giovedì 9 aprile 2020

Che lingua parlava?



CHE LINGUA PARLAVA ?

Vi viene risposto senza alcuna esitazione: l'aramaico. Perché si crede di sapere che tutti parlassero l'aramaico in Palestina, perché Flavio Giuseppe scrisse la sua «Guerra Giudaica» in aramaico, perché fu in questa lingua che Tito, all'assedio di Gerusalemme, ordinò agli ebrei di arrendersi, perché infine la preghiera di Gesù sarebbe cominciata con «Abba» (Padre) e lui gridò sulla croce «Elì, lemà sabactàni». [68]

Che la lingua popolare in Palestina sia stata unicamente l'aramaico, ciò non è certo nonostante la verosimiglianza dell'ipotesi. La lingua greca doveva già essere parlata in molte città.

Che due vangeli su quattro riportino come presunte parole di Gesù un verso del Salmo 22, è piuttosto inquietante per la storicità dell'episodio ma — ciò che è ancora più interessante — è che le persone attorno alla croce non compresero quel che Gesù, parlando aramaico, volesse dire (Matteo 27:56). Questa scena non ha luogo in paese di lingua aramaica.

Se Gesù avesse parlato aramaico, avrebbe avuto bisogno di un interprete per farsi capire da Pilato, ma i vangeli non menzionano questo importantissimo dettaglio. Se il popolo al quale si rivolgeva parlasse aramaico nella sua grande maggioranza, Gesù avrebbe dovuto citargli la Bibbia in aramaico e non nella versione greca; ma si constata precisamente il contrario; i vangeli che riportano le parole di Gesù gli fanno trarre le sue citazioni bibliche dalla versione dei Settanta (salvo rarissime eccezioni).

Allo stesso modo, Pietro (Atti 1:19) si rivolge ai suoi «fratelli» a Gerusalemme in questi termini: «Questo è divenuto così noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel campo (di Giuda) è stato chiamato nella loro lingua «Acheldama», cioè “campo di sangue”». Egli parla in greco a della gente che non comprende l'aramaico (poiché è obbligato a tradurre loro la parola) e che non sono ebrei (poiché parla della «loro» lingua, riferendosi agli ebrei). Altrimenti, non avrebbe tradotto nulla e avrebbe detto: «nella vostra lingua». Questo prova che gli ascoltatori di Pietro a Gerusalemme o altrove non capivano l'aramaico.

Se una prima Chiesa di lingua aramaica ci fosse stata a Gerusalemme, le parole di Gesù o le istruzioni della sua comunità ci sarebbero pervenute in quella lingua, ma nessuna opera aramaica primitiva, nessun testo originale in quella lingua, nessun frammento di una tale opera ha trovato la sua via fino a noi tra la letteratura cristiana, eccezion fatta per le traduzioni dal greco.

Come spiegare che tali scritti — le reliquie più sacre (se fossero esistite) — non sarebbero stati conservati quando le «epistole» di Paolo, ancorché mutilate, ci sono state trasmesse? Osserviamo egualmente che le epistole paoline, così come l'Apocalisse attribuita a san Giovanni, opere anteriori ai vangeli, sono state scritte in greco.

In realtà, va riveduta l'opinione tradizionale. Va ricordato che, fin dal 3° secolo prima della nostra era, l'ebraico era diventata una lingua incomprensibile alla maggior parte degli ebrei; si dovette fornire a quelli di Alessandria la versione greca dei Settanta. E intorno al 130 della nostra era, la versione greca di Aquila era popolare in Palestina. È la versione greca dell'Antico Testamento ad essere utilizzata dal Nuovo.

Al tempo degli apostoli, vi erano a Gerusalemme cinque sinagoghe di lingua greca (Atti 6:9). Centotrenta anni prima della nostra era, il Sinedrio derivò il suo nome dalla parola greca synedrion. Le monete degli Asmonei portavano leggende greche così come aramaiche, quelle di Erode le leggende greche soltanto. La Misnà di quell'epoca è piena di parole derivate dal greco.

Se una certa aristocrazia era riluttante a parlare greco, lo leggeva e lo scriveva. Le classi inferiori erano senza dubbio più familiarizzate con il greco rispetto ai ricchi Sadducei o ai Farisei legalisti poiché «questo popolino non conosce la Legge» (Giovanni 7:49), rassomigliavano a «le pecore perdute della Casa di Israele».

Non dimentichiamo che la Giudea, la Galilea e la Perea erano circondate da grandi città greche. Citiamo in particolare la Decapoli, confederazione di città situate quasi tutte al di là del Giordano; da dieci in origine, queste città passarono al numero di quattordici o diciotto, tra le quali, Damasco, Filadelfia, Gadara, Pella, Gerasa. Le moltitudini che seguirono il Cristo erano in parte originarie della Decapoli, allo stesso modo dell'indemoniato guarito; è in queste regioni paganizzate che si collocano molti miracoli e la seconda moltiplicazione dei pani. 

Poco prima del 70, quando la fine di Gerusalemme si avvicinò, i rabbini proibirono alle famiglie ebraiche di continuare a insegnare il greco ai loro figli (Talmud, Sota 9:14), il che conferma che i loro figli erano abitualmente istruiti in quella lingua.

Certo, la lingua comune e popolare in Palestina era l'aramaico ma, contrariamente all'assunto tradizionale, si può pensare che il cristianesimo sia nato in un ambiente ellenizzato. Le parole aramaiche che si trovano, qua e là, sparse in pochi punti del Nuovo Testamento non sono per nulla vestigia di parole del Cristo o degli apostoli; sono dettagli aggiunti al testo greco primitivo dai neofiti ebrei che, pur conoscendo il greco, erano ancora del tutto impregnati di aramaico e di miti orientali.

Noi pensiamo che la prima comunità cristiana parlasse greco e combattesse gli ebrei e la loro Legge. Occorre davvero collocarla a Gerusalemme?

NOTE

[68] passo tratto dal Salmo 22 e che significa: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?»

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