martedì 24 marzo 2020

I Cristi dell'Apocalisse



I CRISTI DELL'APOCALISSE

Il libro più antico del Nuovo Testamento, con le epistole di Paolo e l'epistola agli Ebrei, è — almeno in gran parte — l'Apocalisse attribuita a san Giovanni. Il nucleo primitivo di quest'opera è ebraico; fa almeno 245 citazioni dall'Antico Testamento, ma da una parte non era di un'ortodossia esemplare, dall'altra fu adottato dai Cristiani e adattato alla loro fede; è così che vi aggiunsero nuove allusioni al Nuovo Testamento e che vi introdussero il loro dio sotto i nomi di CRISTO (3 volte), di GESÙ (9 volte), di GESÙ CRISTO (3 volte), di NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO (2 volte).

È solo verso il 155 che l'Apocalisse, [44] nel suo testo migliorato, si diffuse tra i Cristiani, il che lascia supporre che fosse stata adattata alle convenienze di una setta giudeo-cristiana solo poco tempo prima, vale a dire dopo la distruzione definitiva di Gerusalemme, nel 132 circa; [45] senza dubbio certe parti dell'opera esistevano già, ma i passi o capitoli cristiani, nettamente discernibili, non vi figuravano ancora. [46]

Ciò che ci sembra straordinario in quest'opera composita è che i Cristiani che la completarono e la lessero ignoravano l'uomo Gesù Cristo ma assimilarono il loro Cristo ad un agnello celeste. Non si trattava per nulla di un uomo messo in croce dagli uomini ma di un agnello terribile e vittorioso, senza dubbio immolato in cielo in condizioni misteriose, di un agnello vendicativo, munito di sette corna, assiso su un trono, adorato da ventiquattro vegliardi e garante della salvezza di tutti coloro che avevano «lavato le loro vesti nel suo sangue» o il cui nome era iscritto nel libro della Vita.

Era forse questo agnello a cui si riferiva Giovanni (1:29, 36; 19:36) quando parlava de «l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». Questi non era sicuramente l'agnello pasquale. Eppure è quest'ultimo che si interpolò in un'epistola di Paolo (1 Corinzi 5:7). Ci occuperemo di questo «Cristo nostra Pasqua» più tardi (si veda pagine 143-144).

Ma l'Apocalisse non si limita a darci un'unica immagine del Messia; ce lo mostra  egualmente (19:11-21) sotto la forma di un cavaliere che monta un cavallo bianco e che porta diversi diademi; i suoi occhi sono di fiamma, il suo mantello tinto di sangue, il suo nome segreto. Egli è il Re dei re, il Signore dei signori, e le armate del cielo lo seguono. Egli imprigiona Satana per mille anni dopo aver gettato nello stagno di fuoco ardente la Bestia e il suo falso profeta e sterminato le armate dei re della terra.

E non è finita. L'Apocalisse ha altre confidenze da farci. Ecco ora una donna incinta, vestita di sole, che appare nel cielo, i piedi posati sulla luna; un grande drago accorre per divorare il bambino che metterà al mondo. Infatti questo bambino deve reggere le nazioni con uno scettro di ferro; alla sua nascita viene sollevato e trasportato presso il trono di Dio, mentre il malvagio Drago (che era il Diavolo Satana) è precipitato sulla terra con i suoi angeli. Quanto alla donna, lei fugge nel deserto dove un rifugio le è stato preparato. [47

È evidente che l'Apocalisse ci dà del Messia tre immagini mitologiche: l'agnello celeste vincitore, il cavaliere celeste conquistatore, il bambino celeste che sfugge al drago. Nulla di storico in queste visioni di un profeta furioso, nulla in comune tra loro e il Gesù evangelico, ma esse si trovano come lui nel Nuovo Testamento. Perché preferire l'uno piuttosto che le altre? Soprattutto quando si sa che queste immagini mitologiche sono anteriori all'inserzione di Gesù Cristo nelle scritture cristiane. Finora, tutto ci mostra che il Cristo primitivo ha rivestito diverse forme che contraddicono quella dei vangeli.

NOTE

[44] È citata per la prima volta da Giustino ma è anteriore; certi passi possono risalire al 69, altri dopo il 70 e dopo il 132.

[45] E non quella del 70. Si comprende che la diffusione dell'opera ci abbia messo venticinque anni a verificarsi e non ottantacinque, oppure allora bisognerebbe supporre che l'Apocalisse, abbandonata dopo il 70, sia stata ripresa alla vigilia e nel corso della guerra 132-134 da parte di uno scrittore ebreo, poi corretta cristianamente una ventina d'anni dopo.

[46] È così che il passo 11:1 che pare ignorare la distruzione del Tempio nel 70 fa parte di una lunga interpolazione che separa il sesto angelo (9:21) dal settimo (11:5). Il testo inserito è forse stato preso da una apocalisse precedente e i due famosi testimoni sarebbero da situare prima della fine della guerra giudaica (66-70), il sangue dell'agnello essendo forse quello del popolo in rivolta. 

[47] Certi critici hanno ricordato che la Vergine era un segno astrologico, che le scene dell'Apocalisse si svolgono in cielo e che la carriera degli eroi solari (Ercole, Osiride, Bacco, il Cristo) si ispira ai segni dello zodiaco. Quella tesi merita esame ma non ha il suo posto qui.

Nessun commento: