mercoledì 8 aprile 2020

La vita «nascosta» di Gesù



LA VITA «NASCOSTA» DI GESÙ

Di questa esistenza che sarebbe durata una trentina o una cinquant'anni, i vangeli non ci forniscono che un racconto che verte sull'inizio e sulla fine. Il Nuovo Testamento non conosce che la Natività, l'episodio della discussione che Gesù (all'età di dodici anni), avrebbe condotto davanti ai Dottori, e la sua «Passione». Si ignora tutto di ciò che ha potuto fare tra i dodici e i trenta o cinquanta anni, vale a dire per diciotto o trentotto anni.

Questa lacuna — che non depone a favore della storicità di Gesù — è tanto più sorprendente in quanto l'immaginazione popolare o quella degli scrittori ecclesiastici, così rapida ad abbellire o a completare le leggende, si è astenuta dal colmare qui il silenzio dei testi e della tradizione. Nessuno ha mai preteso che i testi siano andati perduti.

Ma i popoli non hanno mai mancato di prestare agli dèi avventure terrene, e gli evangelisti non si sono fatti scrupolo di attribuire a Gesù delle parole e una attività di cui nessuno di loro fu il testimone. Perché sono restati silenti su un periodo così lungo della vita del Cristo? Probabilmente perché non ne sapevano nulla. E questo silenzio particolare su una parte importante della vita di Gesù aggrava il silenzio totale che mantengono sullo stesso Gesù gli scrittori ebrei e pagani.

Alcuni sono stati così avventati da immaginare che questa «vita nascosta» di Gesù si sarebbe svolta in India. Questa supposizione è da respingere, ma è chiaro che un'influenza dell'India si è esercitata sul pensiero greco; dalla fine del IV° secolo prima della nostra vi erano buddisti ad Atene, e molto più tardi (verso il 200) Clemente di Alessandria segnalava la loro presenza nella sua città. I primi autori del nostro Nuovo Testamento probabilmente non hanno fatto gli accostamenti che si possono trovare tra i nostri vangeli e gli antichi racconti religiosi dell'India.

I credenti si sono ciononostante domandati cosa sarebbe potuto succedere. Per esempio: «Gesù ha seguito l'insegnamento di un rabbino?» Già, Marco pone la domanda e Giovanni dà la risposta: «Da dove gli viene questa sapienza?» (Marco 6:2) «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?» (Giovanni 7:15). Gesù non fu mai un maestro in Israele, e si può dubitare che sia lui ad aver fatto le citazioni bibliche che gli sono state prestate.

Come ogni uomo del popolo alla sua epoca, era probabilmente ignorante; non era mai uscito dal piccolo mondo particolare dove viveva; non aveva mai viaggiato. Come si esprime così elegantemente Renan, «le affascinanti impossibilità di cui abbondano le parabole quando egli mette in scena i re e i potenti provano che lui non concepì mai la società aristocratica se non come un giovane villico che vede il mondo attraverso il prisma della sua ingenuità».

Nulla lo aveva preparato alla missione che avrebbe tentato di realizzare, poiché, appena ne sentirono parlare, sua madre e i suoi fratelli vollero impadronirsi di lui dichiarando che «era fuori di sé» (Marco 3:21) e una parte degli ebrei diceva: «è fuori di sé; perché lo ascoltate?» (Giovanni 10:20).

Gli autori di altri passi evangelici ce lo mostrano al contrario mentre discute a dodici anni con i Dottori della Legge oppure mentre si esprime a circa trent'anni con «autorità» o «potenza». Ma che questo sia vero o falso, in che cosa siamo informati? I diciotto o trentotto anni della «vita sconosciuta» del Cristo rimangono un mistero impenetrabile. Non sarebbero forse un velo dietro il quale non è accaduto nulla? Forse è questo spaventoso vuoto che riflette la verità storica.

Non si scorge, in effetti, tra la nascita del figlio divino annunciatore di un nuovo periodo di felicità e la crocifissione ignominiosa di un condannato comune che ha smentito tutte le profezie che lo riguardano, non si scorge tra questi due eventi irriducibili una opposizione naturale? Questo contrasto, per non dire questo conflitto, tra quella nascita gloriosa e quella morte deplorevole, questo lungo periodo di silenzio tra le due, non è un motivo a favore della loro dissociazione?

Se il giovane dio nato miracolosamente dalla dea madre è distinto dal dio crocifisso ritualmente o dall'uomo messo in croce, il vangelo conterrebbe allora due racconti originariamente distinti che dei compilatori avrebbero riunito collocando tra loro, a mo' di transizione, parabole, discorsi, miracoli.

Ipotesi? Questo è certo, ma che ha il merito di spiegare la forma anomala rivestita dai vangeli. Questi avrebbero fuso in una sola opera due racconti che erano originariamente separati e che riguardavano due personaggi diversi.

L'esistenza di vangeli dell'infanzia da una parte, e di vangeli della Passione dall'altra, sembra rafforzare questa ipotesi, poiché i primi non parlano della vita del Cristo adulto, mentre i secondi ignorano tutto ciò che è potuto accadere prima della Passione.

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