venerdì 4 settembre 2020

LA PASSIONE DI GESÙ: FATTO DI STORIA O OGGETTO DI CREDENZAGiuseppe.



Giuseppe.

Il caso di Giuseppe è molto diverso da quello di Filone ed è quasi l'opposto. [22] Giuseppe è vissuto in Palestina, dove ha preso parte alla guerra di Giudea (66-70); ha conosciuto l'esistenza del cristianesimo, poiché menziona la morte, nel 62, di Giacomo, presentata da altri documenti come esponente della Chiesa cristiana di Gerusalemme, [23] egli sembra riportare la morte di Giovanni il Battista. [24] Ma non è certo se Giuseppe abbia menzionato o meno quella di Gesù.

Si legge, in effetti, nelle Antichità giudaiche: [25] «A quel tempo viveva un certo Gesù, un uomo saggio, se uomo lo si poteva chiamare. Infatti compiva prodigi ed era un maestro per coloro che accoglievano con gioia la verità. Egli aveva gran seguito tra i giudei e anche tra i pagani. Era il Cristo. E malgrado Pilato, per ordine dei potenti del nostro popolo, l'abbia condannato alla crocifissione, quelli che lo avevano amato non lo rinnegarono. Poiché il terzo giorno egli apparve loro nuovamente in vita; questo e altri fatti straordinari narrano di lui i profeti di Dio. E la stirpe cristiana, che da lui prese il nome, non ha avuto ancora fine». [26]

La maggior parte dei critici concordano oggi nel riconoscere che il passo contiene «delle frasi che un ebreo non avrebbe mai scritto a meno che, subito dopo, non fosse corso al battesimo». [27] Reca dunque il marchio di un'interpolazione cristiana che imputa — tratto, a quanto pare, raramente sottolineato, — la responsabilità esclusiva della morte di Gesù ai notabili, da parte della nazione ebraica. Ma il passo controverso è stato introdotto per intero nell'opera originale di Giuseppe oppure la versione data dai manoscritti ha solamente «migliorato» un testo dove vi era menzione di Gesù? La questione è stata oggetto di molte controversie. Si deve ammettere che lo scrittore cristiano Origene (prima metà del III° secolo) non ha conosciuto la redazione che ci è stata conservata ed è lecito concludere che l'interpolazione non è stata fatta che successivamente; [28] ma alcuni critici pensano che il passo in questione abbia potuto esistere nel testo originale sotto un'altra forma. [29]  Si può in definitiva ritenere che l'interpolazione totale è più probabile, perché il passo taglia il filo del racconto dove è introdotto; [30] però l'incertezza rimane.

Le Antichità giudaiche menzionano egualmente Gesù di passaggio, in occasione dell'esecuzione di Giacomo, a Gerusalemme, nel 62, su ordine del sommo sacerdote ebreo Anania: «Egli radunò il sinedrio» (consiglio e tribunale religioso), «e vi portò davanti il fratello di Gesù, che viene chiamato Cristo, di nome Giacomo, e alcuni altri, accusandoli di aver violato la legge e facendoli condannare alla lapidazione. Ma ciò amareggiò anche i più scrupolosi osservatori della Legge». [31]

Questo passo, come quello che è stato precedentemente citato, è fatto oggetto di molte controversie. Coloro che considerano il primo interamente interpolato sono indotti a portare lo stesso giudizio sul secondo, perché sarebbe difficilmente concepibile immaginare che Giuseppe menzionasse Gesù senza altra spiegazione, se non lo avesse affatto nominato prima.

All'opposto, se si arrivasse a provare l'autenticità del secondo passo, questo sarebbe un argomento potente a favore dell'autenticità, almeno parziale, del primo.

La critica interna al testo non conduce ad alcuna conclusione certa. In un'opera già antica, Albert Réville aveva ritenuto «che nessun cristiano avrebbe detto di Gesù: «chiamato Cristo» e che una tale interpolazione avrebbe supposto troppa abilità»; [32] ma questa espressione si trova testualmente nel Vangelo di Matteo. [33]

