domenica 31 maggio 2020

Lo «scandalo» della croce



LO «SCANDALO» DELLA CROCE

Si può presentarci la seguente obiezione: «Se Gesù Cristo non fu un uomo crocifisso, perché ci viene detto (e da Paolo il primo) dello scandalo della croce? Questo scandalo non sarebbe consistito nel farlo morire, o nel trasformarlo in seguito in dio, o nel prendere la sua croce d'ignominia per una croce di vittoria? In tutti i casi, questo «scandalo» avrebbe potuto essere espresso se non avesse avuto una base storica?»

Posta così, questa obiezione merita che vi si soffermi un attimo.

Anzitutto, chi provoca lo scandalo e di che si tratta? 

Se si deve credergli, Paolo è nemico di ogni scandalo, sia contro i Giudei e i Greci che contro la Chiesa, i fratelli, la dottrina (Romani 9:33, 16:17; 1 Corinzi 10:32; 2 Corinzi 6:3).

Tuttavia, leggiamo altrove che Paolo, opponendo la Fede alla Legge, pone «in Sion una pietra d'inciampo, una pietra di scandalo» (Romani 9:33). Egli non ammette per nulla che egli sia responsabile delle conseguenze dell'ostacolo che ha così eretto contro gli ebrei; questi sono coloro che, non accettandolo, creano lo scandalo poiché questa pietra «non delude colui che ripone la sua fede in lei».

L'apostolo ci spiega la situazione: il Cristo lo ha mandato «per annunciare il vangelo senza ricorrere alla sapienza della parola perché la croce di Cristo non venga resa vana. Poiché la parola della croce è in effetti una follia per quelli che si perdono, ma per noi che siamo salvati, è una potenza di Dio» (1 Corinzi 1:17-18).

«Poiché il mondo con la sua sapienza non ha riconosciuto Dio nella sapienza di Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la follia della sua predicazione (...) Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, follia per i Pagani, Potenza di Dio e Sapienza di Dio per gli Eletti» (1:21) «... affinché» (2:5) «la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla Potenza di Dio». L'autore di questo passo mostra bene che il significato della croce non era lo stesso per tutti, e Paolo si adira contro certi folli che trasformano la Gloria celeste in immagini mortali (Romani 1:22-23). 

Apprendiamo che l'evangelizzazione cristiana si scontra contro l'incomprensione degli ambienti ebraici e greci. Paolo ironizza sulla falsa sapienza umana che rifiuta la sua verità religiosa; quando egli impiega il vocabolario e la sintassi degli uomini, vale a dire la loro «sapienza» linguistica, essi comprendono le parole nel modo sbagliato; essi non accedono al vero significato della croce e della crocifissione; il dramma teologico dei Cristiani non li raggiunge, resta lettera morta, inutile e vana. Ebrei e cristiani vedono un'esecuzione capitale dove si tratta di un rito di salvezza, e trattano da follia o da scandalo la predicazione della croce che, per Paolo e i credenti, è un messaggio divino pieno di potenza salvifica e di speranza. 

Ma per Paolo, [103] quel che è follia degli uomini è in realtà Sapienza di Dio; lo scandalo della croce non è altro ai suoi occhi che la volgarizzazione in vicende umane del mistero della croce. L'apostolo si indigna della fragilità dei Galati; scrive loro: «Chi vi ha ammaliati? Eppure [Gesù] Cristo è stato ritratto ai vostri occhi come crocifisso tra voi» (3:1) e al verso 3 esclama: «Siete così limitati che vorreste finire nella carne dopo aver cominciato con lo spirito?» Così, non soltanto i Galati hanno visto una rappresentazione della crocifissione, ma il suo significato è stato loro fornito. Non si trattava allora di uno spettacolo lamentevole poiché Paolo (6:14) si gloria della croce del Cristo, per mezzo di cui il mondo è crocifisso per lui (Paolo) e lui per il mondo; il mondo in questione essendo il mondo materiale. 

Paolo, infatti, dichiara che egli è «crocifisso con il Cristo» (2,19b) e precisa che «coloro che sono di Gesù Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri» (5:24). Siamo lontani da un supplizio infamante; la croce qui è gloriosa, spirituale, non è un patibolo.

Nell'Epistola ai Filippesi (3:18-19) si legge: «Perché ce ne sono molti, ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo, che si comportano da nemici della croce del Cristo (...) Essi ripongono la loro gloria in ciò che torna a loro vergogna e non pensano che alle cose della terra», il che sottintende che essi si sbagliano sulla croce, che materializzano una rappresentazione simbolica o mitica destinata a suggerire loro — come nei misteri — un insegnamento che il linguaggio ordinario è incapace di esprimere loro. Ancora è necessario aver ricevuto la grazia e avere un orecchio acuto per accedere a quella sapienza degli eletti. Se avessero conosciuto quella sapienza nascosta, gli stessi Principi di questo mondo (spiriti del Male) non avrebbero «crocifisso il Signore della gloria». (1 Corinzi 2:7-8), il quale Signore non era un uomo. 

In ogni caso, il Cristo di Paolo esisteva prima dell'universo (Colossesi 1:17); alcune espressioni che fanno allusione alla sua «riconciliazione con l'universo per mezzo del sangue della sua croce» (1:20), o «nel suo corpo di carne» (22) sono da comprendere in un senso spirituale. Constateremo presto che il «sangue della croce» suggerisce un rito sacrificale rassomigliante a quello della «morte» del dio Attis. Inoltre, è abbastanza certo che se il Cristo ha inchiodato la Legge ebraica alla croce (Colossesi 2:14), ciò non è di certo facendosi inchiodare lui stesso.

A seguito di queste diverse osservazioni, sembra fuori discussione che lo «scandalo della croce» possa servire a provare la crocifissione storica di un uomo Gesù; è del tutto semplicemente la conseguenza di una falsa interpretazione di un mito o di un rito da parte degli ebrei o dei Pagani che si trovavano davanti al suo aspetto esteriore senza interessarsi delle sue origini e senza conoscere o accettare il suo significato profondo.

Lo scandalo ebbe luogo tra loro e i Cristiani di Paolo, questi e quelli accusando di follia il credo dei loro avversari e trattando da sapienza il loro proprio. Quanto alla sostanza, è dubbio che questo scandalo, almeno ai suoi inizi, sia stato così generale e violento come ci appare.

Si può ritenere relativo e secondario quando si legge in Galati (5:11 e 6:12-13) che bastava aderire alla circoncisione per evitare ogni persecuzione per la croce del Cristo. Non si vede benissimo oggi in che modo il rito ebraico potesse far scomparire lo scontro sul significato della croce, ma la conclusione che richiedono questi passi della lettera ai Galati è netta: il dibattito si sarebbe spento se i Cristiani avessero accettato il rito mosaico; non fu così, ma, pur rifiutando la circoncisione, i Cristiani finirono per dimenticare essi stessi l'insegnamento di Paolo e per ammettere l'errore storico dello «scandalo della croce» derivato dalla polemica intrapresa da alcuni ebrei.

NOTE

[103] O per i suoi successori, infatti la data della crocifissione (nel caso in cui questa corrisponderebbe ad un fatto storico) sembra più tardiva di quanto si creda comunemente.

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