volentieri, si rese conto che Giuda sognava un vano desiderio, e, non senza cuore ma con rassegnazione, lo abbandonò a «sopportare il suo fato». Ma i documenti fatali, che vanno sempre sgretolandosi sotto i loro piedi, non danno loro alcun supporto. I sinottici e il quarto vangelo concordano ampiamente nel rappresentare Gesù come se reputasse Giuda un'anima malvagia, sotto il potere di Satana. Rimuovono tutti i riferimenti fatalistici alla profezia, e quella concezione è ancora la sola soluzione offerta. Allora, si potrebbe affermare in maniera plausibile che possiamo eliminare giustamente tutti i dettagli dai documenti, e procedere a fare le nostre ipotesi personali relative alla natura di un episodio che quei documenti da soli non ci danno alcuna ragione di supporre che fosse accaduto?  Il metodo estetico dei poeti e dei romanzieri andrebbe adottato tacitamente come metodo di storia, e la finzione andrebbe proposta come fatto? 

Il dottor Arno Neumann, uno di quei zelanti modernisti che sono abbastanza sicuri che «qualcosa del genere accadde», e sono sicuri di essere capaci di scrivere una biografia spirituale di Gesù, affronta la difficoltà di Giuda senza problemi. In questo modo: [2]

«Il fato ora ha voluto che uno dei seguaci più fidati di Gesù dovesse diventare il traditore del suo Maestro, Giuda di Kerioth. Per il suo crimine contro il più puro e il più grande di chiunque sia mai apparso sul palcoscenico della storia quest'uomo è diventato per noi il simbolo del più basso genere di peccatore, e il prezzo e il bacio di Giuda sono diventati proverbiali. Nel Credo della Chiesa il traditore divenne, per così dire, l'incarnazione vivente di Satana nella tragedia del soggiorno terreno del Figlio di Dio. Per il ricercatore storico, tuttavia, il cui scopo primo e principale è comprendere e raffigurare il suo personaggio, il discepolo rinnegato è una figura sconcertante».

«È molto probabile che nel suo cuore Giuda non fu mai un completo discepolo; che, ebreo per nascita, si unì ai discepoli di Gesù solo in un momento alquanto successivo;  che la crescente ostilità di Gesù alla religione dei padri lo allontanò; e che, al pari della grande maggioranza della gente, mantenne con tenacia l'idea che il Messia fosse destinato a liberare il suo paese dal dominio di Roma. Il focoso realista in Giuda arrivò ad essere deluso da Gesù».

Le nostre fonti non ci forniscono un resoconto soddisfacente delle ragioni della sua apostasia, poiché non possiamo credere che sia stato spinto, come viene suggerito maggiormente (Giovanni 22:4-6), da semplice brama di denaro. ......Se Giuda era un uomo avido, dobbiamo chiederci cosa fosse che avrebbe potuto portarlo a unirsi al povero predicatore itinerante, e quale interesse avrebbe potuto avere in lui il Maestro ? L'unica risposta a entrambe le domande va trovata nel suo entusiasmo messianico.

Sembrerebbe, infatti, come se il lungimirante Nazareno fosse diventato consapevole di un cambiamento nei suoi modi durante gli ultimi giorni; forse perché gli occhi di Gesù erano stati messi in guardia specialmente dalla Sua ansia per la Sua sicurezza personale......»

Qui, sembrerebbe, perfino il biografo fiducioso deve temere che la sua brillante narrativa sia troppo sottile per generare una concezione soddisfacente. La sua ipotesi che Giuda si unì al gruppo «solo in un momento alquanto successivo» è pura e semplice fabbricazione di fronte al chiaro documento e al fatto che il ministero totale dura apparentemente per poco più di un anno. In un capitolo precedente (pag. 89) egli ci aveva detto che «Un rapido esame del personaggio, e una buona fortuna altrettanto bene, devono aver contribuito ad aiutarLo in questo compito [di scegliere i suoi dodici discepoli]; poiché sembra essere stato ingannato soltanto in un unico discepolo, Giuda di Kerioth». «Soltanto in un unico»!  Così i fabbricatori di biografie giocano col loro materiale.  Di nuovo e di nuovo i sinottici indicano che Gesù trovò ottusi, ineducabili, egoisti, tutti, o quasi tutti, i suoi discepoli. 

Naturalmente, ci sono altri passi in cui dice loro (Matteo 13:16) che sono i privilegiati ascoltatori di cose che molti profeti e giusti avevano desiderato invano di sapere. Questo fa parte della confusione insolubile dei vangeli. Ma quando un dichiarato modernista, scegliendo ciò in cui crederà e rifiutando ciò in cui non vuole credere, ci assicura che il «lungimirante Nazareno» fece un «rapido esame del personaggio», e tuttavia fu anche fortunato nella misura in cui scelse soltanto un traditore cattivo e predestinato tra dodici, diventiamo consapevoli che la debolezza di giudizio e l'ignoranza speculativa che procedettero alla compilazione delle narrative evangeliche non sono scomparse dal procedimento dei fiduciosi opinionisti che si accingono a trovare per noi la verità in quella rete intricata di fantasie e di contraddizioni.

