giovedì 25 febbraio 2021

GESÙ E GIUDAPrefazione

 Il Dio straniero, che non solo non ha colpa di questo mondo e non ne è toccato, ma che ha pietà di esso, toccò la terra unicamente in Cristo e anche con lui in maniera nascosta. Proprio questo trascendente absconditum, velato anche nel suo Evangelo, deve essere nella sua lontananza l'unica realtà che illumina; infatti già il dicibile non può che deformare.

(E. Bloch, Ateismo nel cristianesimo, trad. it. di Francesco Coppellotti, Milano, 1971, p. 231)

— Questo è tutto? — chiese Paolina.

No, figlia mia, non è tutto. Putois ebbe questo di notevole, ch’egli ci era cognito, famigliare, e che tuttavia...

— ... non esisteva affatto — disse Zoe.

Il signor Bergeret lanciò sulla sorella uno sguardo di rimprovero:

— Che idea, Zoe ! Perché rompere così l’incanto? Putois non esisteva. L’oseresti dire tu, Zoe? Zoe, lo potresti sostenere? Per affermare che Putois non esistette affatto, che Putois non fu mai, hai tu abbastanza considerato le condizioni dell’esistenza e i modi d’essere? Putois esisteva, sorella mia. Ma è vero che la sua era un’esistenza speciale.

(Anatole France, Putois)


Πόλεμος πάντων μεν πατήρ εστί

(Eraclito)


Il Dio di Coincidenza   

Può qualcuno negare che  

Una cosa dopo l'altra  

In sequenza e logica  

Mai vista prima   

Non può essere che la  

Interferenza di un Dio  

Determinata a provare che  

Ognuno che pretende  

Di conoscere ora  

Una cospirazione è   

Demente? 

(Kent Murphy)


Nel terreno del Nuovo Testamento, cominceremo dal più minuscolo seme di cui ci parla la nota parabola: 

«A che paragoneremo il regno di Dio, o con quale parabola lo rappresenteremo? Esso è simile a un granello di senape, il quale, quando lo si è seminato in terra, è il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma quando è seminato, cresce e diventa più grande di tutti gli ortaggi; e fa dei rami tanto grandi, che all'ombra loro possono ripararsi gli uccelli del cielo»

(Marco 4:30-31)

Apriamo dunque il Nuovo Testamento, non prima di averlo ordinato cronologicamente, e scopriamo che ogni cosa cominciò con l'ebreo Paolo. Perciò diamo uno sguardo più vicino al primo granello di senape che avrebbe conquistato Roma: 

Ora esisteva, forse, un culto di Gesù prima di Paolo, ma a questo punto, chiunque fosse all'origine di quel culto di Gesù, è irrilevante, perché quell'origine è in realtà totalmente assente da tutti i documenti del cristianesimo. Qualunque cosa fosse all'origine di quel culto, è insomma totalmente perduto. I più antichi documenti cristiani, infatti, sono solo sei/sette (o forse solo quattro) lettere autentiche di Paolo. Ma quelle lettere sono altamente problematiche per i folli apologeti cristiani. A differenza dei quattro vangeli, ricolmi di detti e atti di Gesù, stupefacente come potrebbe essere, lo strato più antico degli scritti del Nuovo Testamento non offrono alcuna informazione sostanziale circa Gesù. 

Nelle sue lettere, Paolo non racconta né gli inizi della nuova religione, né gli episodi della vita del suo fondatore, non conosce né Maria, né Giuseppe, né Pilato, né gli altri personaggi dei vangeli. Egli si dedica alla predicazione del vangelo di dio, vangelo unico (non ve ne sono quattro ai suoi tempi), ossia, della buona novella di salvezza. Ma si comincia ad attaccarlo ed egli previene i Corinzi dall'ascoltare quei malvagi predicatori (2 Corinzi 11:4): «Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo». Dunque, si riconosce qui la presenza di ben due cristianesimi, vi sono discordie tali che Paolo dice: «ciascuno di voi dichiara: «Io sono di Paolo»; «io, di Apollo»; «io, di Cefa»; «io, di Cristo». Cristo è forse diviso?» (1 Corinzi 1:12-13). Si vedono brulicare tutte queste sette attorno a Paolo. Vi sono stati almeno due cristianesimi all'origine: un cristianesimo giudaizzante e un cristianesimo gentilizzante.

Quale è il pensiero di Paolo ? Paolo non ha visto l'uomo Gesù. Egli non dice nemmeno che gli altri apostoli l'avevano conosciuto in modo diverso da come lo aveva conosciuto lui, ossia: soltanto mediante visioni.

È per rivelazione che egli ha avuto conoscenza del mistero di Cristo. Per Paolo, sono i principi del mondo, ovvero gli arconti dei cieli cosmici, dei pianeti, che hanno crocifisso «il Signore della gloria», espressione che significa lo splendore della deità e che non indica un uomo crocifisso. 

Potete pensare per un solo momento che si alluda in quella scena cosmica ad un semplice patibolo, ad una tortura, ad un Cristo storico?!?

