domenica 2 agosto 2020

Il sommo sacerdote celeste



IL SOMMO SACERDOTE CELESTE

È esistito nello gnosticismo ebraico un'intera esegesi sul Tempio e sul Sommo Sacerdote. Secondo Clemente di Alessandria (Excerpta 27:1), il sommo sacerdote, quando entrava dietro il secondo velo, abbandonava il suo pettorale d'oro presso l'altare dei profumi, e manteneva il silenzio, avendo il Nome scolpito nel suo cuore.

Per Clemente, il sommo sacerdote rappresentava lo gnostico; il pettorale d'oro era il corpo che il Verbo aveva rivestito nel corso della sua discesa per farsi simile agli esseri angelici delle sfere celesti; il Nome che non si pronunciava si identificava con la persona divina che doveva rimanere nascosta agli arconti. Ecco perché lo gnostico depositava questo corpo per ascendere al cielo, dato che il suo passaggio dietro il secondo velo rappresentava la sua entrata nel mondo intelligibile. Quando si avvicinava all'altare dei profumi, era ritenuto collocarsi accanto agli angeli incaricati di trasmettere al cielo le preghiere degli uomini. Abbandonare il pettorale d'oro equivaleva ad abbandonare il corpo e il nome comune dato dagli angeli del mondo materiale. Allora, l'anima nuda penetrava nel mondo spirituale o «pneumatico» del Logos, era la realizzazione del sommo sacerdote ideale di cui i sommi sacerdoti terreni non sono che effigi. L'entrata di quest'ultimo nel santuario simboleggiava l'entrata dell'anima nella Gnosi, cioè nella conoscenza dell'indicibile, e l'accesso ai segreti divini.

Per l'autore dell'Epistola agli Ebrei, il Figlio di Dio è «grande sommo sacerdote che ha attraversato i cieli» (4:14), «che è senza genealogia, senza inizio di giorni né fin di vita» (7:3), che ha penetrato infine «in un tabernacolo che non appartiene a questa creazione» (9:11, 25). E noi ritroviamo l'angelo guardiano del Tempio quando apprendiamo che questo sommo sacerdote ci ha aperto la via del santuario celeste «attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne» (Ebrei 10:20). Questo velo è a volte la veste del Figlio di Dio, a volte il Figlio di Dio stesso, il che non è sorprendente, poiché Gesù si dava come «la Porta» del cielo (Giovanni 10:7, 9).

Si potrebbe essere tentati di confrontare questi dettagli simbolici con un incidente che riporta Marco nel corso dell'arresto di Gesù: «un giovane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo» (14:51).

Ebrei indica anche che «è ora, una sola volta, alla fine delle età, che egli si è manifestato» (9:26). Quella fine del mondo non suggerirebbe forse la rovina di Gerusalemme, del tempio e la scomparsa dell'antico Israele?

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