martedì 1 dicembre 2020

«Il Quarto Vangelo» (Joseph Turmel) — 17) Il Paraclito

 (segue da qui)

8. — Il Paraclito.

Il Paraclito è menzionato quattro volte nel quarto Vangelo e una volta nella prima epistola giovannea.

Ecco i testi del Vangelo che lo menzionano:

14:16: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre; 17 lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi».

14:25: «Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

15:26: «Quando verrà il Paraclito che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza. 27 E anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio».

16:7: «Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paraclito; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. 8 E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9 Quanto al peccato, perché non credono in me; 10 quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; 11 quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è condannato. 12 Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13 Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14 Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annuncerà. 15 Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annuncerà».

La prima caratteristica di questo personaggio è che il suo invio è posto nel futuro. Non è che i nostri testi presentino su questo punto una coesione perfetta. Uno di loro (14:17) dice a chiare lettere che il Paraclito dimora tra i discepoli e che costoro lo conoscono. Occorre rendere conto di questa stranezza. Ma, sotto riserva di una spiegazione indispensabile, l'asserzione che si ha appena letta è al di sopra di ogni contestazione possibile. Nel momento in cui il Cristo si intrattiene con i suoi discepoli, il Paraclito non è ancora venuto perché non è ancora stato inviato. È in seguito che il Cristo, o il Padre che rinvia alla sollecitazione del Cristo, gli darà mandato di venire tra i cristiani. La sua missione è rinviata ad un futuro più lontano.

La seconda caratteristica del Paraclito, a giudicare dallo stato attuale del testo, è quella di essere identico a «lo Spirito di verità» o allo «Spirito Santo». Nei primi tre testi, non appena il Paraclito viene nominato, arriva una nota che ci spiega che questo Paraclito è lo Spirito di verità o lo Spirito Santo. Nel quarto testo, il Paraclito (16:7) non è dapprima l'oggetto di alcuna determinazione. Ma, qualche riga dopo, egli è designato di nuovo (13), e allora impariamo che egli è lo Spirito di verità. L'identificazione si fa attendere, ma alla fine è arrivata comunque. Insomma il Cristo, ogni volta che annuncia il misterioso collaboratore che deve venire, enuncia prima il suo titolo, la sua funzione; poi a questo annuncio aggiunge il documento di identità. Egli attribuisce eguale importanza al titolo e al documento d'identità. Ci tiene a nominare il Paraclito, come se questo nome fosse indispensabile per la descrizione del personaggio; ma ci tiene anche ad avvertirci che il Paraclito è lo Spirito di verità, come se, senza questa informazione, fossimo esposti a vagare su una falsa pista.

Egli ha quindi due preoccupazioni altrettanto grandi. Questo è ciò che è strano. Strano perché queste due preoccupazioni si contraddicono a vicenda. Lo «Spirito di verità» arriva qui per illuminare il lettore che è supposto ignorare chi sia il Paraclito. Vediamo ora ciò che viene a fare il «Paraclito». Lo sapremo quando avremo notato che questo termine, che significa difensore, avvocato, protettore, indica il personaggio in questione per la funzione che svolge. Lo indica per la sua funzione: è come dire che il Paraclito è un soprannome, ossia un modo di parlare analogo a quello che impieghiamo quando parliamo del Cavaliere senza macchia e senza paura, del Santo della nazione, dell'Aquila di Meaux, del Patriarca di Ferney, del Piccolo Caporale. Quando si ricorre alle espressioni di questo tipo, si ha la certezza che siano note a tutti e che nessun lettore si confonderà sul loro conto. Siamo sicuri che il soprannome di Paraclito, al tempo e nell'ambiente in cui fece la sua apparizione, non conteneva alcuna oscurità. In sintesi, lo «Spirito di verità» è una spiegazione data a dei lettori che altrimenti non sarebbero stati in grado di identificare il Paraclito, e il «Paraclito» o il «Difensore» è una designazione fuorviante che comprendono perfettamente tutti i lettori o tutti gli ascoltatori per cui è impiegata. Ho ragione a dire che quei due termini sono ispirati da delle preoccupazioni opposte.

Da ora noi saremo autorizzati a concludere che il Paraclito e lo Spirito di verità — o lo Spirito Santo —differiscono per la data e per l'origine. Ma abbiamo di quella differenza un'altra prova più decisiva che ci è fornita da Montano. Questo visionario, intorno al 160, predicò alle popolazioni della Frigia che lui era al tempo stesso il Padre, il Figlio e il Paraclito. In quale senso rivendicava quei titoli? Si discute e non importa qui: il fatto solo ci interessa. È certo che Montano pretendeva di possedere, in un modo o nell'altro, le tre funzioni del Padre, del Figlio e del Paraclito. È anche certo che gli elementi di quei sogni stravaganti gli sono stati forniti dal quarto Vangelo, che solo parla del Paraclito. [1] Ma perché Montano non ha voluto essere lo Spirito di verità o lo Spirito Santo? Quando si è già il Padre e il Figlio, non conta più essere lo Spirito Santo oltre a tutto quello. Al punto in cui era arrivato, Montano poteva occupare il posto dello Spirito Santo. Aggiungerei che doveva farlo. Nobiltà obbligata. Colui che era o rappresentava il Padre e il Figlio, era tenuto a completare la sua opera e ad essere o rappresentare lo Spirito Santo. Per come ci appare, Montano rassomiglia ad un viaggiatore che non ha potuto completare il suo viaggio.

Si dirà che Montano si è chiamato Paraclito e che questo nome equivaleva a quello di Spirito Santo. Questa risposta dimentica che la parola Paraclito indica una funzione, che non è, propriamente parlando, il nome del personaggio stesso ma il suo soprannome. Non vi è quindi equivalenza, dal punto di vista formale, tra il Paraclito e lo Spirito Santo. Montano, che era già il Padre e il Figlio, non poteva accontentarsi di essere il Paraclito, ovvero il Difensore. Doveva prendere il nome del titolare di quella funzione: doveva chiamarsi Spirito Santo o Spirito di Verità.

Non ha preso quel nome. Si è chiamato Paraclito. Ecco il fatto: fatto strano, improbabile, ma che solo risponde alla realtà. Questo fatto reclama una spiegazione. E la sola spiegazione plausibile consiste nel dire che nel quarto Vangelo, come lo leggeva Montano, il Cristo prometteva ai suoi discepoli il Paraclito, ma non prometteva loro lo Spirito di verità o lo Spirito Santo.

Eccoci quindi arrivati per due vie diverse allo stesso risultato. Nella redazione primitiva del quarto Vangelo, il Cristo non menzionava che il Paraclito, non annunciava che il Paraclito, e i suoi lettori, al pari dei suoi ascoltatori, comprendevano benissimo di chi stava parlando loro tra le righe. È un secondo scrittore che, in un secondo momento e per dei contesti diversi, ha creduto di dover munire il Paraclito di un documento d'identità e certificare che questo difensore è lo Spirito di verità.

Quanto vale la sua certificazione? Forse è d'accordo con il pensiero dello scrittore primitivo. Ma il contrario non è neppure impossibile e le informazioni che ci fornisce forse sono false. Cerchiamo di vederci chiaro.

