venerdì 14 febbraio 2020

La Favola di Gesù Cristo — «La fonte essena»

(segue da qui)

La fonte essena

A questo livello di evoluzione, gli Esseni sembrano giocare un ruolo secondario nell'elaborazione del nuovo mito. In realtà, ignoriamo in che misura vi abbiano contribuito, poiché è evidente che l'essenismo di Damasco o di Antiochia aveva perso la sua purezza.

Tuttavia, in Palestina sussistevano comunità essene non evolute, non contaminate, come testimonia la scoperta dei manoscritti di Qumran. Da Giuseppe e da Filone, sappiamo che queste comunità erano numerose, [2] e che comunicavano tra loro tramite dei messaggeri (apostoli) che, nei loro viaggi, non portavano assolutamente nulla con sé. [3]

Nella stessa Gerusalemme, un gruppo esseno era guidato dall'Anziano Giacomo. Questo gruppo era molto assiduo nelle cerimonie del tempio ebraico (Atti 5:12), e Giuseppe ci presenta Giacomo come un pio ebreo: la comunità di Gerusalemme non aveva subito la contaminazione di un Nicola.  La sua dottrina restava segreta, riservata a pochi iniziati: molto probabilmente il nome stesso dell'atteso Messia, nome temibile, non era rivelato.

Un conflitto scoppierà necessariamente quando Paolo, dopo aver predicato per quattordici anni la dottrina di Antiochia, si deciderà di venire a Gerusalemme. Nella capitale religiosa ebraica, non si potrà approvare la rivelazione generale del mistero, l'apertura dell'iniziazione a tutti i Gentili. Benché convertito a Damasco in una comunità essena, Paolo non tarderà a rendersi conto che la piccola comunità di Gerusalemme predica «un altro Cristo». Il suo è stato crocifisso dagli Arconti: a Gerusalemme, non si sa nulla di questo intervento dei poteri malvagi, e neppure del simbolismo della croce dell'Agnello; si vive soprattutto nell'attesa, si scrutano i testi profetici per sapere quando apparirà il Messia; si sa che il tempo è vicino, o meglio che la fine dei tempi è vicina, che questa generazione deve vedere la gloriosa apparizione del Figlio dell'uomo. Forse Cefa è stato privilegiato da una visione?

Siccome le «colonne» di Gerusalemme non hanno nient'altro da insegnargli (e soprattutto non che loro avrebbero conosciuto un Gesù ucciso e risorto, altrimenti glielo avrebbero detto), Paolo passa oltre e ritorna alle sue missioni. Il conflitto non poteva terminare con una conciliazione, come si tenterà di farci credere in seguito. Ma la scomparsa della comunità di Gerusalemme nel 70 assicurerà la vittoria definitiva della concezione paolina.

Tuttavia, l'influenza essena rimarrà forte nel cristianesimo primitivo. Sono gli Esseni che hanno scritto la versione primitiva (perduta) del cosiddetto vangelo degli Ebrei, attribuito a Matteo, dove figura una sintesi della dottrina essena, e dove Giacomo era insignito della prima visione. La concezione essena del Messia, derivata da Isaia e da Enoc, servirà a costruire la personalità di Gesù. Questa componente era già incorporata ad Antiochia, oppure è diventata preponderante dopo la disfatta del 70? È impossibile dirlo, ma si può sospettare l'influenza dei rifugiati esseni che, nel 70, non hanno mancato di raggiungere Antiochia.

NOTE

[2] «Essi abitavano molte città della Giudea, molti villaggi e comunità grandi e popolate» (Filone, in Eusebio, Pr. ev. 8:11-1)

[3] GIUSEPPE, Guerra Giudaica 2:8, 4 e 5.

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