lunedì 1 giugno 2020

Croce universalmente conosciuta



CROCE UNIVERSALMENTE CONOSCIUTA

Molti Cristiani conoscevano quella croce. Negli Atti apocrifi di Andrea, si vede costui rivolgersi alla croce in questi termini: «O croce, voglio far conoscere il mistero per cui fosti piantata. Parte di te si volge al cielo per annunciare il Logos celeste; parte si stende a destra e a sinistra per sbaragliare la tremenda forza avversaria e ricondurre il mondo all'unità. Parte di te è ficcata in terra per raccogliere insieme con le creature celesti le terrestri e quelle dell'ade».

Nel Martirio di Andrea [104] noi leggiamo: «O croce che freni la sfera mobile del mondo», espressione che conferma Ippolito in un passo sui discepoli di Marco: «L'ottavo cielo è stato sovrapposto alla sfera planetaria per frenare il suo rapido movimento ... È pure l'immagine di Horos» (6:4). Così Stauros (la croce) è identificata a Horos e alla X di Platone come lo sapeva Clemente di Alessandria: «Prendiamoci come limite (oros) la croce (stauros) del Signore» (Pedagogo 3:12).

Negli estratti di Teodoto, l'idea è confermata: «La croce è segno del Limite nel Pleroma: infatti divide gli infedeli dai fedeli come quello il mondo dal Pleroma. Perciò Gesù, avendo portato sulle spalle per mezzo di questo segno i semi, li introduce nel Pleroma. Infatti Gesù è chiamato spalle del seme: la testa è Cristo. Ma (gli psichici) non conoscevano la potenza del segno».

Ireneo celebrava quella croce: «Lui... essendo il Logos... riempie il mondo intero, egli continua la sua influenza nel mondo in tutta la sua lunghezza, larghezza, altezza e profondità. Per mezzo del Logos di Dio, infatti, tutto è sotto l'influenza dell'economia redentrice e il Figlio di Dio è stato crocifisso per tutti, avendo tracciato questo segno di croce su tutte le cose... È lui che illumina... i cieli, è lui che penetra nei luoghi inferiori, che percorre la lunga distanza dall'Oriente all'Occidente, che copre lo spazio immenso che va dal Nord al Sud, chiamando a conoscere il Padre suo gli uomini dispersi in tutti i luoghi» (Epideixis 1:34).

Clemente di Alessandria sapeva che «da Dio, cuore dell'universo, dipartono le infinite distese che si dirigono l'una in alto, l'altra in basso, questa a destra, questa a sinistra e quella a sinistra, l'una avanti, l'altra indietro. Dirigendo il suo sguardo verso queste sei distese, egli conclude il mondo, egli è l'inizio e la fine. In lui si concludono le sei fasi del tempo».

E Lattanzio, nelle sue Divinae institutiones (4, 26, 36) scriveva: «Dio, nella sua sofferenza, aprì le braccia e abbracciò il cerchio della terra».

Secondo Firmico Materno (De errore profanarum religionum 27) «Il segno di un legno di croce sostiene la mole del cielo, rafforza le fondamenta della terra, adduce alla vita gli uomini che in esso si affissano».

Girolamo (Com. in Marcum) riteneva che l'aspetto della croce fosse la forma del mondo nelle sue quattro direzioni, l'Est essendo rappresentato dalla cima, il Nord dal ramo destro, il Sud dal ramo sinistro, l'Ovest dal braccio inferiore. 

Noi pensiamo che queste citazioni si commentino da sole.

NOTE

[104] Citato da Daniélou, Théol. du jud.-chr., pag. 31. Allo stesso modo gli Atti di Andrea, in 14, parlano della croce «che incatenò l'orbe tutto quanto» e che è la «forma dell'Intelligenza».

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