Il Paraclito è, come il suo nome indica, un difensore, un avvocato: egli difende una causa. E i testi seguenti ci fanno conoscere chiaramente la causa che difende: (15:26): «Egli mi renderà testimonianza»; (16:14): «Egli mi glorificherà». Il Paraclito è il difensore del Cristo e la causa che difende è quella del Cristo. Come la difende? Ad avviso dei commentatori, la sua azione è invisibile, si esercita direttamente sulle anime che illumina e alle quali comunica una teologia erudita. È certo che lo Spirito divino può, senza difficoltà, mettersi in relazione con le anime, conversare con loro al di fuori di qualsiasi intermediario, e dare loro tutti i chiarimenti che ritiene utili. I commentatori, per cui il Paraclito è lo Spirito Santo, hanno quindi a proprio sostegno la logica. Non resta loro che avere i testi a proprio favore. Sfortunatamente vanno incontro qui ad un'opposizione assoluta. Secondo i nostri testi (16,8) il Paraclito, quando sarà venuto, si rivolgerà al mondo; il mondo che non accetta il Cristo. A questo mondo incredulo darà la prova del peccato di cui si è reso colpevole rifiutando di credere. Se l'opinione dei commentatori è corretta, questa prova sarebbe fatta per mezzo di illuminazioni interiori, di consigli pressanti, in una parola da tutta una serie di influenze invisibili e segrete. Tuttavia, quell'ipotesi è necessariamente errata. Prima di lasciarsi convincere del suo peccato, il mondo doveva permettere preventivamente all'azione invisibile dello Spirito Santo di penetrare in esso. Ma, poiché ha ben saputo difendersi contro la fede in Cristo, saprà altrettanto bene respingere i consigli dello Spirito Santo e renderli inutili. No, non è per mezzo di avvertimenti silenziosi e incerti che il mondo sarà convinto della sua colpevolezza. Per condurlo a questa convinzione, saranno indispensabili delle polemiche rumorose intraprese per mezzo della parola o della penna, e per condurre quelle polemiche, ci vorrà un uomo.

Il Paraclito, il difensore del Cristo, è un uomo. E, di conseguenza, l'identificazione che ci propone il Vangelo è artificiale. Essa dovrebbe volerci illuminare, guidarci. In realtà ci smarrisce. Lasciamo questa menzogna e cerchiamo di identificare il personaggio che recò originariamente il titolo di «Difensore», che tutti, ad una certa data ed in un certo ambiente, chiamarono comunemente con quel nome. Per meritare tale onore ha dovuto dedicarsi, senza dubbio, ad una straordinaria opera di apostolato. Ma quale? Il Vangelo ci dice che si è rivolto al mondo non credente. Ma questa informazione, che sembra metterci sulla via, non ci insegna nulla, poiché Paolo e tutti coloro che, al suo seguito, hanno diffuso il nome cristiano, hanno incontrato sul loro cammino i non credenti, ebrei o pagani. L'imbarazzo scompare quando ci si ricorda da chi si è. Siamo a casa del Cristo spirituale, ed è il padrone della casa che ha la parola.

Quest'uomo di cui il Cristo spirituale annuncia la venuta ha fatto la sua apparizione intorno al 130; egli si è chiamato Marcione. Egli ha «reso testimonianza» al suo maestro; egli lo ha «glorificato»; egli ha «ricordato» ai discepoli tutto ciò che il divino guaritore aveva rivelato; egli ha «insegnato ogni cosa». E comprendiamo ora quelle espressioni che, applicate ad un apostolato ordinario, sembrerebbero strane. Il «Difensore», non esercitò un apostolato ordinario. Egli predicò il Cristo, non agli ebrei e ai pagani, ma ai discepoli, più esattamente ai discepoli dei discepoli, conformandosi in ciò all'intenzione del maestro che aveva detto, 17:20: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me». Si rivolgeva solo a persone che avevano già sentito parlare del Cristo, che credevano di conoscerlo, che lo conoscevano, ma che ne avevano nella mente solo un'immagine distorta dai pregiudizi. Lavorò per correggere i loro errori, «ricordando» loro gli insegnamenti dati dal maestro ma caduti nell'oblio. È così che rese «testimonianza» a Cristo, al vero Cristo, al Cristo spirituale; è così che egli «glorificò» il Cristo. Questo buon servitore, affrettiamoci a dirlo, non era abbandonato alle sue proprie forze. Il suo maestro lo sosteneva, lo ispirava, gli dettava le sue predicazioni (16:13: «Egli non parlerà da sé stesso, ma dirà tutte le cose che ha udito... egli prenderà del mio e ve lo annuncerà»). Tuttavia, malgrado una collaborazione così potente il «Difensore» non ottenne che dei risultati incompleti. Senza dubbio fece delle conquiste; ma la grande massa del popolo cristiano si mostrò irriducibile e si rifiutò di abbandonare il suo Cristo carnale. Il «Difensore» non ebbe altra risorsa che convincere di peccato questo mondo incredulo. È, del resto, quel che il Cristo spirituale aveva predetto (16:8): «Egli convincerà il mondo di peccato».

