lunedì 3 agosto 2020

Conclusione



CONCLUSIONE

In ciò che concerne la divinità del Cristo — almeno come gli uomini l'hanno immaginata — noi siamo lontani dal sapere tutto e avremmo bisogno di volumi per registrare tutto ciò che possiamo conoscere. Anche limitandoci all'essenziale, siamo presi dalle vertigini di fronte agli aspetti molteplici e contraddittori del dio Gesù.

Egli ci viene presentato come dio unico, dio supremo eterno. Noi lo avvistiamo in seguito, figlio di un altro dio che è il dio supremo ma che non è il dio degli ebrei; formerà presto con questo dio, al quale si aggiungerà lo Spirito Santo, un triumvirato celeste che non fu mai riconosciuto dagli ebrei.

Ancora bisognerebbe intendersi sulla consistenza di questo Figlio. Essere spirituale in quanto il Verbo o in quanto la Sapienza, semidio in quanto frutto delle nozze tra un dio e una donna, Incarnazione di Dio, uomo adottato come figlio da Dio, gigante cosmico identificato all'anima del mondo, Figlio dello Spirito Santo considerato come un'antica dèa-madre?

D'altro canto, ci si lascia intendere che egli sia senza padre, senza madre, senza genealogia come Melchisedec, o che si identifichi con Dio il Padre, oppure che sia il capo degli angeli.

Mediatore tra il dio supremo e gli uomini, egli prende, per apparire a questi ultimi, una forma umana, il che — naturalmente — lo fa considerare come un uomo. Egualmente mediatore tra i cicli millenari del mondo, egli veglia alla marcia dell'universo, di cui tiene il timone e che ha forse creato, o da solo, o con suo Padre, o con gli angeli.

Per alcuni, il Cristo era un dio vincitore della materia e delle forze del Male. Raffigurato sotto i tratti dell'ariete vittorioso, del cavaliere trionfante, del bambino che sfugge al drago, lo si identificava anche alla croce che sostiene il mondo, quella croce che era il simbolo dell'invincibilità del Signore della Gloria.

Per altri, Gesù era un dio sofferente, morente e risorgente, un dio di salvezza che sembra venire direttamente dai misteri; fu paragonato a volte ad un'animale sgozzato (agnello, capro espiatorio, giovenca rossa), a volte ad un dio dell'albero o della vegetazione (Attis, Osiride), ad un dio immolato che resuscita (Marduc, Adone), o a Dioniso — a volte ad un dio crocifisso come l'Orfeo dei misteri bacchici, o come Iao-Ialdabaoth-Sabaoth, divinità dalla testa d'asino, a volte infine come un bambino messo a morte e risorto.

Esistette anche un'altra concezione, quella della discesa agli Inferi di un salvatore celeste. Questo mito fu egualmente interpretato in due maniere. Secondo alcune sette, il dio forzava i cerchi planetari così come le porte dello Scèol, egli riduceva all'impotenza gli dèi infernali e ritornava al cielo con le anime dei giusti; secondo altre, egli era arrestato, giudicato, immolato, crocifisso dalle potenze del male, ma tornava comunque in vita e si elevava fino alla sua patria celeste con i giusti che aveva appena liberato.

Si osserverà che le due diverse nozioni di una vittoria divina riportata al primo colpo e di una vittoria riportata solamente dopo la morte e la resurrezione si ritrovano nelle rappresentazioni che ci vengono fatte del Messia e del Figlio dell'Uomo. Vi è un Messia vittorioso, ma esiste anche un Messia sofferente; vi è un Figlio dell'Uomo, padrone del sabato e giudice degli uomini nell'ultimo giorno, e un altro che soffre e che muore. Vi è persino un Gesù che si paragona alla vite e che ritiene che il suo corpo sia del pane e il suo sangue del vino. Ma se fosse stato un uomo morto in croce egli non avrebbe potuto versare il suo sangue, e se, nonostante tutto, il suo sangue era del vino, è perché siamo in presenza di un dio della vegetazione.

Si può stupirsi di questa proliferazione di concetti e di immagini intorno al personaggio centrale del cristianesimo, ma non si potrebbe metterla in dubbio; essa si staglia apertamente nel Nuovo Testamento e nella letteratura cristiana dei primi secoli.

Di fronte a questi scorci che ci sono offerti sul dio Cristo, di fronte al loro numero e alla loro varietà, possiamo solo dire quanto siamo imbarazzati; questi aspetti non possono essere veri tutti allo stesso tempo. Si deve scegliere, ma secondo quale criterio? Solo una rivelazione potrebbe tirarci dalla nostra perplessità.

Ci limiteremo pertanto ad una constatazione indiscutibile: Gesù Cristo è un dio composito. Sotto le sue disparate apparenze è impossibile raggiungere le sue prime figure. Chiunque egli sia e da dove venga, questo dio non è apparso tutto di colpo e definitivamente formato. In seguito a fusioni, a contatti o a influenze tra sette religiose locali, egli non ha smesso di arricchirsi e di complicarsi. È unicamente la fede che ha fatto di lui un personaggio coerente; quando lo si guarda da vicino si scorgono gli elementi eterogenei che lo costituiscono; quando lo si ascolta, non è una sola voce che si intende, ma diverse, ciascuna recante la «sua» verità.

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