giovedì 27 febbraio 2020

La Favola di Gesù Cristo — «CONCLUSIONE»

(segue da qui)

CONCLUSIONE

Io ho fedelmente riassunto lo stato attuale delle ricerche storiche sulle origini del mito di Gesù. Queste conclusioni sono di natura tale da disturbare i credenti? Non lo penso proprio. Al termine di questo studio, non posso fare a meno di pensare a tutti coloro che furono e sono tuttora ingannati da questa «favola di Gesù Cristo», che il papa Leone X giudicava così profittevole alla Chiesa. Che cosa! mi diranno, così tante vite dedicate all'ideale cristiano, così tante esistenze perse nei conventi, le cattedrali e le angosce di un Pascal, tutto ciò sarebbe dunque vano?

Non più vano delle meditazioni dei sacerdoti di Amon, dei buddisti, dei manichei o dei musulmani: il cristianesimo non ha alcun privilegio. Ma la fede porta sempre in sé la sua fine e la sua ricompensa. Capovolgendo le parole di Pascal, potrei dire ai cristiani: non trovereste Gesù, se voi non lo steste già cercando. Si è cristiani, musulmani o buddisti a seconda del luogo della propria nascita e dell'educazione ricevuta; ma tutte queste forme religiose derivano dallo stesso bisogno di credere. Non importa quale sia l'oggetto: colui che cambia religione non cambia la mente. Non vedo quindi alcun motivo di lamentarmi con i cristiani, per il fatto che il loro credo non possa appoggiarsi su un fatto storico: la divinità di Gesù importa loro ben più dell'esistenza umana del loro dio. 

Quanto a voi, persone dal cuore sensibile che provano pena per le sofferenze del crocifisso, consolatevi: Pilato non ha avuto bisogno di lavarsi le mani per quel sangue immaginario. Per contro, troppo sangue è veramente colato in nome del Cristo. La religione cristiana si è rivelata la più intollerante: non appena liberata dalle persecuzioni dall'Editto di Milano (313), essa cominciò la sua caccia omicida. Più che ai credenti ingannati, penso alle centinaia di migliaia di vittime, ai Donatisti, [1] agli Ariani, ai Priscilliani, a Ipazia, agli Ebrei, ai Catari, ai Valdesi... «Tantum religio potuit suadere malorum!» [2]

E tuttavia la leggenda malvagia del crocifisso sopravviverà ancora a lungo: gli uomini preferiscono le leggende commoventi alla verità storica. Ma la verità finisce sempre per imporsi. Quando lo spirito di ricerca è risvegliato, esso va fino in fondo, e la Chiesa non ha più nulla da opporgli. Bernanos confessava cinicamente: «È meno utile confutare i falsi profeti che allontanare da loro le nostre pecore». [3] Si cerca di allontanare le pecore, e vi si riesce. Ma per confutare, occorrerebbero delle prove: io le ho cercate invano nei migliori autori cristiani. 

La storia è il solo terreno sul quale la Chiesa accusa una vera e propria debolezza. Ecco perché, di tutti gli storici razionalisti usciti dai suoi seminari (Renan, Loisy, Turmel, Alfaric), la Chiesa non è mai riuscita a recuperarne nessuno. Una volta risvegliata la ragione sulle origini cristiane, l'uomo è definitivamente perso per la Chiesa. Si può sperare di convertire un acerrimo nemico, se egli ignora la storia antica; si cerca di persuadere un Lamennais; giammai si intravede la possibilità di convincere un Renan, la cui buona fede non è tuttavia in dubbio. 

«La mia fede è stata distrutta», dice Renan, «dalla critica storica, non dalla scolastica o dalla filosofia... Non solo non si arriva a stabilire che la religione cristiana sia più particolarmente divina e rivelata delle altre, ma non si riesce nemmeno a provare che, nel campo delle realtà attingibili dalle nostre osservazioni, si sia verificato un evento soprannaturale, un miracolo». [4] Sono convinto che alla luce dei lavori che hanno seguito il suo, Renan aggiungerebbe oggi: nemmeno che si sia verificato un evento naturale.

Quale consiglio dare, per finire, a coloro che il problema potrebbe interessare? È ancora da Renan che citerò: «Il dovere dell'uomo è di mettersi davanti alla verità, spoglio di ogni personalità, pronto a lasciarsi condurre dove la dimostrazione decisiva vorrà». [4] Questa obiettività richiede uno sforzo, perché siamo impregnati di false leggende, il cui abbandono non accade senza qualche conflitto. Ma solo l'abitudine ci lascia credere che la tesi cristiana sia soltanto plausibile: «Una delle peggiori disonestà intellettuali è di giocare con le parole, di presentare il cristianesimo come se non imponesse quasi alcun sacrificio alla ragione». [5]

E alla storia, dunque!

NOTE

[1] Di cui uno storico cattolico contemporaneo scrive ancora: «Nei confronti di tali pazzi, era una questione di tolleranza?» (Dom. Ch. POULET, Histoire du christianisme, I, pag. 230). È vero che rivendicavano la libertà degli schiavi.

[2] LUCREZIO, De natura rerum, 1:101 (A così grandi mali poté indurre la religione!).

[3] «Les grands cimetières sous la lune».

[4] «Souvenirs d'enfance et de jeunesse».

[5] RENAN: «Souvenirs d'enfance et de jeunesse».

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