Marcione ricoprì all'origine il ruolo di Paraclito. Poi fu estromesso e il suo ruolo, dopo una deviazione, alla fine toccò allo Spirito di verità. Ho detto, dopo una deviazione. Infatti, lo Spirito di verità, che fu l'erede definitivo di Marcione, non ne fu l'erede immediato. L'incarico di Paraclito, dopo essere sfuggito a Marcione, ebbe un detentore temporaneo che lo esercitò per alcuni anni prima di cederlo allo Spirito. Questo detentore fu Montano che, a partire dal 160 circa, evangelizzò la Frigia.

Montano leggeva il quarto Vangelo. Conosceva i punti di questo libro che parlano del Padre, del Figlio e del Paraclito che il Padre invia su richiesta del Figlio. Questi tre termini, penetrando nella sua immaginazione, vi produssero le risonanze più strane. Arrivò a dire: «Io sono il Padre, io sono anche il Figlio e anche il Paraclito». [2] Altre volte diceva: «Io sono il Signore, il Dio onnipotente che risiede nell'uomo». Oppure ancora: «Io non sono un angelo, non sono un messaggero; io sono il Signore, Dio il Padre, sono io ad essere venuto». [3] Epifanio rimproverava a Montano di aver preteso di essere Dio il Padre. Le ultime due espressioni che si sono appena lette, purché le si prendano alla lettera, non sono suscettibili di un'altra interpretazione e danno ragione a Epifanio. Non obiettiamo che, se li prendessimo alla lettera, attribuiremmo al loro autore una stravaganza impossibile. Nulla è impossibile ai visionari e, per loro, le difficoltà metafisiche non contano. Montano ha potuto credere e dire che lui era il Padre, senza perdere il suo tempo a spiegare sé stesso e a spiegare agli altri questo mistero. Con la stessa facilità ha potuto prendere alla lettera la prima espressione, e presentarsi come colui che possiede nello stesso tempo le funzioni di Padre, di Figlio e di Paraclito.

Nulla sciocca i visionari. Ma coloro che non hanno visioni, che non vivono chiusi in un sogno, recalcitrano davanti a certe enormità. Se Montano ha creduto, come è probabile, di essere il Padre e il Figlio, i suoi discepoli — salvo forse alcuni fanatici — trovarono eccessive quelle due pretese e le abbandonarono. In compenso la funzione di Paraclito non sembrava loro improbabile. La attribuirono al loro maestro, almeno per qualche tempo. Siamo informati su questo punto da Eusebio. Egli ci parla (Hist. eccl. 5:14) di certi eretici che, verso la fine del secondo secolo, si diffusero nelle province d'Asia e di Frigia e considerarono Montano come il Paraclito.

Montano andò dai suoi primi discepoli per essere il Paraclito. Questo fatto ebbe una conseguenza importante. Il Paraclito era inseparabile dal libro che aveva annunciato la sua venuta. In risposta agli avversari che si presentavano davanti a loro, i montanisti utilizzarono le testimonianze che il quarto Vangelo rendeva al Paraclito. Il loro ragionamento era il seguente: «Il grande movimento religioso che, partito dalla Frigia, si diffuse nella Chiesa, è l'opera del Signore stesso. In quattro dei suoi oracoli, il Signore Gesù annuncia che invierà o chiederà a suo Padre di inviare il Paraclito. Ora è il nostro capo Montano che è il Paraclito. Montano è stato elevato da un decreto ufficiale di Dio, decreto consegnato in uno dei Vangeli». [4]

