mercoledì 11 dicembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «Gli dèi salvatori»

(segue da qui)

Gli dèi salvatori

In tutti i culti misterici, l'uomo è impotente da sé stesso a conquistare l'immortalità; non può riuscirvi senza l'intercessione di un dio, che tutti i culti chiamano «Soter» (Salvatore).

Il Salvatore non agisce mai direttamente con il suo potere, ma in virtù del suo sacrificio: si è sacrificato per la salvezza degli uomini, e questo sacrificio è comunicabile, reversibile. Per salvare l'umanità dalla morte, il Salvatore ha dovuto morire lui stesso; per affermare la sua vittoria sulla morte, egli è risorto, ed è la sua resurrezione che garantisce quella degli iniziati. [12]

Senza ricordare qui la ben nota resurrezione di Osiride, nella stessa Siria il Salvatore Adone ha conosciuto una sorte ancora più simile a quella di Gesù: ogni anno si commemora la sua morte, pianta dalle donne, poi la sua resurrezione nel terzo giorno (intorno al 25 marzo, equinozio di primavera). Ora, il culto di Adone, derivato probabilmente dal Baal di Ugarit, ma la cui leggenda è stata rivalutata nell'ambito ellenistico, era molto diffuso: a Cipro, in Libano, ci informa Ovidio, ma soprattutto a Biblo, e persino a Betlemme, secondo Girolamo. «Non è affatto per caso», scrive Loisy, «che la resurrezione di Cristo il terzo giorno dopo la sua morte risulta conforme al rituale delle feste di Adone».

Corrispondenza ancora più stretta con il Salvatore babilonese Marduk, la cui passione assomiglia stranamente a quella di Gesù, e che pure risorge nel mese di nisan (una settimana prima di Gesù). Diversi elementi di questo culto sono passati in seguito all'esilio degli ebrei a Babilonia, nel simbolismo ebraico (per esempio, la leggenda di Ester, che non è che l'Ishtar babilonese).

Nella sua passione, Marduk è arrestato, condotto su un monte, rivestito di un mantello di porpora, gli si dà una corona d'acanto e una canna come scettro; poi lo si interroga e lo si condanna a morte. È trafitto da un corpo di lancia, resta tre giorni nella tomba, durante i quali discende agli inferi, e resuscita il terzo giorno.

Al mito di Marduk si lega quello di Ishtar, di cui anche si racconta la discesa agli inferi: vi rimane appesa al legno per tre giorni, prima che il dio supremo la richiamasse in vita. Questo culto è sopravvissuto a lungo, e nel IV° secolo della nostra era ancora Epifanio lo segnala in Palestina e in Egitto: si confonderà a poco a poco con quello di Maria. Un ricordo di questo mito è passato nel libro gnostico chiamato «Libro segreto di Giovanni»: vi vediamo che non è Gesù che compie la discesa agli inferi, ma la madre celeste. [13]

E che dire del dio Serapide, che era, a sua volta, soprannominato «Chrestus»? I suoi fedeli erano ancora confusi con i cristiani dall'imperatore Adriano, che scrisse (in Egitto): «gli adoratori di Serapide sono nello stesso tempo cristiani, e coloro che si dicono vescovi del Cristo sono devoti a Serapide». [14]

NOTE

[12] Secondo una formula, conservata da Firmico Materno (De errore profan. relig. 22:1), il sacerdote di Mitra, facendo sui fedeli l'unzione santa, pronunciava questa formula: «Abbiate fiducia, il vostro dio è risorto, le sue sofferenze assicurano la vostra salvezza».

[13] J. DORESSE: «Les livres secrets des Gnostiques d'Egypte» (Plon, 1958), pag. 236.

[14] Si veda G. ORY: «Analyse des origines chrétiennes», Cahier du Cercle E. Renan, 2° trim., 1963, pag. 41-42.

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