mercoledì 25 marzo 2020

Il Gesù dell'Epistola agli Ebrei



IL GESÙ DELL'EPISTOLA AGLI EBREI

Con l'Epistola agli Ebrei cambiamo registro. Gesù vi diventa un sommo sacerdote come non si è mai visto prima. Figlio di Dio posto al di sopra degli angeli, primogenito della creazione e agente di Dio nella formazione dell'universo, mediatore divino presso gli uomini, ci è mostrato egualmente — il che sembra contraddittorio — come un uomo della tribù di Giuda che Dio ha salvato dalla morte (7:14), ma che è morto lo stesso, lasciandoci un Testamento spirituale, quello della Nuova Alleanza.

Questo Gesù è sommo sacerdote alla maniera di Melchisedec il quale è «senza padre, senza madre, senza genealogia ed eterno». Non è dunque della tribù di Giuda. Egli ricevette la decima di Abramo e, siccome la sua vita non ha fine, questo Figlio di Dio è sacerdote per sempre e sembra confondersi con Gesù Cristo.

Tuttavia questo Cristo, sommo sacerdote, penetra non nel santuario terrestre fatto da mani d'uomo, ma nel cielo stesso; fin dalla fondazione del mondo egli non è venuto poiché «avrebbe dovuto soffrire più volte; [48] ora invece una volta per tutte, alla fine dei tempi, si è manifestato per abolire il peccato mediante il suo sacrificio». Su questo sacrificio, su questa morte di un essere divino nessun dettaglio ci è fornito. È un mistero? 

L'Epistola non manifesta alcuna conoscenza di un fondatore del cristianesimo, dei suoi discepoli o parenti, delle sante donne, dei suoi rapporti con i Farisei o con i Romani, del suo arresto, del suo processo, della sua crocifissione, dei suoi miracoli, delle sue apparizioni, di una redenzione sulla croce. Questa constatazione è tanto più sorprendente in quanto questa Epistola, il cui contenuto primitivo risale forse a prima della guerra giudaica, è stato rimaneggiato e pesantemente corretto più volte fino al 150 o dopo. Si deve dunque pensare che l'ultimo correttore di questo testo così come il primo autore ignorassero i vangeli e l'uomo Gesù Cristo di cui quelli ci danno il romanzo. 

Romanzo anche come la serie degli avatar di Melchisedec. Gli ebrei immaginavano che egli non fosse altro che Sem, loro antenato, figlio di Noè; l'identificazione si trova nel Targum di Gerusalemme e san Girolamo ne era sostenitore. Nel 4° e 5° secolo, la setta dei Melchisedechiani sosteneva che questo personaggio fosse «una forza o virtù di Dio» superiore a Gesù Cristo; altri affermavano che egli fosse Figlio di Dio, altri che fosse lo Spirito Santo, un angelo o Enoc, ecc. 

NOTE

[48] Affermazione smentita da coloro che credevano che il Messia si fosse già incarnato più volte (9:16).

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