I montanisti avevano dei nemici ardenti. Costoro, piuttosto che credere alla missione di Montano, preferiscono respingere il libro che avrebbe dovuto annunciare la venuta del nuovo profeta. Siamo informati sul loro comportamento da Ireneo che ci dice (Contra Haereses 3:11,9): «Altri (ha appena parlato di Marcione), per annullare il dono dello Spirito che, in questi ultimi tempi, è stato riversato sul genere umano per la volontà del Padre, non ammettono il vangelo di Giovanni, nel quale il Signore ha promesso di inviare il Paraclito; ma rifiutano sia il vangelo che lo Spirito profetico. Disgraziati coloro che..... tolgono dalla Chiesa la grazia profetica!»

Gli avversari dei montanisti denunciati qui da Ireneo sono conosciuti sotto il nome di alogi, nome che ha dato loro Epifanio. La cura presa da Ireneo nel dire che, nel Vangelo di Giovanni, il Signore promette di inviare il Paraclito, mostra che gli alogi respingevano il quarto Vangelo proprio a causa della menzione del Paraclito che vi è fatta. Si ha la spiegazione della loro ostilità contro questo personaggio, quando si sa che il Paraclito dei montanisti era Montano. Il quarto Vangelo dovette pagare con un completo discredito il patrocinio che il suo Paraclito accordava ai montanisti.

Esso fu salvato nondimeno, ma il salvataggio richiese diverse operazioni. E prima di tutto era necessario fare una concessione importante. Il Paraclito dovette rompere i suoi legami con Montano e fornire una prova materiale della rottura. Abbiamo questa prova sotto i nostri occhi. Ogni volta che il Paraclito si presenta porta un certificato di identità, e questo certificato ci insegna che egli è lo Spirito di verità o lo Spirito Santo. Questa prova, che fece la sua apparizione nel corso della polemica montanista, non può essere anteriore al 170 circa. [5] È solo a quella data che lo Spirito di verità o lo Spirito Santo fu inserito accanto al Paraclito. L'inserzione fu talvolta accompagnato da alcuni accessori. [6]

Nella metamorfosi che ha identificato il Paraclito con lo Spirito Santo vi sono due cose. Vi è, da una parte, l'obiettivo, o meglio gli obiettivi perseguiti. Vi è, d'altra parte, il mezzo di esecuzione. Gli obiettivi sono in numero di due. Il prossimo obiettivo è di separare il Paraclito da Montano; l'obiettivo a lungo termine è di salvare il quarto Vangelo che l'unione del Paraclito con Montano ha messo in pericolo. È facile comprendere l'importanza di questi due obiettivi, di cui il secondo completa il primo. Che un uomo si sia levato per prendere la difesa del libro attaccato dagli alogi, e che, per difenderlo, abbia tagliato i legami che collegavano il Paraclito a Montano, ciò si comprende facilmente. Ciò che si comprende meno, è che, per operare la rottura, egli abbia immaginato di collegare il Paraclito allo Spirito Santo. Non che l'efficacia del mezzo possa essere revocata in dubbio; infatti è chiaro che, se il Paraclito è lo Spirito Santo, si deve rinunciare a confonderlo con Montano. Ma perché, tra i diversi altri possibili espedienti, il difensore del quarto Vangelo ha scelto quello là? L'esame delle pratiche montaniste ci permette di rispondere a questa domanda.

Montano, le due donne che lo accompagnavano, e, a poco a poco, parecchi dei suoi principali adepti, esperivano dei trasporti estatici nel corso dei quali pronunciavano degli oracoli. Intorno a loro i cristiani si dividevano in due campi. Entrambe le parti concordavano sul fatto che dietro questi strani fenomeni si nascondeva uno spirito. Ma quale spirito? «Uno spirito santo», dicevano gli amici. «Uno spirito di errore», «uno spirito impuro» dicevano i nemici. Un contemporaneo, avversario ardente dei nuovi oracoli e dei loro autori, ci informa su questa situazione in un racconto di cui ecco alcuni estratti (Eusebio, Hist. eccl., 5:16, 7):

