lunedì 18 maggio 2020

L'evoluzione di questo sacramento



L'EVOLUZIONE DI QUESTO SACRAMENTO

Quando gli Atti fanno allusione alla frazione del pane e alle preghiere, il pane non è messo in relazione con Gesù e né il calice né il vino sono menzionati. Il vino non apparirà che più tardi, in 1 Corinzi 10:16 e 11:26, quando sarà posta l'equazione: Pane + Vino = Corpo e Sangue del Signore, alla quale si legherà «la nuova alleanza nel sangue», espressione che rimane inspiegabile se Gesù è stato crocifisso, cioè se non ha versato il suo sangue.

Giustino (nella sua Apologia 66:3 e nel suo Dialogo 70) faceva allusione ad una Cena senza vino, simile a quella che conoscevano Marcione, Taziano e gli Encratiti, e alla quale un'allusione è fatta in Romani 14:21, Efesini 5:18, 1 Timoteo 3:3, Tito 1:7.

Se ci si riporta alla Didachè, si trova nel capitolo 9 il calice e la frazione del pane senza commemorazione della morte del Cristo e senza comunione con lui; nel capitolo 14 si spezza il pane semplicemente senza fare allusione al calice. 

In Luca (22:15) il pasto è paragonato alla «Pasqua» di un dio sofferente e i discepoli sono invitati a ripetere la Cena, ripetizione che costituirà il memoriale della morte del Cristo. Non si tratta ancora di un sacramento, ma Matteo (22) aggiungerà che il sangue dell'alleanza assicurerà la remissione dei peccati.

Questa eucarestia-sacramento non è ciò che ha conosciuto Paolo; ne è molto distante. Per l'apostolo, la mensa e il calice del Signore si oppongono alla mensa e al calice dei demoni; egli sa che per mezzo degli alimenti si entra in comunione con gli dèi buoni o malvagi; li si sceglie secondo la religione alla quale si appartiene, secondo la tavola o il banchetto al quale si partecipa.

La comunione nel corpo e nel sangue del Signore non viene da Israele, ma dalle religioni misteriche. Cicerone scriveva a questo proposito (Della natura degli dèi 3:16): «Quando chiamiamo Cerere le messi e Libero il vino usiamo un modo di dire: pensi davvero che ci possa essere qualcuno tanto pazzo di ritenere che sia un dio ciò che egli mangia?» Cicerone era troppo ragionevole e aveva torto poiché il paradosso del dio che dava lui stesso da mangiare la sua carne e da bere il suo sangue si è prodotto in Egitto dove si vedeva il vino diventare il sangue di Osiride e questo dio offrire questo sangue simbolico da bere a Iside e a Horus. Nei riti riguardanti il dio Tammuz, questi era assimilato al grano e sua sorella era «il vino del cielo», così come Gesù si dichiarò «il pane del cielo» o «la vera vite» e assicurò che il vino era il suo sangue.

Un papiro contiene la seguente formula: «Possa questo vino divenire il sangue di Osiride», e un altro mostra Osiride, sotto forma di un calice di vino, mentre dà il suo sangue da bere a Iside e a Horus. Ora, le Odi di Salomone (19) hanno paragonato il Figlio di Dio al calice. Secondo un altro papiro, il vino non è vino, ma la testa di Atena o le viscere di Osiride e di Iao (si veda Guignebert, Le Christ, pag. 373).

Giustino, Cipriano, Firmico Materno riconobbero la rassomiglianza che esisteva tra il pasto del Signore e i banchetti cultuali dei Misteri, e Giuseppe ci dice addirittura (Antichità 18:3:4) che si poteva essere invitati nel tempio di Iside al pasto di Anubi.

Inoltre, A. Moret segnala (Rois et dieux d'Egypte, pag. 183) secondo Apuleio (Metamorfosi 11) che, nella processione isiatica, si portava per ultima «l'urna d'oro dall'ansa formata da un ureo e contenente dell'acqua santa, sostanza e simbolo del dio egiziano». 

Se si confronta questo passo con un episodio evangelico piuttosto misterioso, si ottiene forse di quest'ultimo una spiegazione soddisfacente.

Leggiamo infatti in Marco 14:12 che i discepoli domandarono a Gesù dove andare per fare i preparativi della Cena. Rispose loro di andare in città: «incontrerete un uomo, che porta una brocca piena d'acqua; seguitelo. E là dove entrerà, domandate dov'è la mia stanza ed egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i cuscini, già pronta».

Non si può pensare che per trovare a colpo sicuro uno sconosciuto così raffigurato, il modo migliore consisteva nel guardar passare un corteo sacro e nel seguire il portatore della coppa rituale ? E che nessuno poteva sorprendersi, visto che la sala dei banchetti non solo era stata preparata, ma anche prenotata in anticipo? Probabilmente in un tempio?

La storia finisce bruscamente: «I discepoli trovarono come egli aveva loro detto; e apparecchiarono la Pasqua». Ma nulla è detto di quei preparativi che avrebbero dovuto essere importanti e degni di essere ricordati se si fosse trattato veramente della Pasqua: i discepoli avrebbero dovuto sacrificare e arrostire l'agnello, procurarsi pane azzimo, vino, acqua, erbe amare, salsa e lampade. Ma noi sappiamo che il suddetto pasto contiene solo due di questi elementi. Inoltre, se a Pasqua si mangiava in piedi, i cuscini erano inutili.

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