Io non lo penso proprio. 

Paolo ci dice anche che quella crocifissione è stata rappresentata davanti ai Galati. E questo spettacolo non doveva essere riprovevole perché Paolo si gloria della croce di Cristo per mezzo di cui il mondo è crocifisso. Il mondo non può essere crocifisso da una croce di legno, mediante una crocifissione romana. 

«Per Paolo», ed è Renan che lo dice, «Gesù non è un uomo che ha vissuto ed ha insegnato. Gesù è il Cristo che è morto per i nostri peccati, che ci salva, è un essere del tutto divino».

Se quella setta, ci dice Renan, non ci avesse trasmesso degli scritti, noi non sfioreremmo la persona di Gesù e potremmo addirittura dubitare della sua esistenza. Ecco ciò che ci dice il celebre autore della Vita di Gesù. Tradotto: se non ne dubitiamo, è grazie ai vangeli che sono posteriori a Paolo. 

Ma i vangeli sono adulterati, contradditori. Personalmente, io non posso credere a queste false testimonianze. E la mia conclusione è presto detta: ci sono stati due Gesù, due cristianesimi. San Paolo lo ha detto, Tertulliano lo ha confessato, i nostri evangelisti pure, tutto è stato confuso verso il 140-150.

Ci sono state delle polemiche. Marcione ha diffuso il primo vangelo. Si è avuta in seguito una fusione di diverse scritture, ma i due Gesù, i due cristianesimi, sono sempre là nelle nostre scritture, si deve scegliere uno e dire perché oppure separarli completamente. 

Quanto al fatto che Ponzio Pilato avesse fatto crocifiggere qualcuno a Gerusalemme, io sono assolutamente pronto ad ammetterlo, io sono perfino persuaso che egli avesse fatto crocifiggere un sacco di ebrei. Il problema non è quello. Il problema è sapere se un uomo crocifisso da Ponzio Pilato è alle Origini cristiane, è là a mio avviso tutto il problema, è di questo soprattutto che vorrei avere almeno una prova.

Si è pure detto che non occorre una prova, perché l'esistenza storica di Gesù non avrebbe nessuna importanza per la fede, ma io dichiaro invece che sì, quell'esistenza è ormai troppo intimamente legata alla fede perché non vi si badi. Mauro Pesce, per prendere uno tra i tanti cosiddetti accademici storicisti, è fin troppo evidentemente un cripto-cristiano: altrimenti, come spiegare il suo distorto interesse per i cattolici attuali ? Ma senza scomodare il folle apologeta cristiano di turno travestito da «storico», andate a dire a Roma dal demente pontefice regnante che l'esistenza terrena di Gesù non ha alcuna importanza, vedete come vi faranno uscire a forza dal Vaticano a colpi di alabarda! Ha ha ha !!!

L'umanizzazione di un Cristo divino si comprende tanto bene quanto quella di Zeus-Giove e, a partire da là, ogni tipo di leggende poteva nascere, legate più o meno a  diversi uomini in cui si poteva credere che lo Spirito di Dio si fosse incarnato. I tratti umani prestati a Gesù non costituiscono nemmeno presunzioni in favore della sua esistenza reale. Tutti gli eroi leggendari sono stati presentati sotto tratti umani. 

Ad ogni caso, il Gesù dei vangeli come lo si legge nel Nuovo Testamento, non è un personaggio storico. 


GESÙ E GIUDA

UN'INCHIESTA STORICA E TESTUALE 

di

J. M. ROBERTSON 


Traduzione di: Giuseppe Ferri



PREFAZIONE

Un anno fa è stato suggerito che un motto appropriato per un libro sulla non-storicità di Gesù sarebbe “l'ultimo pronunciamento del vescovo Gore: 'L'accettazione della storia di Cristo resta un atto di fede. Non ci può essere nulla di dimostrabile nella Storia reale'” . Quella citazione è davvero degna di nota in quanto indicativa di quanto poco sostegno sia dato dagli spiriti più religiosi alla posizione comune secondo la quale il cristianesimo si regge su un fondamento razionale. Il Cardinale Newman, si ricorderà, fece la dichiarazione ancor più sorprendente —  probabilmente inaccettabile al dottor Gore — che c'è poco nell'etica del cristianesimo che non fosse stato anticipato nella letteratura più antica. Lui sapeva che perfino il grido, “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”, è pagano. 

Difficilmente sarebbe giusto, comunque, suggerire che altri studiosi cristiani debbano essere in qualche modo vincolati alle dichiarazioni di eminenti cristiani che li superano per intensità della fede. In ogni caso, il presente lavoro si rivolge di necessità a uomini e donne che credono onestamente all'esistenza di Gesù come un fatto storico, per quanto possano essersi sbarazzati in gran parte della massa di credenze a cui ciò è stato associato in precedenza. Che debbano considerare la tesi mitica come una stravaganza è tanto più facilmente capito dallo scrittore perché nella sua gioventù, circa cinquant'anni fa, così lui pure la considerava. Avendo tenuto una conferenza su “Il Gesù di Renan e il Gesù di Strauss”, egli fu accolto dalla sfida di un amico: “Perché dai assolutamente per scontato che ci fosse stato un Gesù?” Al che egli sorrise — non, invero, con l'ineffabile superiorità del modernista cristiano (che è irraggiungibile da altri), ma abbastanza superiormente — e tranquillamente replicò, “Ciò è una stravaganza”. 

