domenica 28 febbraio 2021

IL MITO DI GIUDAIl Mistero del Tradimento

 (segue da qui)

IV. — IL MISTERO DEL TRADIMENTO

Riaprendo l'inchiesta, allora, nello spirito della scienza storica, chiediamoci riguardo la storia del tradimento, nelle parole di Volkmar, Cosa c'era da tradire? Secondo la narrativa, Gesù era stato per giorni la figura più importante di Gerusalemme. Aveva fatto un ingresso trionfale; era stato a insegnare quotidianamente nel Tempio; vi aveva provocato una commozione violenta espellendo i cambiavalute — un episodio che era stato spiegato rozzamente come un atto compiuto nell'interesse di devoti adoratori ebrei che venivano defraudati abitualmente dai cambiavalute. Che le autorità ebraiche dovessero voler imprigionare e punire un tale disturbatore prepotente della pace è prontamente concepibile — posto che potessimo credere che un solo uomo con una frusta di cordicelle potesse sconvolgere così, per dire, la Banca di Inghilterra. Origene, il più intelligente dei primi Padri, si sentì costretto a considerarlo un miracolo.

Ci viene detto, comunque, che le autorità sacerdotali temevano di arrestare Gesù apertamente a causa della popolazione amichevole — questo a fronte del ricordo ulteriore che il giorno dopo l'arresto quella stessa popolazione stava gridando «Crocifiggilo», e chiedendo il rilascio del brigante Barabba in preferenza al Figlio di Davide. I sacerdoti, allora, erano capaci di volgere la popolazione come avrebbero voluto.

Rinunciando a quel punto, nondimeno, supponiamo che due giorni prima della cattura i sommi sacerdoti e gli anziani avessero pianificato come «poter arrestare con un inganno Gesù e farlo morire......non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo». Cosa dobbiamo fare allora della narrativa che la notte dell'arresto vi si recò con Giuda «una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo» ? Era un tumulto di notte, quindi, una questione di indifferenza? L'ingegnoso biografo, il dottor Neumann, in realtà ci dice che Giuda dovette guidare la banda dei catturatori «senza alcun scalpore». E il risultato è «una gran folla con spade e bastoni»! Così si possono scrivere storia e biografia.

Ma tutti quelli interrogativi sono coperti dall'interrogativo culminante, Perché le autorità avrebbero dovuto o invitare o accettare la guida di Giuda nella vicenda? Gesù, per la sua presunta dichiarazione in tutti e tre i sinottici, insegnava apertamente nel Tempio; poi lasciava apertamente il Tempio e se ne andava (Luca 21:37) con i suoi seguaci ogni sera al Monte degli Olivi. Quale possibile difficoltà avrebbero potuto trovare le autorità nel doverlo rintracciare? Un bambino avrebbe potuto rintracciarlo. Il dottor Neumann, ignorando saggiamente tali domande, ci assicura che non solo Giuda si trovò a guidare la moltitudine per mezzo della sua conoscenza speciale, ma dovette dare il bacio traditore — «sulla mano», una vecchia ipotesi per la quale non esiste alcuna giustificazione documentaria, perché «al buio» gli altri non avrebbero potuto riconoscere Gesù. Ora ci viene chiesto di credere che a mezzanotte la moltitudine era passata per una Gerusalemme al buio fino al monte oscuro senza le torce e le lanterne che nel quarto vangelo sono prese per garantite! Se, allora, la notte fosse stata così poco illuminata, come avrebbero potuto vedere Giuda che dava il bacio quando loro stessi non potevano vedere Gesù?

Nel frattempo, secondo gli stessi vangeli che descrivono Giuda mentre giungeva con la moltitudine, Giuda era stato con gli altri discepoli non solo durante l'Ultima Cena ma durante la camminata per il Monte degli Ulivi, che, ci viene detto, era l'«abitudine» di Gesù. Solo nel quarto vangelo ci viene detto che Giuda era «uscito» dopo aver ricevuto il boccone. I sinottici dicono tutti che «i discepoli» parteciparono alla cena e si recarono con Gesù al Monte degli Ulivi; e Matteo (26:35) afferma espressamente che «tutti gli apostoli» si unirono alla protesta di devozione di Pietro sul Monte degli Ulivi prima che passassero al Getsemani. In nessun punto raccontano dell'allontanamento di Giuda. E così siamo costretti a notare ciò che la scuola biografica, fino all'abate Loisy e al dottor Joseph Klausner di Gerusalemme, hanno così stranamente mancato di vedere, che la storia del tradimento è un'interpolazione documentaria nei sinottici — un'aggiunta ad una narrativa in cui originariamente il tradimento non figurava. 

