lunedì 28 dicembre 2020

IL PUZZLE DEI VANGELILe fonti dei vangeli

 (segue da qui)

V — Le fonti dei vangeli

Dire che i vangeli furono scritti dopo il 150 non implica che i loro scrittori avrebbero inventato, in quella data, tutto il loro contenuto, come farebbe un romanziere. Non può essere, come pretendeva Porfirio, che «gli evangelisti sono gli inventori, non gli storici, delle cose che raccontano su Gesù». Dove hanno dunque attinto i discorsi e i racconti che riportano?

Si amerebbe poter pensare che, come autentici storici, essi abbiano messo a nudo documenti, verificato atti precedenti. Purtroppo non è per nulla così, e la Chiesa stessa non sostiene che essi avrebbero disposto di fonti scritte autentiche. Quella carenza ha peraltro turbato i cristiani del II° secolo e, per autenticare i vangeli contro i loro detrattori, non hanno esitato a fabbricare falsi atti del censimento di Quirino, un falso rapporto di Pilato, conosciuto da Giustino.  Tertulliano supporrà anche l'esistenza di un rapporto di Pilato a Tiberio, [1] ma quello che conosciamo è un falso manifesto, che nessuno difende.

Il problema delle fonti dei vangeli è stato totalmente rinnovato, da quando si sono scoperti i prestiti effettuati dall'Evangelion di Marcione. Nondimeno, esistono nei sinottici altri elementi oltre a questi prestiti. Da dove vengono? E da dove proviene il contenuto stesso dell'Evangelion? Da dove proviene il contenuto di ogni altra opera il cui utilizzo da parte dei nostri evangelisti apparirebbe alla stessa maniera?

Conviene, infatti, ben precisare questa nozione di «fonti». Quando diciamo che una parte del nostro Marco proviene da un «proto-Marco» conosciuto da Papia, che Matteo utilizza probabilmente il vangelo degli Ebrei, quello di Pietro e una fonte essena, oppure che i tre sinottici derivano in parte da Marcione, non facciamo che rimandare il problema. Ritornerò, studiando ciascuno dei vangeli in particolare, ai testi precedenti che esso sembra aver incorporato, ma là vi è una questione di forma. Cosa importerebbe, dopo tutto, che noi avessimo racconti di seconda mano, se derivassero da fonti degne di fede? Non si tratterebbe più allora che di discernere le deformazioni apportate dagli editori finali all'informazione di base: questa sarebbe solo una questione secondaria. 

Per esempio, quando ci raccontano la seconda guerra punica e le gesta di Annibale, né Polibio né evidentemente Tito Livio (molto posteriore) hanno assistito a questi eventi. Sappiamo che Tito Livio, così come Diodoro di Sicilia e Appiano, hanno largamente seguito Polibio, ma che costui aveva attinto la sua documentazione dalle opere, oggi perdute, di Sosilo di Lacedemone, di Fileno e Fabio Pittore, probabilmente anche dalle memorie di Scipione. Ciò è interessante, ma è molto più importante sapere se questi storici riportano dei fatti autentici, se Annibale ha realmente fatto tutto quello che riportano su di lui. Detto altrimenti, ricercando le fonti storiche, tentiamo soprattutto di risalire ai fatti; il colore e l'interpretazione che danno loro ciascuno storico, quantunque non trascurabili, restano in secondo piano.

Il problema essenziale in ciò che concerne le fonti dei vangeli dovrebbe essere la ricerca dei fatti: un certo Gesù ha realmente fatto e detto tutto o parte di ciò che gli si presta? La veridicità del contenuto, attraverso i testi successivi, dovrebbe essere l'oggetto principale dell'analisi delle fonti. Sfortunatamente, io ho già spiegato che questo era impossibile: noi non sappiamo nemmeno se Gesù sia esistito; perfino nell'ipotesi favorevole alla sua esistenza, nulla di ciò che ci viene raccontato su di lui è assicurato, nessuna delle parole che gli sono attribuite può essere considerata autentica. Si deve quindi approcciare il problema in modo diverso, e domandarci da dove provengono i racconti e le parole che i vangeli attribuiscono a Gesù.

Se, in quella ricerca, potessimo almeno ritrovare un'unica fonte, la questione essenziale sarebbe di valutare la credibilità di quella fonte. Ma, come ho detto, i nostri vangeli sono dei confluenti; per quanto si possa risalire al di là della loro stesura, non è mai una corrente uniforme che ritroviamo, ma una molteplicità di affluenti le cui sorgenti divergono sempre di più nella misura in cui si risale il loro corso nel tempo. 

Dovremo quindi limitarci alla scoperta e all'analisi di ciascuna di queste fonti: ciò che ne emergerà, con una evidenza sempre più pressante, è che il cristianesimo non è una religione fondata, ad una data determinata, da un grande iniziato o un inspirato, ma una sintesi molto imperfetta di elementi provenienti da provenienza diversa.

In queste condizioni, è facile comprendere che non arriveremo mai ad un'origine assoluta. Le varie fonti provengono da paesi e da tempi diversi; a dire il vero, nessuna di esse sarà assolutamente pura, e molto prima della loro convergenza ciascuna di esse avrà subito una lunga evoluzione. Così, non ci sarà questione di risalire molto indietro nello studio di ciascuna delle correnti che sono confluite, ci basterà identificarle, — altrimenti bisognerebbe dedicare a ciascuna di loro un'opera distinta, e allontanarci notevolmente dai vangeli. 

È così che si pone il problema delle fonti, problema complesso di cui la maggior parte dei lettori non ha la minima idea, ma la cui soluzione permette da sola di comprendere qualcosa del contenuto dei vangeli, che sarà studiato nel capitolo seguente, e delle sue contraddizioni. 

NOTE

[1] Apologetico, 21:24.

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