La critica esterna non è minimamente più convincente. Questa volta, sono i sostenitori dell'interpretazione positiva che invocano Origene: egli ricorda in tre passi, [34] secondo Giuseppe, la morte di Giacomo, fratello di Gesù detto il Cristo; ma, come ogni volta, «egli accompagna questo riferimento, sempre secondo Giuseppe, dice, con la menzione dei castighi divini che la morte di Giacomo il Giusto ha valso agli Ebrei e di cui il nostro testo delle Antichità (20:9:1) non proferisce parola, vi è ragione di credere che egli disponesse di una edizione assai diversa dalla nostra e fortemente cristianizzata». [35]

Sembra quindi molto dubbio, in definitiva, che Giuseppe abbia menzionato Gesù nelle sue Antichità giudaiche. È oggi un'opinione molto diffusa tra i critici; ma la spiegazione di questo silenzio è molto diversa. Alcuni pensano che sia volontaria: al fine di ben disporre in favore dei suoi compatrioti, —ribellatisi e difficilmente vinti da Tito, — le classi colte di Roma, a cui destinava le Antichità giudaiche, scritte in greco, Giuseppe avrebbe attenuato il messianismo del popolo ebraico; di conseguenza avrebbe omesso interamente di parlare, sia di Gesù, condannato alla crocifissione da Pilato, sia dei cristiani, che doveva giudicare compromettenti per il popolo ebraico.

Questi argomenti sono discutibili. Nella Guerra di Giudea, Giuseppe ha scritto senza mezzi termini a proposito della massa di ribelli che si levarono contro Roma: «Quello che li aveva incitati alla guerra fu un oscuro oracolo, ritrovato nelle sacre scritture, secondo cui in quel tempo uno proveniente dal loro paese sarebbe diventato il dominatore del mondo». [36] In particolare, conosciamo da Giuseppe, e da lui solo, parecchie rivolte di natura evidentemente messianica contro l'autorità romana. È Giuseppe che segnala l'opposizione, nel 6 dell'era cristiana, di Giuda il Galileo al censimento ordinato dal legato P. Sulpicio Quirinio e la fondazione da parte dello stesso della setta degli Zeloti, patrioti antiromani. [37] È Giuseppe che segnala l'insurrezione armata, intorno al 44-46, del profeta Teuda, la cui testa fu portata a Gerusalemme. [38] È ancora lui che fa conoscere l'ascesa tra il 52 e il 61 di un ebreo di Egitto, che prometteva che le mura di Gerusalemme sarebbero crollate al suo comando e che fu messo in fuga da una sortita della guarnigione romana. [39] D'altra parte, Giuseppe ha menzionato la morte di Giovanni il Battista, così come quella di Giacomo; egli avrebbe potuto passare l'una e l'altra sotto silenzio: [40] egli non l'ha fatto. Se si ammette che egli ha abilmente nascosto ciò che può esservi di messianico nell'azione di Giovanni il Battista, [41] perché non avrebbe fatto altrettanto nei confronti di Gesù ? [42]

Altri storici hanno fatto rimarcare che il silenzio di Giuseppe sembrerà meno sorprendente, se si ricorda che non nomina un dottore ebreo così importante come Hillel. 

Altri infine pensano che sia possibile che Giuseppe non abbia creduto la fama di Gesù «degna di attenzione, perché essa non aveva tenuto, di fatto, che un posto insignificante nella storia ebraica del suo tempo». [43]

NOTE

[22] Su Giuseppe, si veda GUIGNEBERT, Jésus, pag. 19-22, e GOGUEL, Jésus, pag. 58-63.

[23] Antichità giudaiche (in greco), libro 20, capitolo 9, paragrafo 1. — Si veda più oltre, pag. 38-39 e 42.

[24] Antichità giudaiche, libro 18, capitolo 5, paragrafo 2. — Si veda più oltre, pag. 42.

[25] Antichità giudaiche, libro 18, capitolo 3, paragrafo 3. 

[26] Noi abbiamo seguito nel complesso (con qualche modifica) la traduzione data da Théodore REINACH e i suoi collaboratori e riprodotta in GOGUEL, Jésus, pag. 59.

[27] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 19.

[28] Origene dice in effetti, in occasione di un altro passo di Giuseppe (riguardante Giacomo, si veda più avanti) che Giuseppe non credeva a Gesù come il Cristo. Va poi osservato che non si poneva per Origene la questione di sapere se Giuseppe avesse inteso parlare della vita terrena di Gesù, ma soltanto se credesse che quest'ultimo fosse il Cristo.