In un certo senso lo era; infatti la vecchia teoria mitica, derivata principalmente da Dupuis e da Volney, teneva conto soprattutto degli argomenti della mitologia astrale e solare — un corpo di tradizioni importanti in realtà, e che richiede un pieno riconoscimento e un'indagine in ogni completa tesi mitica, ma di per sé inadeguata alla spiegazione di gran parte della storia evangelica. Fu solo dopo molti anni di accettazione della storicità di Gesù che lo scrittore fu spinto, a seguito di una lunga e rigorosa inchiesta, ad abbandonarla in quanto insostenibile. 

Le pagine seguenti indicano, tra le altre cose, quanto l'argomento, siccome sviluppato da varie mani, sia comunemente ignorato, o sia oziosamente deriso, oppure, quando affrontato seriamente con un argomento, sia confutato soltanto in apparenza. Ma laddove l'argomentazione a favore della tesi mitica, esposta in origine in grandi volumi, è solita, perfino in affermazioni concise, allontanare, a causa di un'aria di astrattezza, tutti tranne che i lettori più studiosi, qui essa è approcciata, nei termini di una nuova analisi testuale, su una particolare linea di narrativa concreta e di sfida diretta a ciò. Tutti coloro che sono veramente interessati alla verità sul cristianesimo possono essere ragionevolmente invitati a seguire tale approccio, e a notare come la tesi mitica entra qui in azione. Da quel concreto punto di vista, l'intera tesi mitica è indicata in prospettiva.

Il professor Burkitt ha ragione senza dubbio nel confessare che l'interesse ai problemi delle origini cristiane sta diminuendo nella massa; proprio come il Vescovo Ellicott ha confessato cinquant'anni fa che “lo studio critico e meditato delle Scritture sta diventando sempre più trascurato”. Il processo è chiaramente cumulativo. Ma forse il dottor Burkitt sarebbe d'accordo con molti razionalisti nel concedere che tale semplice resa all'indifferenza non sia del miglior augurio per la vita intellettuale; e che anche una classificazione scientifica del cristianesimo come un prodotto del folclore e della mitopoiesi reso possibile dall'organizzazione ecclesiastica, sia preferibile al mero disinteresse circa l'intera materia. Senza esitazione, si presume che egli non abbia nessuna parola da dire a favore della conservazione di un culto non creduto dai suoi stessi esponenti ufficiali.

A breve distanza da quella esagerazione di cinismo, comunque, ci sono, così sembrerebbe, non pochi che vedrebbero una placida continuazione delle apparenze della fede, nella perdita di una fede nella sostanza, piuttosto che in ogni indagine rigorosa dell'intero problema. In questo modo, forse, la tesi mitica è considerata con più insofferenza di quanto lo sia da molti che la rifiutano sinceramente.

Il nostro commento dev'essere il detto di Whately, così assai più pregnante di intere batterie di testi religiosi: “Fa tutta la differenza del mondo se mettiamo la verità al primo posto o al secondo”. Questo è il detto di un prelato che era abbastanza gioiosamente fiducioso della verità delle storie di miracoli nei vangeli, ora abbandonate da così tanti uomini di fama e prominenza nella sua Chiesa. In quelle circostanze egli può essere considerato da alcuni della sua stessa casa un profeta pericoloso, vedendo quanta opinione pubblica ha riscosso. 

Dopo Whately è venuto Seeley, il cui 'Ecce Homo', proclamando un Gesù non divino ma superuomo, è stato molto odiato dai fedeli del suo tempo, dato che lo scarsamente lungimirante Lord Shaftesbury lo denunciò come il peggior libro «mai vomitato dalla bocca dell'inferno», sebbene l'altrimenti lungimirante Gladstone lo prendesse sotto la sua potente protezione. L'eresia di Seeley è diventata ortodossia accademica; e ancora procede il lavoro di riconsiderazione. 

Gli innovatori e gli accomodatori del passato o devono essere classificati umanamente come fedeli a quel che ritenevano fosse la verità, oppure devono essere inseriti nella lista nera in quanto praticanti di quella “economia di verità” ritenuta giustificata da alcuni gesuiti. Dando loro in massa il beneficio del dubbio, il nuovo eretico può sfidare adeguatamente i suoi contradditori a essere all'altezza del suo principio. Generare il sospetto che una vasta parte dell'opinione seriamente proclamata sia in larga misura una mera convenzione equivale a rendere un servizio addirittura peggiore alla stabilità sociale piuttosto che alla verità scientifica. E l'unico modo per sfuggire a tale degenerazione è ragionare sui problemi.

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