venerdì 17 gennaio 2020

La Favola di Gesù Cristo — La “Diaspora”

(segue da qui)

2°) LA «DIASPORA»

L'ammissione nelle comunità ebraiche di persone straniere per razza, di pagani o «gentili», inconcepibile a Gerusalemme, era ampiamente praticata, molto prima della nascita del cristianesimo, nelle comunità ebraiche della «dispersione» (diaspora). Alfaric suppone che probabilmente i privilegi concessi da Cesare agli ebrei, hanno favorito l'allargamento delle loro comunità, in un regime in cui il diritto di associazione era raramente ammesso. 

L'evoluzione delle comunità ebraiche dalla dispersione è un fatto ben noto: 

«Nella diaspora, il giudaismo, pur rimanendo unito al Tempio da solidi legami, aveva subito, nel corso dei secoli, una lenta trasformazione. La mente vi si era aperta. Si usava la nuova lingua, necessaria agli affari, il greco, persino al punto di dimenticare l'aramaico dei Padri e di usare l'ebraico solo come lingua liturgica. La civiltà pagana, a questi ebrei dispersi, aveva offerto le sue tentazioni, il suo fascino, ma anche le sue opportunità di arricchimento spirituale...»

«La tendenza universalista comportava una normale conseguenza: il proselitismo. Moderatamente in Palestina (?), ma molto attivamente nella diaspora, le anime erano attratte dal culto del vero Dio. Se si crede a Flavio Giuseppe, numerosi erano coloro che praticavano con zelo le osservanze ebraiche... Ma questa estensione dell'ebraismo non occorse senza difficoltà né resistenze: i rigoristi diffidavano dei convertiti». [4

Ho ispirato questo quadro ad un autore cristiano, per evitare una dimostrazione più lunga: ci permette di comprendere come una nuova religione abbia potuto nascere in queste comunità greco-ebraiche. Il dio che vi si venera non è più il dio della Bibbia, che ha concluso una stretta alleanza con il popolo ebraico; è una divinità di più elevata spiritualità, un dio già universale, che offre a tutti i popoli una «nuova alleanza».

L'ammissione dei pagani (che, in certi casi, come ad Antiochia, sarebbero diventati la maggioranza) implicava un allargamento dei dogmi e un ammorbidimento delle regole (soprattutto della circoncisione, che ripugnava ai Greci). Si inclinava senza quasi rendersene conto verso le idee proprie degli ambienti ellenistici; inevitabili contatti erano presi con chi praticava altri culti misterici; il sincretismo raggiungeva le comunità ebraiche della diaspora. sono proprio degli «ellenisti» (greco-siriani o ebrei ellenizzati) a costituire la maggioranza della comunità di Antiochia, ma non vengono da Gerusalemme; la fusione implica dei contatti sul posto per un lungo tempo...

Siccome questi «ellenisti» di Antiochia sono i veri fondatori del cristianesimo, la Chiesa ha sentito più tardi il bisogno di stabilire un legame tra loro e Gerusalemme, senza poter rimuovere l'ostacolo: una simile mentalità è proprio inconcepibile al di fuori dell'ambiente ellenizzato della dispersione.  A supporre vero il fatto, peraltro, questi «ellenisti» sarebbero stati cacciati da Gerusalemme, perché non vi si ammettevano i compromessi rituali e dogmatici della diaspora, compromessi che sono l'essenza primitiva del cristianesimo.

Va ricordata anche l'adozione della lingua greca, nella quale sono stati scritti tutti i testi del cristianesimo tranne, forse, un proto-Matteo aramaico, che non è mai stato ritrovato.

NOTE

[4] Daniel ROPS, op. cit., capitolo I (Hellénistes et Judaïsants).

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