mercoledì 6 novembre 2019

La Favola di Gesù Cristo — «La crocifissione»

(segue da qui)

CAPITOLO VIII

LA CROCIFISSIONE

Se i racconti della passione si riducono ad allegorie oppure ad un semplice allineamento di profezie, un fatto sembra resistere a qualsiasi tentativo di diluizione: è la crocifissione di Gesù. Guignebert non trattiene che questo solo fatto, ma vi vede una ragione sufficiente per ammettere l'esistenza reale di Gesù. È di questo avviso anche Loisy: «Niente nei racconti evangelici ha consistenza di fatto, se non la crocifissione di Gesù per sentenza di Ponzio Pilato». Si accontentano di poco, ma questo poco è esso stesso stabilito?


Il racconto romano

Prima di esaminare le fonti, conveniamo che un'elaborazione successiva della vita simbolica di Gesù non poteva farlo morire altrimenti. Gli ebrei, potete starne certi, mantenevano il ricordo dei 2000 crocifissi da Varo, e a Roma non si poteva immaginare nessun altro modo di esecuzione. Se dovessi scrivere un romanzo ambientato nel Terrore, non ci vorrebbe molta immaginazione per far perire il mio eroe con la testa tagliata.

Allo stesso modo lo pseudo-Marco, scrivendo a Roma intorno al 150 e trovando in Paolo una parola che significa solo «supplizio» o «impiccagione», non ha alcuna difficoltà a descrivere la morte in croce del condannato (già suggerita dal Salmo 22: «Mi hanno forato le mani e i piedi»): era uno spettacolo familiare.

Tuttavia, questo racconto, per molti versi, è sospetto e incoerente. Il comportamento di Pilato, ad esempio, non resiste all'analisi: «atteggiamento inverosimile», dice Goguel; «rappresentazione estranea alla storia», concede Guignebert; «giudice di commedia», conclude Loisy. Questo essere irresoluto non rassomiglia in nulla al governatore energico e crudele che ci hanno dipinto Filone d'Alessandria e Flavio Giuseppe.

Secondo Marc Stéphane, tutto questo racconto sarebbe stato immaginato dallo pseudo-Marco, e questo prodigioso racconto di «un crimine legale che non era stato commesso» [1] sarebbe stato in seguito accettato da tutti. Che Marco abbia contribuito a farlo ammettere, è certo; che egli ne sia l'autore mi sembra molto più dubbio, poiché il vangelo di Marcione ci descrive in maniera analoga la morte apparente del Cristo. Per contro non ne troviamo alcuna traccia certa prima del 140, e un'altra tradizione (forse anteriore) si riferiva, noi lo vedremo, ad una lapidazione.

Guignebert obietta che la croce era per gli ebrei un supplizio infame, e che giammai gli ebrei avrebbero ammesso per il Messia quella fine umiliante se non fosse stata imposta da un fatto reale. Certo, la croce era infamante per gli ebrei, — non tanto a causa di un testo che si riferiva all'impiccagione quanto come segno di servitù. Ma resta proprio da vedere se la crocifissione sia stata concepita in ambiente ebraico. Tentiamo di ritrovarne l'origine.

NOTE

[1] MARC STÉPHANE: «La passion de Jésus, fait d'histoire ou oubjet de croyance» (1959).

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