domenica 22 marzo 2020

Alcune «argomentazioni» senza valore



ALCUNE «ARGOMENTAZIONI» SENZA VALORE

LE TENEBRE DELLA CROCIFISSIONE. — Tra gli autori non cristiani, Tallo il Samaritano è il primo ad aver fatto allusione alla tradizione sinottica riguardante le tenebre che regnarono sulla crocifissione da mezzogiorno alle tre; egli dipende da quella tradizione ma spiega l'evento alla sua maniera. Giulio Africano (che preferisce credere ad un miracolo) scrive a questo proposito: «Queste tenebre, Tallo — nel terzo libro delle sue storie - le definisce una eclissi di sole ma senza ragione a mio avviso». Non si sa quando sia vissuto Tallo; certamente dopo il 150, poiché parla di un fatto che si trova solo nei nostri vangeli, e prima del 221, poiché è citato da Giulio Africano in quel periodo. Ci viene detto che egli era forse un liberto di Tiberio, ma questa ipotesi ci pare lontana dall'essere probabile; ha soprattutto per scopo di farci credere che il racconto della Passione era conosciuto a Roma fin dalla metà del primo secolo. Tertulliano non nomina Tallo, ma scrive (Apologetico 21) «coloro che ignoravano che questo fenomeno era stato predetto per la morte del Cristo lo presero per una eclisse», e aggiunge che il suddetto fenomeno è riportato negli archivi romani, il che resta non verificabile. Tallo, questo sconosciuto, non è un testimone da trattenere.

GLI ATTI DI PILATO. — Tertulliano (Apologetico 5) ha scritto: «Tiberio (...) rese conto al Senato delle prove della divinità di Gesù Cristo che aveva ricevuto dalla Palestina e le appoggiò col suo voto. Il Senato le rigettò». E più oltre (Apologetico 21): «Pilato, che già nel suo intimo era divenuto cristiano, fece conoscere all'imperatore Tiberio tutte queste cose intorno a Cristo». Egli ha letto certamente nel vangelo di Marcione o di Luca il famoso verso che colloca i primi eventi cristiani nell'«anno 15 del regno di Tiberio».

Inutile insistere su questa conversione autenticamente miracolosa di un imperatore e di un procuratore romano alla religione di un uomo condannato dalle loro truppe; Tertulliano non ha mai avuto accesso agli archivi imperiali; egli crea o racconta una leggenda. D'altra parte, è improbabile che gli archivi ufficiali dell'inizio del primo secolo siano sopravvissuti in Palestina dopo la distruzione di Gerusalemme. Si è parlato molto degli Atti di Pilato messi in circolazione da Massimino Daia (305-313) per combattere il cristianesimo in Asia Minore e in Siria; si può dubitare della loro autenticità, e Goguel ragiona giustamente quando domanda (R.H. dicembre 1929, pag. 247): «Come supporre che fino al IV° secolo non si sia trovato alcun avversario della Chiesa ad utilizzare un testo che avrebbe prodotto l'effetto di un colpo di fulmine?»

Gli Atti di Pilato il cui testo è giunto fino a noi sono diversi dagli Atti del Senato che Tertulliano pretende di aver conosciuto; la loro prima traccia si trova nel Panarion di Epifanio (376 circa); questi Atti di Pilato sono meglio conosciuti sotto il nome di Vangelo di Nicodemo; questi sono testi tardivi e trascurabili.

L'ISCRIZIONE DI NAZARET. — Si tratta del testo di un'ordinanza romana sulla violazione delle sepolture, inciso su una lastra di marmo di 0,60 metri per 0,37 metri, lastra inviata da Nazaret a Parigi nel 1878; non riporta né la data né il luogo dove fu pubblicato il suo testo. Malgrado questa grave carenza, alcuni critici hanno pensato che potesse avere una relazione con il crimen sepulcri violati di cui Matteo parla due volte (in 27:62-66 e 28:11-15), spiegazione cristiana respinta da gran parte dei critici. L'unità stessa del documento è contestata, e nulla stabilisce una qualche correlazione tra questo riscritto e la scomparsa del cadavere di Gesù o la rimozione della pietra dalla sua tomba (supponendo che questa scomparsa e questa rimozione abbiano avuto luogo). Il testo sembra riferirsi al culto dei mani e fu forse promulgato in occasione di qualche violazione di sepoltura che avrebbe avuto luogo tra il 30 e il 50 dopo la nostra era in Samaria, ma non si tratta che di una semplice congettura. Questa iscrizione è da scardare dal dossier cristiano.

UN TESTO IN RUSSO ANTICO. — Nel 1906 fu scoperta la versione slava della Guerra giudaica di Flavio Giuseppe, versione chiamata Halosis, dove c'è menzione di Gesù considerato come un'incarnazione di Mosè e come un personaggio che doveva liberare le tribù ebraiche dal giogo romano. Questo racconto dipende dalla tradizione cristiana, non è una testimonianza diretta, il suo testo manca di omogeneità e non ha per autore Giuseppe. Non si sa né quando è stato critto, né in qual luogo; non può essere utilizzato come testimonianza.

LA TOMBA DEL CRISTO. — La maggior parte della gente crede all'autenticità dei luoghi santi e vede nella loro esistenza e nella loro frequentazione una prova dell'esistenza storica di Gesù Cristo. Ma, mancando di conoscere la questione, essi si ingannano. 

Il sito del Golgota non è stato scoperto che nell'anno 326 ed Eusebio dichiara che il luogo della tomba del Cristo era stato dimenticato. I suoi «inventori» furono o il vescovo Macario, oppure l'imperatrice Elena, oppure entrambi assieme. Si trattava senza dubbio, e prima di tutto, di sostituire ai resti di un tempio di Afrodite uno splendido santo sepolcro, cosa che fu fatta.

Il sito attuale fu a lungo e resta molto discusso. Epifanio preferiva al sito tradizionale la cima del Monte degli Ulivi o il monte di Gibeon; la tradizione ha collocato il Golgota ancora altrove. Eusebio lo segnalava a nord del monte Sion...

L'intervallo di tre secoli tra la crocifissione e la scoperta della sua ubicazione (senza contare quella delle tre croci di legno), così come l'esitazione degli studiosi e di alcuni religiosi scrupolosi dinanzi alla scelta che è loro imposta, non sono fatti per garantire l'autenticità del santo sepolcro.

I cristiani non sono neppure obbligati a credervi. I p. Vincent e Abel, nel loro libro su Gerusalemme, hanno scritto: «... la Chiesa non ha mai fatto della fede in un santuario, fosse anche il più eminente e il più tradizionale, come il santo sepolcro o il Calvario, un obbligo per l'ortodossia dei suoi figli». Così, e fortunatamente per la storia, nessuna collocazione dei fatti evangelici è di fede.

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