[29] GOGUEL, che ritiene che non vi sia avuta che un'interpolazione parziale, considera anche (op. cit., pag. 60, nota 2) un frammento che riporta una discussione religiosa alla corte dei re sasanidi, dove è ricordato che «Giuseppe ha parlato del Cristo come di un uomo giusto e buono»; ma come assicurarsi che questo richiamo non riguardi una versione già interpolata ? 

[30] Esso è incastrato tra le relazioni delle due sciagure che hanno colpito il popolo ebraico. La frase che precede il passo in questione termina il racconto della crudele repressione da parte di Pilato di una a Gerusalemme: «Assaliti, disarmati com'erano, da uomini preparati all'attacco, molti rimasero ammazzati sul posto, mentre altri si salvarono con la fuga. Così terminò la sommossa». La frase che segue il passo controverso comincia così: «Nello stesso tempo, un'altra sventura orribile colpì i Giudei...»; si tratta dell'esilio degli ebrei di Roma ordinata da Tiberio. Si riconoscerà che la concatenazione dei due episodi è naturale e che la digressione relativa a Gesù viene a romperla.  

[31] Antichità giudaiche, libro 20, capitolo 9, paragrafo 1.

[32] Albert RÉVILLE, Jésus de Nazareth, 1897, volume 1, pag. 280. 

[33] Capitolo 1, verso 16, alla fine della genealogia di Gesù (segnalato da COUCHOUD, Le mystère de Jésus, pag. 25, nota 1). Noi ritorneremo più avanti (pag. 264-269) sull'appellativo di «Giacomo, fratello di Gesù».

[34] Commentaire sur l'Evangile de Matthieu, 10:17 (relativamente a Matteo 13:55); Contro Celso 1:47 e 2:13.

[35] GUIGNEBERT, Jésus, pag. 20. — «L'origine cristiana del testo» citato da Origene «non è in discussione», corrobora GOGUEL, Jésus, pag. 59, pur non escludendo interamente la possibile autenticità del nostro testo del libro 20. Si deve segnalare che Goguel (che non crede che ad un'interpolazione parziale del primo passo di Giuseppe relativo a Gesù) respinge completamente l'autenticità della versione slava della Guerra di Giudea, che menziona Gesù, che è affermata dall'erudito israelita austriaco Robert EISLER (si veda Jésus, pag. 63-70); GUIGNEBERT, Jésus, pag. 21, «si schiera dalla parte di Goguel senza esitazione».

[36] Guerra di Giudea, libro 6, capitolo 5, paragrafo 4. — «Si tratta visibilmente, — ha scritto Alfaric, che cita questo passo di Giuseppe in Le problème de Jésus, pag. 24, — della celebre profezia di Giacobbe: «Non sarà tolto lo scettro da Giuda... finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l'obbedienza dei popoli» (Libro della Genesi 49:10). Su quella profezia, si veda più oltre, pag. 91-92.

[37] Antichità giudaiche 18:1:6; Guerra di Giudea 2:8:1.

[38] Antichità giudaiche 20:5:1. La data del 44-46 risulterebbe dalla menzione del procuratore Cuspio Fado, la cui cavalleria vinse il gruppo di Teuda. Per l'adozione di un'altra data, vi veda più avanti, pag. 42, nota 41.

[39] Antichità giudaiche 20:8:6; Guerra di Giudea 2:8:5. — 52 e 61 sono le date estreme che si possono assegnare all'inizio e alla fine del governo del procuratore Felice che represse l'insurrezione dell'Egiziano.

[40] È questo che osserva GOGUEL, in La naissance du christianisme (1955), pag. 147, a proposito della morte di Giacomo.

[41] Si considera in generale come autentico il passo delle Antichità Giudaiche 18:5:2, che riguarda Giovanni il Battista. G. ORY pensa che Giovanni il Battista non sia altri che lo stesso Teuda e colloca la sua morte nel 34-35 (si veda La Samarie, patrie d'un Messie, pag. 9-16) (Cahiers du Cercle Ernest Renan, Parigi, n° 11, 1956).

[42] Noi ci collochiamo in questo momento nell'ipotesi di un silenzio totale volontario di Giuseppe riguardo a Gesù per esaminarne il valore. Si può osservare che se la versione del passo interpolato è abbastanza conforme allo stile di Giuseppe, l'inserzione non è molto felice.   

[43] È l'ipotesi che GUIGNEBERT crede preferibile tra tutte (Jésus, pag. 22).

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