Il dottor Neumann, nonostante la sua conclusione che il «lungimirante Nazareno fosse diventato consapevole di un cambiamento» nei modi di Giuda, si sente indotto a respingere in quanto incredibile la predizione esatta del suo tradimento da parte del Maestro. «È certo», ci assicura il biografo, «che Giuda doveva dissimulare fino all'ultimo momento, e pure doveva tenersi informato su tutti i luoghi dove il Maestro intendeva trascorrere la notte; poiché il compito che aveva intrapreso era di guidare la banda dei catturatori, senza alcuna agitazione, da Gesù (Atti 1:16). Il suo bacio a sua volta — il bacio dell'allievo sulla mano del maestro — si rese necessario dall'oscurità come un segno grazie al quale gli altri avrebbero potuto riconoscerLo». E allora, finalmente, abbiamo questa conclusione goffa e impotente: «All'inizio Gesù, senza dubbio, pensò che l'intenzione fosse innocente (contro Luca 22:48)». Vale a dire, il lungimirante nazareno, che ci è stato descritto timoroso del «Suo» rischio di morte a seguito delle «Sue» azioni, neppure al momento del bacio del tradimento realizzò di essere stato tradito.

Da un'ipotesi così inutile come questa ci si volge, non invero ottimisticamente, ma con almeno la speranza in una condotta più avveduta, alla nuova Vita intitolata 'Jesus of Nazareth', del dottor Joseph Klausner di Gerusalemme. Questo studioso è abituato a rimproverare per la loro procedura non accademica e non scientifica molti degli specialisti «cristiani» del giorno, e vede una «fede acritica» al lavoro tra gli ortodossi. Si sarebbe potuto supporre che il suo pregiudizio pro-ebraico lo avesse messo in guardia da un'atmosfera non storica dove i biografi di ispirazione cristiana rimangono assorbiti dal loro disegno a priori di estrarre storia dai loro documenti. Ma il metodo del dottor Klausner è proprio il loro, con una colorazione ebraica anziché una cristiana. Egli non ha dubbi circa Giuda; lui infatti, è sicuro di sapere tutto di lui: 

«Giuda venne da Gesù da una parte lontana del paese (Kerioth di Giudea), una prova che era un uomo eccezionale e attratto fortemente dal nuovo insegnamento. Questo soltanto persuase Gesù a riceverlo come uno dei suoi più intimi Apostoli-discepoli; fino all'ultimo Gesù non riconobbe in lui il carattere vile che fece di lui un traditore. [3] ......»

Gradualmente il suo entusiasmo si raffreddò, e cominciò a guardare con sospetto alle parole e alle azioni del suo maestro. Era generalmente convinto che Gesù non avesse sempre successo nel curare i malati; che Gesù temesse i suoi nemici, e cercasse di sfuggirli ed eluderli; che ci fossero marcate contraddizioni nell'insegnamento di Gesù......»

«Per giunta, questo 'Messia' non avrebbe né voluto né potuto liberare la sua nazione, eppure si arrogò il ruolo de 'Il Figlio dell'Uomo che viene sulle nubi del Cielo', asserendo di dover assidersi alla destra di Dio nel Giorno del Giudizio, osando dire del Tempio, il luogo più sacro al mondo, che nessuna pietra dovrà rimanere sull'altra, e in realtà, che lo avrebbe distrutto e al suo posto avrebbe edificato un altro dopo tre giorni!»

Giuda Iscariota si convinse che costui fosse un falso Messia o un falso profeta, che errava e faceva errare, un ingannatore e uno che fuorviava, uno che la Legge comandava di uccidere, uno a cui la Legge impediva pietà o compassione o perdono...... Dopo [la] rivelazione ai discepoli a Cesarea, e all'intero popolo di Gerusalemme, Giuda si aspettava che nella Città Santa......Gesù avrebbe......distrutto i Romani e ridotto al nulla farisei e sadducei; allora tutti avrebbero riconosciuto le sue rivendicazioni messianiche, e tutti lo avrebbero visto nella sua gloria e nella sua maestà come il 'salvatore finale'. 

 Ma che cosa vide Giuda, in realtà? Nessun miracolo (Matteo solo racconta di come Gesù guarisse i ciechi e gli zoppi nel Tempio, materie sconosciute a Marco); nessuna azione potente; nessuno è sottomesso da lui; il potente Messia fugge ogni notte a Betania; fatta eccezione per le osservazioni 'audaci' contro la tradizione degli anziani, e la vana arroganza, Gesù non rivela alcun piano tramite cui effettuerà la redenzione. Non era, allora, un 'dovere religioso' consegnare un simile 'ingannatore' al governo e così adempiere alla legge: Tu toglierai il male di mezzo a te? (Deuteronomio 13:2—12)».

«Questa deve essere stata la logica del ragionamento di Giuda Iscariota» L'avarizia «non avrebbe potuto essere» la causa psicologica della sua azione; piuttosto fu la disperazione che Giuda sopportò per la sua stessa vicinanza a Gesù e la sua conoscenza delle fragilità umane di Gesù.

