martedì 10 novembre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAI protestanti.



I protestanti.

C'è bisogno di ricordare ai protestanti che la Riforma del XVI° secolo è stata intimamente legata al movimento dell'umanesimo? I seguaci della Riforma si sono proposti di ristabilire la religione cristiana nella sua purezza e, a questo fine, di conoscere i testi del Nuovo Testamento, così come erano stati originariamente scritti, liberati da tutte le alterazioni che l'inavvertenza dei copisti o i secondi fini dei teologi vi avevano apportato. È per questo motivo che gli storici protestanti hanno potuto, nei secoli 19° e 20°, collaborare liberamente al lavoro critico che si è esercitato su questi testi. 

Cosa domandiamo oggi ai protestanti, se accettano come valide le nostre conclusioni ? Si tratta di riconoscere che né Paolo né i suoi discepoli (nel caso in cui adotteranno per l'attribuzione dei vari passi delle Epistole paoline l'opinione di Loisy), né i vari autori dell'Apocalisse, né l'autore anonimo della parte primitiva dell'Epistola agli Ebrei, né l'autore o gli autori dell'Ascensione di Isaia propriamente detta, né il primo autore del racconto dell'arresto di Paolo negli Atti degli Apostoli, né infine l'autore del Vangelo di Marco nella sua  versione primitiva hanno concepito Gesù Cristo come colui che aveva subito la morte in Giudea al tempo dell'imperatore romano Tiberio e del procuratore Ponzio Pilato. Questo è vero per tutti gli scrittori cristiani, esaminati sopra, ivi compreso «Marco», se, come noi pensiamo, la missione itinerante e la passione di Gesù, così come quest'ultimo la presenta, non siano state per lui che una procedura letteraria, destinata a illustrare, per un'uditorio profano e intriso di paganesimo, il mistero cristiano elaborato dai discepoli di Paolo. Adottare tali conclusioni equivale, per i protestanti, a completare, a metà del XX° secolo, il grande sforzo di critica intellettuale e di meditazione religiosa che i loro antenati cominciarono all'inizio del XVI°.

Così pure, vi sono stati tra loro, in vari paesi, dei pastori, professori di storia religiosa, come Benjamin Smith negli Stati Uniti o Van den Bergh von Eysinga nei Paesi Bassi, che sono andati, a quanto pare, ancor molto più lontani di noi nella critica dei testi; [19] hanno respinto, in ogni caso, la realtà di una carriera terrena di Gesù al tempo di Tiberio, e hanno nondimeno conservato, non solo le loro cattedre di professori, — che fa onore al liberalismo delle loro Università, — ma soprattutto la loro fede cristiana, — fatto che ben mostra la possibilità di separare l'una dall'altra l'accettazione dei fatti storici, soggetta al giudizio, peraltro fallibile, dalla ragione, e la fede religiosa, che è una questione che riguarda solo la coscienza individuale. 

NOTE

[19] In particolare, Van Eysinga negava in una maniera assoluta l'attribuzione all'apostolo Paolo delle Epistole collocate sotto il suo nome.

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