Si potrebbe dedurre rigorosamente così tanto dal fatto che nel terzo vangelo (22:30), come si presenta, al Signore gli si fa effettivamente promettere ai Dodici, incluso Giuda, «Voi siederete su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele», dopo che ci è stato detto che Satana era entrato in Giuda e che si ordì la trama del tradimento. Forse il compilatore originale non poteva aver pianificato così per denigrare il Signore e sé stesso. In Matteo (19:28) la stessa promessa viene fatta prima del viaggio a Gerusalemme; ma nemmeno quell'evangelista poteva aver scritto presumibilmente una simile predizione se avesse inteso riportare la sua falsificazione attraverso il tradimento e la perdizione di Giuda. La promessa può essere stata corrente soltanto in un tempo anteriore alla presenza di una storia del Tradimento. [1] Solo quella considerazione dovrebbe dettare la nostra conclusione. Ma troveremo che ogni dato critico nel caso comporta la stessa decisione. 

La contro-argomentazione del dottor Eduard Meyer [2] — che la storia del tradimento deve essere storica perché l'evangelista non avrebbe mai inventato un episodio così ingiurioso per il prestigio degli apostoli — è tipica della dialettica del presupposto. Troveremo che tutte le prove esterne vanno contro a quel presupposto, e anche che esso è presentato a dispetto perfino delle probabilità a priori. Il dottor Meyer, la cui esegesi personale comporta costantemente l'ammissione di interpolazioni, sostiene qui come se l'intero testo di ogni vangelo debba provenire da un unica mano. Siccome tutte le interpolazioni devono essere state motivate in qualche modo, dobbiamo solo chiedere se una fazione cristiana potesse avere un motivo per screditare l'apostolato al fine di renderci conto che che il presupposto negativo a priori è illecito. 

Il motivo risiede nel contesto del conflitto tra la fazione giudaizzante e la fazione gentilizzante di cui abbiamo le chiare tracce negli Atti e nelle epistole paoline. Screditare l'apostolato ebraico era la tattica naturale e, anzi, inevitabile del movimento gentilizzante fintanto che le rivendicazioni tradizionali del più antico gruppo ebraico fossero avanzate, e che ci fosse stato un tale conflitto può essere contestato meno di tutti dal dottor Meyer. Infatti chi avrebbe potuto inventare un racconto così completo della divisione sconveniente nella Chiesa cristiana se essa non avesse avuto luogo? Nessuno poteva guadagnare o sperare di guadagnare inventando ciò

Era l'espressione spontanea di un conflitto di interessi paragonabili ai conflitti tra tribù, tra nazioni, tra classi; e il risultato fu una nuova finzione da un punto di vista morale con le finzioni iniziali della fede. L'autore dell''Epistola di Barnaba', un proselita antisemita che scriveva intorno al 140 E.C. (ma considerato da tutti gli antichi Padri come il Barnaba degli Atti), parla (cap. 5) degli Apostoli, che neanche enumera o nomina, come «gravati di ogni peccato», e scelti dal Cristo come tali «per dimostrare che 'non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori'». Un tale approccio non solo consentiva ma dettava, nel ramo gentile ora grandemente preponderante del movimento cristista, accuse dettagliate di malefatte contro gli apostoli per nome, e noi vedremo come l'influenza operò sui testi evangelici.

Il fatto che soltanto nel quinto capitolo e alla fine del capitolo precedente 'Barnaba' cita dai vangeli, mentre tutte le altre sue citazioni scritturali sono tratte dalla Septuaginta, può essere trattenuto per sollevare la questione se non ci sia stata qui un'interpolazione. Ma una conclusione del genere estende solo l'intervallo temporale del conflitto settario. Se fosse stato l'autore oppure un redattore ad aver scritto l'estesa denigrazione degli apostoli, raffigurandoli accuratamente con una spiegazione dottrinale che lascia vacillare la fede, si tratta una testimonianza irriducibile dell'azione ellenistica contro i giudaizzanti.

NOTE

[1] In tutta la massa dei Vangeli apocrifi e degli Atti, credo che, a parte il 'Vangelo dei Dodici Apostoli', ci sia solo una narrazione riguardante Giuda Iscariota, quella data nel 'Racconto di Giuseppe di Arimatea', e là è descritto come “non un discepolo di fronte a Gesù”, ma un finto seguace che cerca di far arrestare Gesù per una rapina al tempio commessa dal “buon ladrone” Demas, che morì con Gesù sulla croce. Giuda, inoltre, è descritto come “[figlio] del fratello di Caifa, il sacerdote”. Dei Dodici non c'è menzione.

[2] Che segue Heitmüller, art. su Giuda in Die Religion in Geschichte und Gegenwart, 1912, 3, 795. Il prof. Rudolf Bultmann, al contrario, vede nella storia del Tradimento poco più che una leggenda. Die Geschichte der Synopt. Tradition, 1921, pag. 159.

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