sabato 20 giugno 2020

La veste brillante



LA VESTE BRILLANTE

Ci sarebbe anche un problema di abbigliamento da risolvere. Secondo Giovanni 19:2, i soldati avvolgono Gesù con un mantello di porpora prima della sua consegna definitiva da parte di Pilato; in seguito, dopo il suo processo e la sua esecuzione, essi si spartiscono le sue vesti in quattro parti e tirano a sorte la sua tunica senza cuciture di cui non si sapeva nulla fino a quel momento. Si apprende in questa occasione che i soldati realizzano così (senza volerlo probabilmente) quel che era scritto nel Salmo 22 (verso 19): «Hanno spartito fra loro le mie vesti, e hanno tirato a sorte la mia tunica».

Secondo Luca 23:11, Erode fa rivestire Gesù di un mantello splendido ma sono le sue vesti che si spartiscono i soldati.

Secondo Marco 17:20 e Matteo 27:28-35, è in seguito alla consegna di Gesù da parte di Pilato che i soldati rivestono il Cristo con una clamide di porpora, non senza averlo prima spogliato; poi gli tolgono quella veste e lo rivestono per condurlo al supplizio; infine, dopo averlo crocifisso, si spartiscono le sue vesti tirandole a sorte, il che prova che gliele avevano tolte prima della sua messa in croce.

I nostri evangelisti non sono quindi in accordo tra loro sui dettagli della scena e raccontano una storia inverosimile. Perché aver messo su Gesù l'abito o mantello scarlatto se era per toglierglielo quasi immediatamente; era necessario per collocare nel racconto la scena della derisione? Questo episodio è sconosciuto a Luca. Perché anche abbigliare Gesù con una tunica o con vesti se egli doveva essere esposto nudo? La clamide brillante e senza cuciture non si sovrappone alle vesti e proviene da una stessa tradizione?

Vale la pena ricordare ciò che scriveva Giustino a questo riguardo. Nella sua Apologia (35), dopo aver parlato della spartizione della veste, egli precisa: «Che tutto questo sia veramente accaduto, potete apprenderlo dagli Atti di Ponzio Pilato»; non è dai vangeli, quindi, che ricava la sua documentazione. Non ci si può sorprendere quando parla dell'inchiodatura delle mani e dei piedi del crocifisso, inchiodatura che i vangeli non menzionano. D'altra parte, nel suo Dialogo con Trifone (104), Giustino aggiunge che «tutto ciò è avvenuto come è scritto nelle Memorie degli Apostoli»; ma questi scritti non sono certamente i nostri vangeli, ma ne sono stati forse una fonte parziale.

I nostri evangelisti sembrano aver trasposto, in quel che concerne la veste senza cuciture, senza comprenderlo, il mito gnostico della veste di luce con cui l'anima di Gesù si è avvolta per ritornare al cielo. La spartizione delle vesti è stata immaginata secondo il Salmo 22; questo salmo, applicato a torto a Gesù, ci insegna inoltre quanto segue: «mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi», che la Vulgata (intorno all'anno 400) traduce con: «hanno trafitto» confermando così un credo che non era quello dei primi Cristiani, ma che proveniva da una errata interpretazione di un salmo considerato come riflesso della parola divina. Secondo le Costituzioni apostoliche (5:14) è il Signore della Gloria che era «inchiodato al legno».

Gli evangelisti menzionano semplicemente che Gesù fu messo in croce; non è che in un passo discutibile di Giovanni (20:24-29) che viene fatta allusione da Gesù alle sue mani trafitte dai chiodi e non ai suoi piedi. Questo passo aveva per scopo di provare la resurrezione del corpo di Gesù. Grazie a Giustino e a Tertulliano, questo credo si diffuse e si affermò nell'arte cristiana. Tuttavia, l'Epistola ai Galati (3:13), gli Atti (5:30, 10:39, 13:29), la 1° Epistola di Pietro (2:24) conservano il ricordo — secondo il Deuteronomio (21:23) — di un'impiccagione, non di un'inchiodatura.

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