domenica 5 luglio 2020

Il terzo giorno



IL TERZO GIORNO

Numerosi passi del Nuovo Testamento annunciano che il terzo giorno Gesù doveva risorgere e che resuscitò realmente quel giorno là. 

Ma questo evento fu accostato da Glotz, nel 1920, alla celebrazione pubblica e ufficiale delle Adonie in Egitto al tempo dei Tolomei. Queste manifestazioni religiose duravano tre giorni.

Esordivano con una giornata di «gioia quando Adone ritorna dall'esilio e si unisce alla sua divina amante» mentre «l'adoniaste porta al tempio le offerte consacrate... poi, terminato l'ufficio, va a sedersi alla tavola delle agape su invito del sacerdote».

Il secondo giorno è quello del lutto e dell'astinenza. L'adoniaste, dopo il funerale del dio, si purifica in un bagno.

Il terzo giorno è dedicato ai misteri: l'adoniaste assiste alla «pantomima sacra della resurrezione». 

Glotz osserva giustamente che che mal si spiegava fino a quel momento perché la tradizione cristiana fosse stata rimandata a trovare la resurrezione del Cristo predetta in Osea (6:2-3): «Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare...» La connessione non ci sembrava soddisfacente perché il significato dell'allusione si era perso, ma ora si può dire che il testo di Osea faceva riferimento alle feste di Adone, che l'applicazione del testo a Gesù è sembrato del tutto naturale, che il mito rituale di Adone ha influenzato il mito rituale del Cristo; la connessione scoperta da Glotz è piena di significato. 

Sapevamo già da Ezechiele (8:14) che all'ingresso della porta nord della dimora dell'Eterno vi erano donne sedute che piangevano Tammuz (Adone) e — da Zaccaria (12:10-11) — che gli abitanti di Gerusalemme dovevano piangere su colui che avevano trafitto e che il loro lutto sarebbe stato come quello di Adadrimmon, passo che una parte della critica interpreta come riguardante Adone.

Il giorno della gioia riassunto sopra può corrispondere a quello delle Nozze di Cana, la cui descrizione sarebbe stata modificata da un correttore di Giovanni in 2:1 e seguenti. Vi si legge in effetti che il (terzo) giorno si celebrano delle nozze a Cana in Galilea; ma il testo è stato corrotto poiché, nel nostro racconto attuale, questo terzo giorno è un errore dovuto all'inserzione nel vangelo dei versi da 1:19 a 51. Leggendo quella interpolazione, il giorno delle nozze non è nemmeno il terzo del racconto, ne è il quinto, ma rimuovendola questo giorno ridiventa il primo. Queste nozze non hanno peraltro alcun legame con ciò che precede.

La tavola dell'agape assomiglia a quella della Cena; il secondo giorno, quello del lutto, ha per parallelo la processione dei piangenti che seguono il corpo di Gesù; infine, il terzo giorno è, in entrambi i casi, quello della resurrezione.

Noi abbiamo dunque, nell'esempio di cui sopra, un collegamento impressionante tra il dio Gesù e una divinità pagana, ma quanti altri si imporrebbero con l'ermetismo, con le sue dottrine, le sue procedure magiche! Per mostrare la difficoltà del problema citeremo semplicemente la parte più sorprendente della formula che doveva recitare prima dell'alba il mago che si identificava a Tot-Ermes:

«...e, al largo di Busiri, io griderò il nome di colui che è restato tre giorni e tre notti nel fiume, l'Esies (annegato identificato a Osiride), colui che è stato portato giù nel corso del fiume fino al mare e che hanno avvolto i flutti del mare e le nubi dell'aria (...) Io strapperò il figlio senza padre (Horus) da sua madre, io farò cadere il polo del cielo...».

Questo testo fa irresistibilmente pensare ad un mito simile a quello di Giona e del battesimo.

Nessun commento: