giovedì 9 luglio 2020

Marduc e Barabba



MARDUC E BARABBA

Nel 1918, Heinrich Zimmern ha pubblicato un testo molto mutilato, ritrovato durante gli scavi di Assur, che descrive la passione di Bel-Marduc e che conferma che si tratta di un mito in relazione ai riti del Nuovo Anno. [127]

Lo si può riassumere così: Il dio Marduc è arrestato, condotto su una monte, interrogato, ferito, ucciso. Un altro personaggio chiamato Figlio di Assur è accusato del crimine e assolto. Lo si rilascia ed è preposto alla guardia del dio morto. La dèa Ishtar va sul monte e si lamenta; porta via le vesti di Marduc. Si evoca il dio morto recitando il poema della creazione. Marduc, sebbene morto, resta dio e implora il suo ritorno alla vita. Infine Ishtar toglie la freccia che ha trafitto il cuore del suo sposo, asciuga il sangue e Marduc risorge. Durante la scomparsa di Marduc un finto sovrano regnava.

I punti di contatto con i testi cristiani sono impressionanti. Anche Gesù si reca sul monte; è arrestato, interrogato, ucciso. Barabba, figlio del Padre, un criminale è rilasciato. A Gesù è affibbiato il titolo di re per derisione; gli vengono tolte le vesti; Maria Maddalena viene al suo sepolcro come Ishtar; infine egli risorge come Marduc.

Il regno del re delle Sacee durava cinque giorni; ora, cinque giorni separano l'ingresso di Gesù a Gerusalemme dalla sua crocifissione.

Fino al tempo di Diocleziano (284-305), ossia più di due secoli e mezzo dopo Gesù, gli ebrei erano soliti crocifiggere e bruciare in effigie ogni anno, al momento della Festa di Purim (o Sorti) derivata dalla festa delle Sacee, un personaggio di nome Aman. Costui era il sostituto di Mardocheo-Marduc, mentre il prigioniero della Festa si chiamava Zoganes, come il Sagan del sommo sacerdote.

Alcuni di questi parallelismi fecero dire a Guignebert: «... Ci sono tra alcuni di questi tratti e quelli che spiccano di più nella scena evangelica della derisione alcune somiglianze impressionanti. Non mi sogno di negarle. Ma chi dice somiglianza non dice relazione e, nel caso specifico, è la relazione di derivazione che conta».

Quella opinione è discutibile. Quando le rassomiglianze esistono in gran numero tra due leggende, la relazione esiste anche se non si scorge come si è prodotta. Precisato ciò, la derivazione, nel caso presente, può essere messa facilmente in evidenza.

Si tratta dell'episodio di Barabba. «Vi era l'usanza annuale», dicono i vangeli, «che si rilasciasse un prigioniero ai Giudei in occasione della loro Pasqua» (Giovanni 18:39). Ora, sebbene la critica ha trascurato di sottolineare a questo proposito il richiamo comunque importantissimo ad un rito annuale, essa è unanime nel dichiarare che quella usanza era sconosciuta in Palestina e, in particolare, a Gerusalemme. Non ne siamo così sicuri.

Infatti la critica trascura il punto essenziale: quella usanza esisteva a Babilonia. Un criminale vi era messo in libertà ogni anno all'occasione della festa di Marduc, mentre l'uomo che rappresentava il dio veniva ucciso al posto del criminale; al tempo di Diocleziano la vittima veniva sostituita dalla sua effigie.

Di conseguenza, i vangeli descrivono non un fatto storico che avrebbe avuto luogo a Gerusalemme durante una Pasqua ma un episodio della festa di Purim. Quella festa non è menzionata nel Nuovo Testamento, ma alcuni critici hanno ipotizzato che la «festa dei Giudei» di cui c'è menzione in Giovanni (5:1-18) fosse la Festa di Purim; in effetti gli ebrei cercavano Gesù per farlo morire. 

Se, quindi, i passi riguardanti Barabba nei nostri vangeli sono primitivi, essi non fanno altro che tradurre un rito annuale derivato da un mito antichissimo; se sono stati interpolati, è perché il loro autore o il loro copista non pensava di distorcere il testo primitivo, il che ci manterrebbe nel dominio del mito. Ma molte interpolazioni nei nostri testi ne hanno definitivamente falsificato il senso. 

NOTE

[127] Si veda in «Premiers écrits du christianisme» l'articolo di Couchoud e Stahl su «Barabbas».

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