«Giuda era un giudeo istruito con un acuto intelletto ma un cuore freddo e calcolatore, abituato a criticare e a vagliare; la sua conoscenza delle fragilità lo accecò alle molte virtù di Gesù, che all'inizio lo avevano così impressionato e suscitato il suo entusiasmo. Era altrimenti con gli altri discepoli, tutti ugualmente galilei non istruiti, ottusi di intelletto ma di buon cuore; per loro le virtù coprivano tutti i difetti e fino all'ora del pericolo rimasero fedeli al loro maestro, e quando il breve intervallo di dubbio era passato tornarono alla sua sacra memoria e amarono così tanto la conoscenza delle sue parole e delle sue azioni al punto che esse sopravvivono fino a questo giorno». [4]

Così il lettore acritico è tenuto ad attenersi ad un punto di vista raggiunto un secolo fa, soltanto con un trattamento pro-ebraico invece che filo-cristiano. Per lo stesso resoconto del dottor Klausner, Giuda era giustificato nel «tradire» il suo Maestro; ma finora egli si compromette col sentimento cristiano nel dichiarare Giuda «vile», e anche «freddo e calcolatore» — questa ultima espressione nello stesso punto di una descrizione di lui mentre veniva mosso ad «entusiasmo» dalle «molte virtù di Gesù». Questi e altri dettagli, del tutto ipotetici salvo per l'uso fatto del quarto vangelo, che altrove considera piuttosto inaffidabile, il critico ebreo avanza senza riserve come fatti storici. E senza un segno di esitazione egli attribuisce implicitamente a «Galilei non istruiti» la preservazione dell'intero corpo dottrinale gesuano nei vangeli. 

Egli ha semplicemente trasformato la storia in un racconto ebraico, inventando come richiede l'occasione. Insistendo sulla storicità della narrativa nel suo insieme, lui afferma senza riserve nella storia dell'arresto che «i vangeli forniscono molti dettagli supplementari, alcuni dei quali sono veri». Questo dalle sole fonti per la sua narrativa. Ma il biografo cristiano non è di un briciolo più scrupolosamente critico nella sua manipolazione altrettanto libera dei documenti; e quando il modernista fiducioso ci ha condotto ad un impasse di auto-contraddizioni a furia di eludere le auto-contraddizioni dei suoi documenti, forse dovremo avere anche alcuni fedeli con noi nell'appello ad una riapertura del caso lungo qualcosa di simile a linee giudiziarie.

Infatti ognuno che accarezza il bell'ideale di un Super-Maestro ha motivo di lamentarsi contro un espositore che gli dica, al pari del dottor Neumann (pag. 135), che Gesù attuò davvero l'azione violenta e caotica di cacciare i cambiavalute dal Tempio, e (pag. 153) che in seguito i suoi occhi furono «messi in guardia dalla Sua ansia per la Sua sicurezza personale». Se vogliamo attingere e scegliere dai nostri testi e inventare le nostre ipotesi a volontà, l'idealista potrebbe ben dire: «Facciamo una figura che quando sfida le autorità regnanti sa cosa sta facendo ed è preparato a prendere le conseguenze. Facciamo qualcosa di simile ad un Superuomo, non una miscela di eroismo e di terrore, di possessione messianica e di timido calcolo. Non ci si venga a dire che quando Gesù chiede ai sommi sacerdoti perché essi vengono a prenderlo come un ladro nella notte, egli si stesse nascondendo veramente dal terrore, confidando nella loro paura di arrestarlo di giorno. Non ci si lasci con un Superuomo crollato al posto di una Divinità crollata».

Il biografo compiacente potrebbe forse rispondere che gli idealisti dovranno prendere ciò che possono ricavare; che, avendo rinunciato al Dio inaccettabile, che predispone un tradimento e maledice il traditore, dovranno scendere ad aspetti pratici e plausibili, perfino a costo di spogliare il Maestro degli attributi di coerenza e di coraggio sereno, rendendolo un visionario in attesa di soccorso soprannaturale, e che si perde d'animo quando lo trova mancante.

Ma quando si arriva ad una tale sostituzione di ipotesi per una narrativa che è allo stesso tempo screditata dal rifiuto e fondata come una valida dimostrazione storica di una personalità, almeno l'indagatore che è interessato prima di tutto alla verità storica deve prendere un altro percorso e un altro metodo; e forse il disilluso ex-credente potrebbe ritenere opportuno seguirlo, per il momento.

NOTE

[1] In Matteo 10:1, i dodici sono introdotti rapidamente. In Marco 3:13, i dodici sono “chiamati”; così in Luca 6:13.

[2] Jesus, traduzione inglese; 1906, pag. 152.

[3] Jesus of Nazareth: His Life, Times, and Teachings di Joseph Klausner, Ph.D, (Heidelberg); Jerusalem, traduzione inglese; ed. 1927, pag. 285.

[4] Id. pag. 324-326.

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