«E andò improvvisamente in delirio e in falsa estasi, cominciò a parlare dicendo cose strane, facendo profezie opposte a quelle tramandate abitualmente dalla tradizione... (8) Tra quanti udirono allora quei discorsi spuri, alcuni, sdegnati con lui perché invasato, indemoniato e posseduto da spirito d'errore, e perché turbava le folle, lo rimproverarono e gli impedirono di parlare... ma gli altri, invece, come esaltati da uno spirito santo (ôs aghiô pneumati) e da un carisma profetico... incoraggiarono quello spirito insano, adulatore e impostore... (9) Lo spirito diceva beati coloro che gioivano di lui e ne erano tronfi, esaltandoli con la grandezza delle sue promesse... (qui è menzionato lo spirito impuro che animava le due compagne di Montano). Inoltre lo spirito arrogante insegnò anche a bestemmiare l'intera Chiesa che sta sotto il cielo, perché lo spirito falsamente profetico non aveva onore né accesso presso di lei».

È un avversario che parla. Capovolgiamo i termini; sentiremo un sostenitore. Ci dirà che Montano e i suoi adepti erano sotto l'influenza dello Spirito di verità, dello Spirito Santo. E il suo linguaggio sarà esattamente quello che tiene oggi il Vangelo. Lo scrittore che, per mezzo delle sue interpolazioni, ha identificato con lo Spirito il Paraclito del quarto Vangelo, venerava questo libro. Ma era anche sostenitore del movimento montanista. Secondo lui l'esplosione di entusiasmo religioso che, a partito dalla Frigia, aveva commosso l'Oriente cristiano, era dovuta ad un'abbondante effusione dello Spirito. Non dello spirito di errore, dello spirito impuro, come i suoi avversari amavano dire, ma dello Spirito di verità, dello Spirito Santo. Ammirava l'opera, adorava l'autore invisibile che l'aveva realizzata. Quanto allo strumento umano che, in fondo alla Frigia, aveva dato la scossa necessaria al primo terremoto delle anime, il nostro pio autore non se ne occupava, probabilmente perché non lo conosceva. Solo la causa principale attirò la sua attenzione. E vediamo ora perché, dopo aver staccato il Paraclito da Montano, l'ha collegato allo Spirito. Ha voluto così, pur sacrificando Montano, riabilitare il montanismo contro le accuse dei suoi detrattori.

È lo stesso scrittore che, per glorificare lo Spirito, ha scritto il testo 7:39. Il Cristo spirituale ha appena parlato dei fiumi di acqua viva che disseteranno il credente. Il nostro autore vede due cose qui: prima una citazione scritturale, poi un'allusione alle meraviglie (estasi, glossolalia) prodotte dallo Spirito nelle anime che acconsentono a riceverlo.

NOTE

[1] La menzione che si trova nella prima epistola giovannea era troppo fugace per attirare l'attenzione; del resto dato che il Paraclito dell'epistola era chiaramente identificato col Figlio non costituisce un terzo personaggio.

[2] Didimo, Della Trinità 3:41, 1. Patr. gr. XXXIX, 984; si veda anche la Controversia di un Ortodosso con un Montanista, pubblicata da Ficker in Zeitschrift für Kirchengeschichte XXVI, 446.

[3] Epifanio, Panarion 48:11.

[4] Il testo di Ireneo che si leggerà in questo momento prova che i montanisti basavano sul quarto Vangelo la missione divina di Montano.

[5] Ireneo che parla spesso dello Spirito Santo, e che menziona tre o quattro volte il Paraclito, 3:11, 9 e 3:17, 1-4, non cita alcuno dei testi che ci interessano qui; tuttavia egli fa allusione a 16:17, ma nominando solo il Paraclito.

[6] È allora che fu scritto il punto di 14:17 in cui il Paraclito divenuto lo Spirito di verità è presente in mezzo ai fedeli.

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